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After The Bridge, lo sguardo della “madre del terrorista”

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5 minuti di lettura

Presentato in anteprima al Biografilm di Bologna il 10 Giugno, After the Bridge è un docu-film diretto da Davide Rizzo e Marzia Toscano.

Un film che non vuole raccontarci nessuna verità, ma piuttosto indagare sulle ripercussioni psicologiche che una tragedia può lasciare nella vita delle persone.

After The Bridge, il giorno in cui tutto ebbe inizio

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Il 3 Giugno 2017, ore 22:08, un attacco terroristico per mano di tre uomini sconvolge il centro di Londra. A bordo di un furgoncino Renault bianco, gli attentatori investono alcuni passanti che passeggiavano sul London Bridge per poi schiantarsi contro il Barrowboy and Banker Pub. Usciti dalla vettura, i tre terroristi iniziano ad accoltellare i passanti prima di spostarsi nella zona vicina al Borough Market, affollata di pub, dove continuano ad aggredire civili. Tutti e tre vengono uccisi dalla polizia, che apre il fuoco.

Uno di quei tre uomini era l’italo-marocchino Youssef Zaghba, sua mamma è Valentina Collina: la “mamma del terrorista”, come spesso è stata chiamata dalle persone che un tempo le stavano accanto, una figura dolorosamente reale e di regola ignorata ma che negli ultimi anni sta iniziando a trovare una rappresentazione nel cinema (una storia analoga, in qualche maniera, a quella di Rabiye Kurnaz). Valentina ha lasciato tutto quello che aveva, ha fatto le valigie per iniziare una nuova vita in Marocco con uno degli uomini che aveva aiutato durante un progetto di integrazione culturale. Un nuovo nome. Un nuovo Dio. Una nuova cultura, che vuol dire svuotarsi di tutto quello che hai appreso in precedenza per permettere di gettare nuove fondamenta, come dice la protagonista di After the Bridge.

Un viaggio introspettivo tra presente, passato e futuro

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Più che un documentario per cercare la verità, After the Bridge è un viaggio tra vivide immagini del presente e del passato di Valeria e di Kadija. Un viaggio che lei stessa sta ancora compiendo. Tra le fotografie di Youssef da piccolo e le telefonate con la figlia maggiore, tra una preghiera e una sessione di yoga, Valeria sta rivivendo il suo ruolo di madre tra sensi di colpa e rimpianti. Tanta è stata la violenza nella sua vita da moglie, tanta la violenza a cui ha assistito Youssef inerme, tanti gli errori da lei commessi. Il passato è immodificabile ma ci lascia irrimediabilmente modificati.

After the Bridge è un alternarsi di immagini spensierate dell’infanzia e della giovinezza di Valeria nella sua amata Bologna, circondata dall’amore di un padre e di una madre a cui deve tanto, e le immagini cupe di un presente solitario, caratterizzate da tinte spettrali e paesaggi al limite dell’agorafobia. La vediamo prendere l’autobus accompagnata soltanto dalla sua ombra, camminare per boschi nebbiosi, perdersi con lo sguardo sui dettagli e sui paesaggi che la circondano. Fa male, fa male perché non ci si può fare niente. Fa male perché è impossibile non pensare a quanto le cose sarebbero potute andare diversamente.

After The Bridge ci insegna a essere resilienti, a trovare quella forza che sembra persa. E chi è più forte di una madre? Chi è più forte di una madre che ha smarrito sé stessa perdendo la persona che ha messo al mondo? Cosa c’è di più forte della fede di una madre?
Le immagini di After The Bridge si avvicinano a questo concetto di forza, ma anche di fragilità, facendo della parte visiva un vero e proprio punto di forza. Un’immagine parla più di mille parole.


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Classe 2000, nato nel primo pomeriggio di una pigra domenica romana. Sogno una vita con lo zaino in spalla diretto verso orizzonti lontani e se “andare” è l’anagramma del mio nome, mi basta andare, ci penserò poi alla destinazione.

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