Netflix, al pari di altre piattaforme streaming, offre un ricco catalogo di Cult cui attingere in questi giorni di permanenza nelle case. Tra serie tv e nuove uscite, noi di NPC Magazine abbiamo pensato di consigliarvi 4 imperdibili film cult da recuperare o rivedere su Netflix.
«La pazza gioia» (Paolo Virzì, 2016)
Figura ai margini, il pazzo – come il clown, la prostituta, il reietto – si pone come elemento di perturbazione della normatività sociale, ne disvela ipocrisia e debolezze e risveglia, fin dove è possibile, la parte non addomesticata della nostra personalità. In tempi di crisi, il film di Virzì blandisce le debolezze e ne rivela il volto umano, spingendo lo sguardo oltre il muro inevitabilmente sgretolato delle convenzioni. L’assurda amicizia tra Beatrice (Valeria Bruni Tedeschi) e Donatella (Micaela Ramazzotti) è un balsamo per i cuori che non si vergognano di battere, costringe a rimodulare i propri orizzonti e impone quella difesa dell’allegria versificata da Benedetti. «Dallo scandalo e dalla routine», «dagli incubi e […] dalle endemie»: la Pazza gioia di dirsi vivi è il diritto più importante da salvaguardare.
«American Beauty» (Sam Mendes, 1999)
Nel dramma si riscopre la bellezza, e la scena cult di American Beauty – un sacchetto di plastica sospinto dal vento – diviene emblema del dissotterramento delle piccole cose, quelle invisibili e ordinarie presenze che non sappiamo valorizzare. Lo stile minimale di Mendes coniuga la certosina attenzione ai dettagli con un gusto per lo scavo interiore mai pruriginoso, viziato da uno sguardo maschile sovente ingombrante. Il personaggio di Lester Burnham (Kevin Spacey) è impietosamente scandagliato nella sua profonda sofferenza e rivela – attraverso un sapiente sconfinamento nell’onirico – la verità che giace al fondo di ogni esistenza artefatta. Brutale e poetico, il film di Sam Mendes conserva una capacità di tenuta intaccabile, resa più solida dal generale inasprimento delle crisi individuali, equamente riconducibili a pressioni sociali e mancata accettazione di sé. Prendersi tempo può voler dire ricominciare, dare il giusto valore alle cose del mondo. American Beauty è una lezione di riequilibrio in questo tempo sospeso.
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«Colazione da Tiffany» (Blake Edwards) – 1961
Quando un film diventa iconico? Solamente quando riesce a rimanere nella memoria collettiva con l’uso di scene e personaggi in cui, perfetti o imperfetti, è possibile identificarsi. Così è stato per questo lavoro di Blake Edwards, il regista, che ha tratto la propria storia dall’omonimo romanzo del 1958 di Truman Capote. Il film parla di un uomo, Paul Varjak (George Peppard) e una donna, Holly Golightly, (Audrey Hepburn), che abitano nello stesso edificio: Paul è uno scrittore mantenuto da una ricca signora, Holly una ragazza dal carattere particolare, con una vita non regolare; passa da un uomo all’altro con la regolarità con cui si cambia i vestiti. L’attrazione e la relazione che si instaura tra i due sarà ostacolata dalle loro scelte personali.
Il film si caratterizza dall’uso di un registro satirico e pungente, dove l’angoscia diventa dubbio frivolo. La figura di Holly, fulcro del film, è estremamente attraente, divertente e a tratti buffa, ma anche irritante.
Da non dimenticare la famosissima canzone Moon River, composta da Henry Mancini (musica) e Johnny Mercer (testo), che vinse un Oscar per la migliore canzone.
«Will Hunting – Genio ribelle» (Gus Van Sant) – 1997
Film che ha segnato una generazione, il famoso regista Gus Van Sant rende sulla pellicola una sceneggiatura scritta da due attori, amici, presenti nel film: i giovani Matt Damon e Ben Affleck. Per tale sceneggiatura i due attori vinsero l’Oscar come miglior sceneggiatura originale. L’altro Oscar fu vinto da Robin Williams come miglior attore non protagonista; infatti mai come in questa pellicola è stato capace di rendere indimenticabile il proprio personaggio.
Il protagonista del film, Will Hunting (Matt Damon) è un ragazzo difficile, con un’intelligenza fuori dal comune, con un grande talento per la matematica: ha un piccolo lavoro come inserviente nel prestigioso Massachusetts Institute of Technology. Scoperte le doti del ragazzo dal professore di matematica nell’istituto, Gerald Lambeau (Stellan Skarsgård), decide di prenderlo sotto la sua protezione. Ma il rapporto tra i due è difficile: così Lambeau organizza un incontro con Sean Maguire (Robin Williams), uno psicologo originale. Questo incontro cambierà la vita del ragazzo, che nel frattempo si è innamorato di Skylar (Minnie Driver), studentessa di Harvard.
Il film ha segnato l’immaginario di molti giovani; alla graziosa regia di Gus Van Sant si affianca una sceneggiatura entropica ma dinamica. Le interpretazioni sono decisive per segnare i personaggi, e la storia fila, tra varie asperità, verso un bel finale.
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I film sono stati scelti da Stefano Sogne e Ginevra Amadio