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1917, la recensione del film di Sam Mendes

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9 minuti di lettura

1917 è l’ultimo capolavoro scritto e diretto da Sam Mendes. Il celebre regista di American Beauty e 007 Spectre, ha deciso di realizzare un film di cui sicuramente sentiremo parlare per i prossimi anni. Una vera e propria opera magistrale, già vincitrice di due Golden Globe (uno come miglior film drammatico e l’altro come miglior regisa) e candidato a dieci premi Oscar.

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1917 è un film che mescola in modo sublime due generi per lo più contrapposti: da un lato il war movie e dall’altro lato il dramma. Sfruttando, inoltre, un’ambientazione poco trattata: la Prima Guerra Mondiale. Ciò che si ottiene è un film bellico che va al di là dell’esaltato war movie hollywoodiano. Non vi sono soldati perfetti che in situazioni di pericolo si salvano. In 1917 troviamo due ragazzi alle prese con una missione e con i pericoli che essa comporta.

La grandezza del film risiede in particolar modo nel cast. Abbiamo, infatti, attori come George MacKay, Dean-Charles Chapman, Colin Firth, Benedict Cumberbatch, Andrew Scott. Tutti attori britannici che vestono i panni di soldati e uomini britannici. Il fine è, senza dubbio, quello di farci calare a pieno nella storia.

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1917

«1917»: la guerra in una missione

La trama di 1917 vede come protagonisti due giovani soldati inglesi. William Schofield (George MacKay) e Tom Blake (Dean-Charles Chapman), stanziati nel nord della Francia, vengono incaricati di una missione molto rischiosa. Il loro compito è quello di affidare al colonello Mackenzie (Benedict Cumberbatch) un dispaccio, nel quale si ordina di non attaccare per nessun motivo i tedeschi. Il rischio è di cadere all’interno di una trappola e di perdere più di mille uomini.

I due soldati, sapendo di avere letteralmente i minuti contati, decidono di partire immediatamente, inoltrandosi al di là delle linee nemiche. L’obiettivo da raggiungere è la Linea Hindenburg, vasto sistema difensivo che ha conosciuto gli orrori della guerra. Se non fosse che il tragitto è sormontato da insidie e da ostacoli da raggiungere, oltre a paesaggi desolati, fili spinati e cadaveri.

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1917

Schofield e Blake defono fare i conti con un nemico che al momento non vedono. Possono contare l’uno sull’altro, sulla loro esperienza e sui loro fucili. Per di più, l’intento è quello di arrivare in tempo, prima che il sole cali, dal momento che il fratello di Blake (Richard Madden), risiede proprio in quel battaglione pronto ad assalire i nemici.

La guerra come mai raccontata

1917

Due ragazzi. Due uomini. Due soldati. Questo è ciò che Mendes ci dona. Due persone, all’inizio anonime, che conosciamo man mano che la trama prende vita.

Arruolati perchè esaltati dall’entusiasmo della guerra, i due, arrivati al 1917, perdono fiducia e desiderano tornare al più presto a casa. L’aria che respiriamo, tramite gli occhi dei protagonisti, è la stessa che all’epoca si avvertiva. Quella di una guerra che stava logorando chiunque e qualunque cosa.

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Gli scenari che si aprono dinanzi sono scenari di morte. Fango, terra, cavalli in decomposizione, filo spinato, topi, cadaveri. E ancora: case abbandonate, ponti distrutti, alberi privi di forma, città rese anonime dai bombardamenti. In 1917 avvertiamo l’idea che la guerra non ha nulla di eroico o di bello. Nemmeno quando i due protagonisti riescono a trovare un momento di pace, c’è sempre un avvenimento che ricorda loro di essere nel bel mezzo di un conflitto.

Basti pensare alla scena dell’aereo nemico che cade improvvisamente sulle loro teste o della ragazza trovata da Schofield mentre fugge da un nemico. Egli, infatti, si ripara in una casa e vede che una giovane francese, impaurita, è nascosta al buio. Schofield si dichiara subito amico, sicché il pianto di un bambino irrompe in quella temporanea quiete. Di chi è quel bambino? La donna dichiara che non lo sa, l’ha trovato lì e si limita ad accudirlo. Questa è la guerra. Questo è 1917.

1917: un unico piano sequenza

L’aspetto più importante del film, al di là della trama, è il modo con cui è stato realizzato. Sam Mendes si è servito di un unico piano sequenza, un’idea tanto audace quanto innovativa, proposta Roger Deakins, direttore della fotografia.

L’idea di realizzare il film in un piano sequenza, rende 1917 una delle pellicole più originali di sempre. Mai prima d’ora, in un film di guerra, si era tentata un’impresa del genere. Il war movie, infatti, cattura lo spettatore mediante scene forti, facendolo calare subito nell’ambientazione. Basti pensare all’inizio di Salvate il soldato Ryan, nel quale era possibile avvertire l’ansia ancor prima dello sbarco.

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Il piano sequenza di 1917 viene ampiamente sfruttato da Mendes tanto da rendere il sentimento claustrofobico della trincea, il timore di attraversare la terra di nessuno e l’ansia prima di lanciarci all’attacco verso un nemico.

I passi di Schofield e Blake sono i nostri passi. Il respiro prima di sparare è il nostro. Il rumore sordo di una bomba che esplode, l’avvertiamo dentro le nostre orecchie. Lo spettatore è lì, proprio accanto al soldato. E quando il regista vuole creare un distacco tra personaggio e spettatore, la telecamera si allontana, per poi avvicinarsi nuovamente come a dire “la missione non è ancora finita”.

Insomma, Sam Mendes ha creato un precedente che difficilmente si potrà ripetere. 1917 è un classico che sa sfruttare al meglio ogni potenziale, dal cast che ha dovuto girare le scene una sola volta, alla fotografia, che si è servita della luce naturale.

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1917

Un film che resta, e resterà

Nella guerra di 1917 non ci sono buoni o cattivi. Non ci sono vinti e vincitori. Ci sono solo ordini che giorno dopo giorno arrivano e che pesano sulla vita di migliaia di uomini.

Il regista si limita a dare voce al pathos, all’empatia, al coraggio di due uomini che devono compiere un’importante missione. Il tutto servendosi di competenze tecniche davvero elevate. 1917 è il film che resta nel cuore di chiunque, e le emozioni che si avvertono alla sua visione sono indescrivibili.


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Classe ’93, vivo a Taranto, città che un tempo era l’angolo di mondo che più allietava il poeta latino Orazio. Laureato in lettere, trovo nella letteratura un grande appagamento dagli affanni quotidiani. La mia vita è libri, scrittura, film e serie TV. Sogno di fare della cultura il mio pane quotidiano.