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65 – Fuga della Terra, un film che cattura ma non sorprende

6 minuti di lettura

Nelle sale dallo scorso 27 aprile, 65 – Fuga dalla Terra è il nuovissimo lungometraggio sci-fi diretto da Scott Beck e Bryan Woods, prodotto – tra gli altri – da Sam Raimi, dove nel cast figura la presenza di Adam Driver nel ruolo da protagonista, e di Ariana Greenblatt come co-protagonista. Tutto ci si poteva aspettare dagli autori del successo A Quiet Place ma 65 – Fuga dalla Terra sembra sin dai primi minuti non capire bene che direzione prendere.

65 – Fuga dalla Terra, una scommessa persa già in partenza

65- Fuga dalla Terra

Il pilota Mills (Adam Driver), proveniente da un altro pianeta, decide di intraprendere una missione spaziale della durata di due anni volta a guadagnare una somma di denaro necessaria per poter guarire sua figlia Nevine (Chloe Coleman). A distanza di un anno dalla sua partenza, corrispondente a metà della sua missione, l’astronave sulla quale Mills viaggia viene accidentalmente colpita da una massa di asteroidi e cade su un pianeta ancora sconosciuto: la Terra. In una Terra ancora popolata solo ed esclusivamente da dinosauri, Mills e l’unica sopravvissuta al disastro, la piccola Koa (Ariana Greenblatt), iniziano una corsa contro il tempo per la sopravvivenza e per tornare da dove provengono.

65 – Fuga dalla Terra, in una galassia cinematografica infinita dominata da blockbuster, si posiziona proprio come un piccolo asteroide ma, anziché colpire e sbaragliare le carte in tavola, passa e non lascia il segno. L’obiettivo di questo film pareva già essere distorto e impreciso dalla sua nascita; una produzione turbolenta e molte volte rimandata e il poco marketing hanno contribuito alla disfatta di un lungometraggio che partiva con buone premesse alla sua base. Un mix di caratteristiche che rimandano immediatamente a film come Jurassic Park, Il pianeta delle scimmie e lo stesso A Quiet Place, ma di cui 65 invece che favorirne, dimentica.

65 – Fuga dalla Terra non è tutto da dimenticare

65-Fuga dalla Terra

Nonostante la presenza di lati negativi rendano il film dimenticabile, ciò non corrisponde però alla sua interezza. Se infatti il film viene preso nel suo complesso i lati positivi sono in grado di palesarsi e, anche se minimi, riescono a fare la loro figura; nonostante la storia sia pressoché banale e già vista e rivista, gli espedienti scenici utilizzati sono in grado di far mantenere alta l’attenzione dello spettatore, andando a lavorare bene anche sulla tensione che viene rafforzata di sequenza in sequenza grazie soprattutto all’azione e alla quantità, seppur modesta, di colpi di scena.

Il personaggio di Adam Driver tenta di risollevare le sorti del film, impegnato da solo nella lotta per la sua sopravvivenza ma anche della piccola Koa, unica sopravvissuta allo schianto dell’astronave e che peraltro non parla nemmeno la stessa lingua di Mills, andando a rendere ancora più difficile la comunicazione tra i due. Anche nella sventura, Adam Driver riesce a rimanere credibile e coerente, reggendo sulle sue spalle l’intera sorte di un film sfortunato; poche sono le battute riservate al suo Mills, mentre alla mimica e all’azione vengono riservati posti in prima fila per la caratterizzazione del suo personaggio.

Un discorso narrativo frettoloso e confuso

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Come già detto, l’obiettivo di 65 – Fuga dalla Terra non risalta così come non fa un’altra delle caratteristiche fondamentali della trama di questo lungometraggio. Ambientato 65 milioni di anni fa su una Terra popolata solo da dinosauri, gli elementi principali che avevano proprio il compito di fare da sfondo a quello che è il cammino per la salvezza di Mills e Koa erano i dinosauri, ma questi, così come le molte altre cose, vengono completamente messi da parte e dimenticati in questo grande mix narrativo. Pochi, infatti, sono quelli che trovano un loro spazio sul grande schermo, così come poche sono le situazioni in cui la tensione fa da padrona a causa di queste creature.

Concludendo quindi, 65 – Fuga della Terra è nel suo complesso un film ricco di ottime premesse, sia narrative che di performance, che però va a perdersi proprio nelle grandi potenzialità di esse. Con personaggi che tentano di risollevarne le sorti, la durata arriva per infliggerne il colpo di grazia perché di appena 1 ora e 30 minuti, rendendo quindi il prodotto frettoloso e poco convincente.


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Rebecca, classe 2000. Scrivo da che ne ho memoria e da ancora più tempo guardo film. Ho troppi film preferiti, sono innamorata del cinema in tutte le sue forme, vorrei vivere all'interno di una sala cinematografica e aspetto il Festival del cinema di Venezia come fosse Natale.

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