Venerdì 9 ottobre, in prima serata su Sky Atlantic e in streaming su NOW Video, approda la nuova serie d’autore firmata Luca Guadagnino: We Are Who We Are. Il progetto rappresenta l’esordio al mondo delle serie tv per Guadagnino, in una prima collaborazione con Sky e HBO.
Alla produzione anche Small Forward, The Apartment di Lorenzo Mieli (che ha fortemente voluto la serie) e Mario Gianani per Wildside, entrambi sotto l’egida di Fremantle, distributore internazionale. La sceneggiatura è invece affidata alle penne di Paolo Giordano, Francesca Manieri e dello stesso Guadagnino.
È lui a dirigere, in 94 giorni di riprese, un cast internazionale, affidato alla casting director di Stranger Things, Carmen Cuba. La scelta dei protagonisti ha premiato i giovanissimi Jack Dylan Grazer (l’amato Eddie di It) e Jordan Kristine Seamón, alla sua prima apparizione sullo schermo. Incorniciano poi la storia volti del calibro di Chloë Sevigny (American Horror Story) e Alice Braga (City Of God). Ma scopriamo di più.
«We Are Who We Are», un’opera poliamorosa
Immaginiamo di portare l’America in una base militare in Veneto. Un luogo piccolo, ma universale, tratteggiato da una ligia disciplina mentale, dove però tutti si raccontano in maniera autentica e spensierata. E ai giovani, incanalati in un melting pot di culture e tradizioni differenti, spetta il compito di scrivere il futuro. Ma al tempo stesso devono scoprire chi sono, in un passaggio fondamentale della crescita: l’adolescenza.
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Così i due protagonisti si trovano e si conoscono in quella forma hegeliana di «riconoscimento di due autocoscienze», come l’ha descritto Francesca Manieri. Abbracciano dunque una sessualità fluida, mentre dentro di loro sta esplodendo una dimensione sconosciuta, che non sanno ancora spiegarsi, ma che sono desiderosi di sperimentare. Il tutto è fortemente autentico e contestualizzato in un luogo concreto, ma irreale e in un momento storico ben preciso: le elezioni presidenziali statunitensi del 2016.
Guadagnino descrive We Are Who We Are come un film in otto atti, un’opera ermafrodita, ibrida, bifronte, perché accoglie al suo interno diverse sfumature dell’esistenza. Non è quindi la solita serie teen, in quanto i suoi personaggi svelano una maturità inconsapevole che li proietta verso una potente libertà di pensiero. Oltre le imposizioni del governo, oltre la disciplina militare, verso una realtà filtrata dall’arte. Non ci resta dunque che vedere la serie!
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