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American Fiction, dare al pubblico ciò che vuole

9 minuti di lettura

Basata sul romanzo Erasure di Percival Everett, arriva finalmente in streaming American Fiction, l’opera prima da regista di Cord Jefferson candidata a cinque premi Oscar – tra cui miglior film – e inspiegabilmente inedita nei nostri cinema.

Protagonista Jeffrey Wright in una dramedy intelligente e attualissima: dal 27 febbraio solo su Amazon Prime Video.

La trama di American Fiction

Jeffrey Wright, Leslie Uggams e Tracee Ellis Ross in American Fiction

Thelonious “Monk” Ellison (Wright) è un professore universitario afroamericano di Los Angeles e autore di libri di scarso successo, perché considerati “troppo poco neri” da parte delle case editrici, che invece gli chiedono storie stereotipatamente da ghetto da dare in pasto agli avidi lettori bianchi. Ciò, unito al caratteraccio di Monk, lo ha portato a chiudersi nella rassegnazione, specialmente mentre la scrittrice Sintara Golden (Issa Rae), anche lei nera, ha un enorme successo con un romanzo che è tutto ciò che Monk rifiuta.

A seguito del litigio con una studentessa ipersensibile, Monk viene sospeso dall’insegnamento e si ricongiunge con la sua disfunzionale famiglia a Boston, dalla quale si era allontanato: sua sorella Lisa (Tracee Ellis Ross), suo fratello Cliff (Sterling K. Brown) e sua madre malata Agnes (Leslie Uggams). Una notte, quasi per gioco, scrive furioso – sotto pseudonimo – un intero romanzo infarcendolo di tutti i più beceri stereotipi sulla comunità nera: contro ogni sua aspettativa, il manoscritto fa impazzire gli editori, grazie anche alla mediazione del suo stampatore Arthur (John Ortiz), e Monk sarà costretto a scegliere tra il successo e la propria integrità.

American Fiction è una presa di coscienza da parte di Hollywood?

Sterling K. Brown, Erika Alexander e Jeffrey Wright

Il tema del famigerato politicamente corretto è sulla bocca di tutti e, come ogni argomento delicato, tende a generare due grandi fazioni: chi grida alla fantomatica dittatura woke per ogni dettaglio e chi invece cerca costantemente di generare polemica e indignazione.
American Fiction si cala perfettamente nel contesto di oggi: Monk è un uomo distinto, uno scrittore e professore che viene da una famiglia di medici benestanti, eppure in quanto nero tutti bramano da lui solamente storie di criminalità, di slang e di famiglie disastrate (possibilmente autobiografiche). Quelle storie che i lettori (o gli spettatori) bianchi anelano, per il brivido di un mondo che non appartiene loro, da un lato, e per assolvere il proprio white guilt di facciata, dall’altro.

Il film si apre subito con il titolo di un libro contenente la n-word, su una lavagna. “Io l’ho superata, Brittany, sono sicuro che possa farcela anche tu” spiega un esasperato professor Monk a una studentessa bianca che si rifiuta di accettare quella parola. Può sembrare un’esagerazione, ma non è difficile immaginarlo come un reale avvenimento: American Fiction è una sagace e pungente satira del mondo dell’intrattenimento negli anni ’20. La stoccata ai paladini da social è netta e decisa, alla tendenza falsamente perbenista e bacchettona della borghesia da Twitter nel suo volersi a tutti i costi indignare oltremisura, incapace di pensare in maniera critica.

L’industria del libro è quasi un pretesto per uno sguardo a 360 gradi sulle dinamiche odierne dello spettacolo: in particolare alla cultura da fast food del tutto e subito, che porta al successo prodotti di qualità infima ma con tutti i crismi per piacere al grande pubblico. Jefferson, con la sua acuta scrittura, punta il dito contro tutta l’ipocrisia di Hollywood, non risparmiando temi come l’inclusività di facciata dei grandi produttori per apparire a tutti i costi come i buoni e la pornografia del dolore nel costante desiderio di leggere storie di sofferenza e miseria.
Per dirla all’italiana, Monk è quasi un René Ferretti d’oltreoceano, costretto a rinunciare alla tanta agognata qualità al grido di viva la m****! .

