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Ammonite recensione film

Ammonite, un film riuscito a metà

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6 minuti di lettura

Dopo il suo film di debutto, God’s Own Country (che ha ottenuto importanti riconoscimenti anche ai BAFTA e al Sundance Film Festival), Francis Lee è tornato con Ammonite, ancora una volta sia in qualità di regista che di sceneggiatore. La pellicola si ispira liberamente alle vite della paleontologa Mary Anning e della geologa Charlotte Murchison ed è stata presentata al Toronto International Film Festival nel settembre del 2020, per poi approdare due mesi dopo nelle sale cinematografiche statunitensi.

A partire dallo scorso 23 aprile, Ammonite è disponibile in Italia per l’acquisto e il noleggio sulle principali piattaforme streaming, tra cui Rakuten TV, Prime Video, Apple TV e TIMVision.

Ammonite, la trama

Inghilterra, anni Quaranta dell’Ottocento. Mary Anning (Kate Winslet) vive con la madre nella cittadina di Lyme Regis, dove gestisce un piccolo negozio in cui vende fossili (soprattutto ammoniti) trovati sulla costa ai turisti. Un mattino, il geologo e paleontologo Roderick Murchison (James McArdle) le fa visita e le chiede di occuparsi, nelle settimane in cui sarà via, della moglie Charlotte (Saoirse Ronan), che sta vivendo un periodo depressivo a causa della perdita del figlio. Seppur riluttante, Mary accetta il compito e porta la donna con sé. Dopo i conflitti iniziali, tra le due si sviluppa un legame più forte di quanto avrebbero potuto immaginare.

Sopra un’onda del mare

Il matrimonio di Charlotte è infelice: il marito non cerca il dialogo, non è disposto ad affrontare i problemi e prova quasi disprezzo verso lo stato della compagna, a cui viene preclusa ogni sorta di autonomia. L’esperienza a Lyme Regis permette alla donna di raggiungere quella libertà da sempre negatale e di cui il mare diventa simbolo. All’inizio vi entra timidamente, venendo travolta dalle onde e ammalandosi; in seguito, invece, vi si immerge senza paura con Mary. È proprio Charlotte, tra l’altro, a fare il primo passo con la paleontologa, toccandole la mano, facendole complimenti e poi baciandola. La donna sottomessa al marito non esiste più: al suo posto, troviamo un’intraprendenza tale da travolgere Mary, che non può che cedere alle avances.

Come in God’s Own Country, in Ammonite troviamo al centro i particolari, che riescono a rendere determinati stati d’animo, i dettagli e suoni e ambientazioni naturali, mentre le atmosfere sono cupe e la regia enfatizza la drammaticità delle vicende narrate. Lee dimostra così di avere una buona continuità stilistica e una precisa identità autoriale.

Un confronto che pesa: Ritratto della giovane in fiamme

Ammonite è riuscito ad attirare l’attenzione di molti su di sé per più motivi: innanzitutto perché il suo predecessore è stato parecchio apprezzato, secondariamente per il cast e infine (forse soprattutto) per la forte somiglianza con Ritratto della giovane in fiamme, acclamatissimo film del 2019 diretto da Céline Sciamma. Quest’ultima ragione, però, è anche la condanna della pellicola, che se confrontata a quella francese finisce per sbiadire e rivelare i suoi punti deboli.

In Ritratto della giovane in fiamme, Sciamma sviluppa a dovere la relazione tra le protagoniste e stimola il coinvolgimento emozionale dello spettatore anche grazie alla forte intesa tra Adèle Haenel e Noémie Merlant. Per contro, nonostante gli evidenti sforzi di Saoirse Ronan, in Ammonite manca la chimica tra le due attrici. Kate Winslet si atteggia più da madre che da compagna e il suo basso coinvolgimento rende fredde e poco credibili delle interazioni che dovrebbero invece essere appassionanti. Il rapporto tra Mary e Charlotte, inoltre, non è esplorato fino in fondo e sembra solo abbozzato. Per questo, neanche il finale ad effetto riesce a risollevare le sorti del film, perché manca nelle due ore precedenti quel build up che invece rende la conclusione di Ritratto della giovane in fiamme tanto perfetta e potente.

Ammonite, un film riuscito a metà

Dopo una prima parte complessivamente convincente, Ammonite finisce per perdersi quando arriva nel cuore della storia, lasciando così un senso di incompletezza e delusione. Francis Lee ha dovuto pagare il prezzo di una sceneggiatura carente e della brevissima distanza tra l’uscita del suo film e di quello di Céline Sciamma, ricevendo numerose critiche.

Il regista guarda ora al futuro: ha infatti annunciato di avere in cantiere un film «horror a tematica queer» ambientato nel XX secolo, nel quale ritroveremo Josh O’Connor, star di God’s Own Country. Nonostante l’esiguo risultato di Ammonite, le aspettative per questa sua terza fatica sono già molto alte.


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Classe 1999, pugliese fuorisede a Bologna per studiare al DAMS. Cose che amo: l’estetica neon di Refn, la discografia di Britney Spears e i dipinti di Munch. Cose che odio: il fatto che ci siano ancora persone nel mondo che non hanno visto Mean Girls.

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