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Artecinema 27, al via il festival che celebra cinema e arte

Cinema e arte in simbiosi in uno dei luoghi più belli e suggestivi di Napoli

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5 minuti di lettura

L’atmosfera che si respira al Teatro San Carlo di Napoli la sera del 13 ottobre è a dir poco festosa. La sala è gremita di persone impazienti di dare inizio a una serata speciale, che rievoca l’arte nelle sue forme più disparate e nel contempo la celebra servendosi proprio di una di queste, il cinema, di fatto uno dei mezzi celebrativi per eccellenza. La 27esima edizione dell’Artecinema festival si tiene dal 13 al 16 ottobre nelle due splendide location dei teatri San Carlo (con biglietto) e Augusteo (entrata libera).

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Laura Trisorio, ideatrice e curatrice di Artecinema Festiva: ”I film di artecinema smuovono dentro, smuovono l’anima”. Tanti i film attesi, due i titoli presentati in apertura dellevento: Maya, dans l’oeil de Pablo e Krzysztof Wodiczko — The Art of Un-War, docufilm preziosi per comprendere la natura di grandi artisti e i loro messaggi.

Maya, dans l’oeil de Pablo, la leggenda vista con gli occhi di un bambino

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Pablo Picasso, Maya con la bambola, olio su tela, 1938

Artecinema27 si apre con un docufilm che, più che ripercorrere la vita di un grande artista, si propone di mostrarla soltanto in parte e da un punto di vista del tutto inedito. In Maya, dans l’oeil de Pablo, François Lévy-Kuentz presenta al pubblico uno scorcio della vita di Pablo Picasso servendosi degli occhi di sua figlia Maya (protagonista di molte delle opere del padre), e di fatto privando la narrazione di buona parte del suo lato leggendario.

A introdurre la pellicola al pubblico nel corso della serata inaugurale di artecinema27 è lo stesso regista: ”Quando si lavora ad un film ci si domanda sempre se si stia realizzando qualcosa che esiste già. A me interessava mostrare la vita intima di Picasso, lontana da qualsiasi immagine che il pubblico potesse avere di lui”. E in effetti il punto di vista di un bambino è diverso da qualunque altro tipo di percezione.

Dalle immagini e dai video così abilmente montati insieme, grazie al supporto delle voci fuori campo, emerge tutta la curiosità di una bambina che non può che guardare suo padre con occhi perplessi e colmi di ammirazione in un’epoca in cui, come afferma lo stesso Lévy-Kuentz ”non poteva rendersi conto della sua fama, […] del fatto che fosse un uomo pubblico, una leggenda dell’arte moderna.”

Krzysztof Wodiczko — The Art of Un-War, l’arte di fare e disfare la guerra

Ci vuole arte per non fare la guerra. Questo messaggio, semplice ma potente, trapela in ogni secondo della pellicola Krzysztof Wodiczko — The Art of Un-War, girata dalla regista Maria Niro e proiettata durante la serata inaugurale dell’artecinema festival. Il film, difatti, ripercorre il percorso dell’educatore e artista polacco Wodickzo, da sempre preoccupato di fare dell’arte uno strumento di svelamento dei meccanismi culturali bellicistici insiti nella società e soprattutto nella politica, tramite la conoscenza diretta delle conseguenze traumatiche della guerra sulle persone.

Il documentario permette allo spettatore di conoscere intimamente l’artista e le sue opere, per lo più proiezioni di grandi dimensioni su facciate architettoniche e monumenti. L’arte di Wodickzo, infatti, sfrutta lo spazio pubblico e in esso di dipana, “senza chiedere permesso”, avvalendosi poi della tecnologia come mezzo fondamentale di attuazione del proprio pensiero artistico. È così, infatti, che l’artista riesce a trasformare alcune testimonianze di guerra in delle opere d’arte, proiettando i volti in primo piano di chi parla su quelli scolpiti delle statue. E anche nel film i primi piani sembrano essere funzionali ad accentuare, ma senza esagerare, l’emozione di chi sta parlando ma soprattutto il significato delle parole che si stanno pronunciando.

Wodiczko, poi, racconta nel documentario qual è il suo grande sogno nel cassetto: realizzare un’istallazione enorme che vada a coprire l’intero Arco di Trionfo a Parigi e che permetta ai visitatori di osservare da vicino le immagini scolpite in esso, che secondo l’artista sono l’emblema di quella cultura della guerra che “abbiamo contribuito a creare” e che “proprio per questo motivo possiamo disfare”. Un’osservazione, questa, che alla luce dell’attuale conflitto tra Russia e Ucraina non può che risultare ancora più forte e carica di significato.

Classe 1996, dottoranda in Ingegneria Industriale all’Università di Napoli Federico II, il cinema è la mia grande passione da quando ho memoria. Nerd dichiarata, accanita lettrice di classici, sogno di mettere anche la mia formazione scientifica al servizio della Settima Arte. Film preferito? Il Signore degli Anelli.

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