American Fiction si va a inserire in un contesto d’insofferenza in crescita verso l’opportunismo del mondo dello spettacolo, situazione di cui la stessa Hollywood sembra iniziare a rendersi conto: basti pensare al successo di serie anticonformiste come The Boys e alle dichiarazioni di Bob Iger sul cambio di rotta di Disney e Marvel.

American Fiction tra satira e famiglia

L’altro grande tema di American Fiction è il difficile rapporto con la propria famiglia. Thelonious è un uomo cinico e sarcastico, amareggiato dai propri insuccessi e che si è lasciato indietro una famiglia nella quale si sentiva la mosca bianca (l’unico non medico), ma al contempo accusato dai propri fratelli di essere il preferito del defunto e complicato padre. Il film si dipana efficacemente tra comedy e dramma: si ride molto e arrivano altrettanti colpi importanti.

Jefferson intreccia in maniera molto toccante le dinamiche familiari di fratelli e sorelle molto diversi, la perdita e l’accettare se stessi. Il peso di anni di parole non dette, di chiamate non fatte, ha spezzato una famiglia, e rimettere insieme i pezzi non sarà facile.
La pecca che si può trovare sta nell’insistenza un po’ eccessiva sul lato familiare, che lascia a tratti in disparte il focus principale.

Brillano in particolare Tracee Ellis Ross, con una parte seppur piccola nel ruolo di Lisa, e soprattutto un bravissimo Sterling K. Brown, giustamente candidato all’Oscar nel ruolo dell’incontenibile fratello Cliff. Tutto il cast è di altissimo livello, comprese Erika Alexander, che presta il volto a Coraline, in cerca a fatica di far breccia nella corazza di Monk, e l’adorabile domestica Lorraine, interpretata da Myra Lucretia Taylor.

La copertina, però, non può che essere dell’eccezionale Jeffrey Wright: è un grande piacere vederlo finalmente da protagonista, dopo tantissime produzioni con ruoli di spessore ma raramente da starring (tra le più recenti ricordiamo il commissario Gordon in The Batman). Wright offre una delle performance migliori della sua carriera, interpretando, in tutte le sue sfumature, un uomo chiuso nella sua amarezza, ma anche ironico e colto che cerca in tutti i modi di recuperare il rapporto coi propri cari, lottando al contempo per la propria dignità di autore.

Un’opportunità mancata nelle nostre sale

Cord Jefferson confeziona un ottimo esordio dietro la macchina da presa, grazie anche alla qualità della sua scrittura, forte dell’esperienza di sceneggiatore di gioiellini televisivi come Master of None, The Good Place e Watchmen. Infine, una menzione d’onore va fatta anche alle splendide musiche di Laura Karpman.

American Fiction è stato presentato in anteprima al Toronto International Film Festival l’8 settembre 2023 ed è uscito negli USA il 15 dicembre. È francamente difficile comprendere il motivo del mancato passaggio nei cinema italiani, per un film che l’avrebbe indubbiamente meritato: è passata sostanzialmente sottotraccia una pellicola che critica apertamente le dinamiche hollywoodiane e nonostante ciò è candidata a cinque Oscar (oltre ai tre già citati, anche per miglior sceneggiatura non originale e colonna sonora) e due Golden Globe (miglior commedia/musicale e miglior attore). Basti pensare al successo avuto in sala da The Holdovers, l’altra dramedy grande concorrente di quest’edizione.

In conclusione, American Fiction è una ventata d’aria fresca nel panorama della commedia, forte di una scrittura brillante e di interpretazioni di grande livello. Da non perdere!


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Classe 2000, marchigiano ma studio Comunicazione all'Università di Padova. Mi piacciono la pallacanestro, i cani e tanto tanto cinema. Oh, e casomai non ci rivedessimo, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!

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