fbpx

L’alba dei morti dementi, quando l’Apocalisse fa ridere

/
9 minuti di lettura

Nel lontano 2004, Edgar Wright inaugurava la sua Trilogia del Cornetto con la commedia horror L’alba dei morti dementi (Shaun of the Dead), aprendosi un varco nel regno della commedia contemporanea, popolato da prodotti spesso insipidi e di scarsa inventiva. Il primo capitolo della (ormai leggendaria) trilogia ha fatto spiccare il volo a Wright, ai tempi un regista ancora poco conosciuto, facendone un autore nel senso più truffautiano del termine.

Sono infatti riconoscibili a colpo d’occhio gli zoom fulminei, i montaggi convulsi, la colonna sonora a cavallo fra il diegetico e l’extradiegetico, nonché l’irriverenza e il grottesco delle battute e delle situazioni. Elementi visivi e narrativi, insomma, che fanno di Edgar Wright… Edgar Wright. E fu proprio L’alba dei morti dementi, vent’anni fa, a far affiorare e consolidare questo stile.

L’alba dei morti dementi, apocalisse zombie a Londra

L'alba dei morti dementi

Shaun (Simon Pegg) è un impiegato in un negozio di elettronica nella periferia londinese. Apatico e impigrito dalla routine, l’unica cosa che sembra risvegliarlo è la pinta al suo pub di fiducia, in compagnia dell’amico Ed (Nick Frost). Ma la sua fidanzata Liz (Kate Ashfield), stanca di questa piattezza, lo lascia non appena comprende che nulla cambierà.

Intanto, scoppia un’epidemia di zombie, che in una sola notte porta allo sfacelo l’intero quartiere. Shaun recupera Ed, Liz, i suoi genitori e una coppia di amici, promettendo loro un posto sicuro. Pur ritornando con fedeltà quasi canina (e con sdegno di Liz) al suo pub di fiducia per barricarvisi dentro, il protagonista dimostrerà di saper fronteggiare la crisi. Il suo coraggio e il suo altruismo faranno ricredere Liz e tutti gli altri che lo giudicavano uno scansafatiche.

L’origine del titolo

L'alba dei morti dementi

Il titolo italiano L’alba dei morti dementi è un omaggio a La notte dei morti viventi, pellicola del 1968 diretta George Romero che ha forgiato la concezione odierna dello zombie – ossia quella del morto che torna in vita, assetato di carne umana e armato di un morso contagioso. Anche il titolo inglese originale, Shaun of the Dead, richiama per assonanza Dawn of the Dead (Zombi in italiano), film del 1978 sempre di Romero. È interessante rilevare che sempre nel 2004 uscì L’alba dei morti viventi, nientemeno che il remake di Zack Snyder del film Zombi di Romero, uscito nel 1978.

Vale la pena menzionare anche l’origine del nome Trilogia del Cornetto, proprio perché fu L’alba dei morti dementi a darle vita. I tre film che la compongono – gli altri sono Hot Fuzz e La fine del mondonon sono in alcun modo legati a livello di storia. Non bisogna ingannarsi, dunque, credendo che si tratti di un trittico di sequel, poiché gli unici elementi in comune sono da ricercarsi a livello stilistico e tematico: personaggi ordinari in situazioni assurde, scene d’azione volutamente esagerate, attori-feticcio ricorrenti e, naturalmente, la presenza ricorrente del cornetto Algida.

In questo primo capitolo, Ned e Shaun si gustano un cornetto Algida al gusto fragola per colazione, mentre compaiono le versioni con panna e cioccolato in Hot Fuzz e alla menta con granella di cioccolato in La fine del mondo. Una burla che il regista Wright paragona alla Trilogia dei Colori di Krzysztof Kieślowski, uscita tra il 1993 e il 1994 e suddivisa in Film blu, Film bianco e Film rosso.

Lo stile de L’alba dei morti dementi

L'alba dei morti dementi

L’alba dei morti dementi, pur trovandosi al principio della filmografia di Edgar Wright, è già prototipica del suo stile, in particolar modo nel montaggio e nel sound design.

