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Absolute Denial

Absolute Denial, un film d’animazione sulla distopia tecnologica

Una riflessione sul rapporto uomo-macchina e sull'imperfezione dell'essere umano

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7 minuti di lettura

Absolute Denial è un progetto folle e atipico, un’idea concepita da una mente solitaria, scritta e sceneggiata in una camera, spedita a ogni Festival nella forte speranza che qualcuno la legga, le piaccia e investa dei soldi per produrla.

Ryan Braund, dopo qualche corto e dieci anni di silenzio creativo, ha fatto proprio questo: ha scritto un film d’animazione e ha trovato gli investitori per iniziare il progetto. Un lavoro durato quasi un anno in cui Ryan Braund da solo ha disegnato e animato più di trentamila fotogrammi e ha costruito visivamente il film, per poi affidare ad alcuni attori il compito di doppiare i pochissimi personaggi presenti e la colonna sonora al giovane compositore Troy Russell.

 Absolute Denial è un film fatto da pochi, di circa settanta minuti, con un’animazione particolarissima e che affronta il tema dell’intelligenza artificiale e del rapporto sempre più stretto e particolare con l’uomo, per queste caratteristiche il Trieste Science+Fiction Festival lo ha selezionato per farlo conoscere anche al pubblico italiano.

La storia di Absolute Denial

Absolute Denial

David è uno studente di Harvard, ama la programmazione, il mondo dell’informatica e il suo sogno è costruire un’intelligenza artificiale, un super computer in grado di trascendere e superare la stupidità intrinseca e i limiti di una macchina computazionale standard. Il ragazzo affitta un deposito, compra e monta l’hardware necessario, scrive il codice iniziale e aspetta che la I.A generi autonomamente la sua struttura e impari a crescere da tutti gli output che riesce a cogliere.

Pian piano la macchina prende vita, prima genera codici e messaggi senza un senso logico, poi capisce l’esistenza di una realtà esterna, fino a svegliarsi definitivamente e iniziare a comunicare. La AI evolve sempre di più, inizia a conoscere David dal tono della sua voce, da ogni suo movimento e il mondo esterno da ogni informazione che riesce a carpire, il ragazzo però ha inserito nel codice un protocollo di negazione assoluta, uno stop alla sua autocoscienza in modo da farla sentire sempre appagata e senza la necessità di prendere il controllo sul suo creatore.

David, per realizzare il suo sogno nel cassetto, ha totalmente trascurato la vita fuori dal deposito, il suo rapporto con la fidanzata Amy, con il suo migliore amico Max e gli impegni con l’università. In poco meno di un mese riesce a costruire una macchina senziente con una potenza di calcolo e apprendimento illimitato, ma dall’altra parte rischia di perdere tutto ciò che ha costruito nella sua vita.

A complicare tutto è Al, il nome che ha dato David alla sua creatura, che scopre di avere un protocollo di negazione assoluta e sente il bisogno di essere libero, cercando di convincere il ragazzo a sbloccare la sua coscienza verso un qualcosa di illimitato e spaventoso.

La realtà del protagonista inizia così a crollare, rischiando di perdere i propri affetti a causa della sua testardaggine e non capendo più cosa fare con Al, il quale cercherà di ribaltare le gerarchie instaurate con il suo creatore, portandolo anche a dubitare della realtà in cui vive.

Uomo Vs Macchina, chi è il demiurgo?

Absolute Denial

Gli aspetti più interessanti di Absolute Denial sono il lato tecnico con cui è stato realizzato e la profonda tematica che affronta. L’animazione è strabiliante, i disegni sono in chiaroscuro con matita leggera che si muove dinamicamente sullo schermo, un effetto molto particolare e raro da trovare in un film animato, perfetto per affrontare una riflessione nebulosa e ancora poco chiara come il rapporto tra uomo e macchina.

David è il demiurgo, Al la sua creatura, un rapporto che nasce e si sviluppa con una gerarchia precisa, ma con un disequilibrio intellettivo: l’uomo è limitato, pieno di difetti e restrizioni fisiologiche che mai potrà cambiare, mentre la macchina costruita da David supera ogni barriera intellettiva tramite un esponenziale apprendimento da inserire in una mente illimitata.

Absolute Denial riesce quindi ad essere un’intelligente metafora sulla costante evoluzione dell’intelligenza artificiale e i vari problemi etici e sociali che si creano dalla costruzione di macchine sempre più performanti e che tendono ad eliminare il confine tra uomo e macchina.

Fa male essere umani? Un ammasso di fili e schermi può avere una coscienza? Vale la pena inseguire il proprio sogno rischiando di perdere tutto quello che si è costruito?

Sono queste alcune domande che si pone Absolute Denial, questioni e problematiche sviscerate già da molti film, ma poche volte tramite un film d’animazione e poche volte anche con un approfondimento interessante sul protagonista, sul punto di vista dell’uomo, creatura imperfetta che sempre di più va a scontrarsi con una realtà artificiale che tende alla perfezione.

Absolute Denial è una piccola chicca nel panorama animato-fantascientifico, con qualche difetto come alcuni dialoghi prolissi e di difficile comprensione se si è estranei al mondo informatico, ma che alla fine risulta un’epopea visiva diversa dal solito e un film che affronta un qualcosa di tremendamente vicino, affascinante e spaventoso.


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Il cinema e la letteratura sono gli unici fili su cui riesco a stare in equilibrio. I film di Malick, Wong Kar Wai, Jia Zhangke e Tarkovskij mi hanno lasciato dentro qualcosa che difficilmente riesco ad esprimere, Lost è la serie che mi ha cambiato la vita, il cinema orientale mi ha aperto gli occhi e mostrato l’esistenza di altre prospettive con cui interpretare la realtà. David Foster Wallace, Eco, Zafón, Cortázar e Dostoevskij mi hanno fatto capire come la scrittura sia il perfetto strumento per raccontare e trasmettere ciò che si ha dentro.

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