Nel primo caso, il montaggio di Wright sa essere frenetico, piroettante quasi – non solo nei momenti d’azione, ma anche in quelli più banalmente quotidiani. Un esempio ne L’alba dei morti dementi è rappresentato dalla scena in cui Shaun si veste per andare al lavoro, dove degli zoom rapidissimi si avvicinano a dettagli insignificanti, come lo sciacquone, il lavandino e lo spazzolino sui denti; lo stesso si ripete poco dopo, dove gli zoom si focalizzano su un toast, una tazza di tè e un contenitore del latte.

Questo movimento di macchina, noto come crash zoom o whip zoom, consiste appunto nell’avvicinarsi o allontanarsi fulmineamente da un soggetto, donando all’inquadratura un senso di urgenza e dinamismo. In questo caso, Wright se ne serve per donare un contrasto ironico, sottolineando la trivialità della situazione. Facendo accavallare crash zooms su panoramiche a schiaffo (altra tecnica sfruttata dal regista: una panoramica talmente veloce da non permettere allo spettatore di discernere ciò che viene inquadrato), il montaggio risulta galvanizzato.

Per quanto riguarda il sound design, L’alba dei morti dementi è intriso di musica. Tuttavia, è una musica a due dimensioni, poiché sa essere sia dentro la storia (intradiegetica), sia fuori (extradiegetica). Prendiamo ad esempio la scena all’interno del pub, dove Shaun e la sua comitiva si barricano per fronteggiare l’epidemia. Un jukebox si attiva e nell’aria si diffondono le note di Don’t stop me now dei Queen. Quando arriva il momento di abbattere uno zombie, le percosse incredibilmente si sincronizzano con le percussioni della canzone, seguendone il ritmo. Pratica tipica del cinema di Edgar Wright, dove la musica intra- o extradiegetica contagia i personaggi, in una sovrapposizione seducente a livello visivo e acustico insieme.

Quando commedia e horror vanno a braccetto

L'alba dei morti dementi

Pur rimanendo un film comico nella sua essenza, L’alba dei morti dementi vanta una componente splatter non indifferente. Grumi di sangue ed esplosioni di cervella sono mostrati con dettaglio estremo e le situazioni che affrontano sono veri e propri traumi. Per Wright è cruciale ricordare al pubblico che i suoi personaggi affrontano una minaccia vera, che li può portare alla morte. Ecco perché l’horror non è mai smorzato in favore della commedia, ma è anzi brillantemente intessuto nel comico: pensiamo alla prima volta in cui Shaun ed Ed sconfiggono uno zombie nel loro giardino, oppure alla scena del contagio di Ed.

Così come Zombi di George Romero fece nel 1978, anche L’alba dei morti dementi rivolge una critica alla società. Se il film di Romero sceglie il centro commerciale come ambientazione per rimproverare il consumismo imperante nel popolo americano, ritraendo al contempo i clienti aggirarsi per le corsie come degli zombie, il film di Wright non gli si discosta troppo: Shaun e gli abitanti del suo quartiere si muovono lenti, con sguardi vitrei e annoiati; lavorano senza interesse e si dedicano sempre alle solite attività di svago. Il protagonista è così assuefatto dalla sua monotonia da non accorgersi dell’epidemia incombente, nonostante si accumulino diversi indizi a riguardo – titoli di giornali, notiziari televisivi, sirene delle ambulanze, persone che svengono per strada.

L’alba dei morti dementi si chiude con un finale positivo – del resto, si tratta pur sempre di una commedia. Una domanda, ironica e seria insieme, persiste fino alla fine nella sua terrificante rilevanza: occorre davvero l’apocalisse per ricordarci di vivere?


Seguici su InstagramTik TokTwitch e Telegram per sapere sempre cosa guardare!

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club

Classe 1998, ho studiato Lingue e Letterature Straniere all’Università Statale di Milano. Ammaliata da quella tragicità che solo la letteratura russa sa toccare, ho dato il mio cuore a Dostoevskij e a Majakovskij. Viale del tramonto, La finestra sul cortile e Ritorno al futuro sono tra i miei film preferiti, ma ho anche un debole per l’animazione. A volte mi rattristo perché so che non mi basterebbero cento vite per imparare tutto ciò che vorrei.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.