Quanto vale un attore italiano? L’Associazione Artisti 7607 parla dello “zero virgola”. Le cifre denunciate dal mondo dello spettacolo in occasione di un incontro tenutosi mercoledì 20 aprile, presso la Casa del Cinema di Roma, fanno riferimento alla retribuzione che in rari casi i broadcaster riconoscono agli artisti dopo averne sfruttato le opere sui propri canali.
È trascorso un solo anno da “Non è Equo questo Compenso”, conferenza stampa con cui la collecting che amministra i diritti connessi degli artisti interpreti, denunciava come l’aumento esponenziale della diffusione in streaming di opere protette non generasse il dovuto riconoscimento dei diritti di chi le interpreta. Da un lato i big dello streaming, con ricavi miliardari e una crescita inarrestabile, dall’altra chi quelle piattaforme le anima con l’arte, in Italia sempre più ignorati.
Ad animare l’incontro alcuni dei volti più noti di Artisti 7607, come Paolo Calabresi, Elio Germano e Neri Marcorè. In sala anche Pietro Sermonti, Liliana Fiorelli e Urbano Barberini. Per quanto spirito possano infondere all’incontro, il quadro generale resta desolante. Soprattutto se si osserva la forbice tra la crescita di introiti delle piattaforme OTT (Netflix, Disney, Prime e altri) e il livello di remunerazione riconosciuto ad attori e attrici.
Secondo l’osservatorio Digital Content della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato dei video di intrattenimento in Italia ha superato gli 1,3 miliardi di euro nel 2021. A fruirne sarebbero 4 utenti su 5 (in aumento di 7 punti percentuali rispetto al 2020). Numeri importanti, completati dal +11% segnato dalla raccolta pubblicitaria associata alla distribuzione dei video, per un valore complessivo di circa 510 milioni di euro.
Mai come in questi anni si è fruito di contenuti audiovisivi sui sempre più numerosi schermi che ci circondano, ma per le migliaia di artisti che rendono tutto ciò possibile la situazione retributiva non è ancora cambiata. “Per la maggior parte di coloro che fanno questo lavoro significa non poter pagare l’affitto, la spesa, la vita”, denuncia Cinzia Mascoli, Presidente dell’Associazione Artisti 7607. Si stima che malgrado l’esponenziale aumento degli utilizzi dei contenuti video da parte di piattaforme e broadcaster lineari, agli artisti siano proposti compensi inferiori a quelli di venti anni fa. “Neppure adeguati alla rivalutazione monetaria”, viene fatto notare.
Una legge c’è (ma non si applica)
Una direttiva europea a tutela della categoria esiste, e dal dicembre 2021 esiste una legge italiana che chiarisce e norma una “remunerazione adeguata e proporzionata agli introiti dei broadcaster”. Per ora la legge non è applicata. Significa che per ogni sfruttamento di immagine i broadcaster dovrebbero riconoscere una percentuale all’artista. Dati che sono oggi in mano ai big dello streaming, lungi dal volerli divulgare. Ma senza informazioni aggiornate, pertinenti e complete non è possibile negoziare e ottenere un compenso adeguato e proporzionato.
I passaggi sono ancora numerosi e in molti casi si scontrano con questioni che appartengono agli albori delle piattaforme streaming, come la trasparenza e la divulgazione dei dati relativi alle visualizzazioni dei contenuti. Elio Germano avverte però che “il primo problema riguarda i broadcaster lineari, come le tv di Rai e Mediaset”. Dall’avvento del digitale è sempre più difficile conoscere la vita di un prodotto audiovisivo sui diversi canali: in quali ore è trasmesso? Quante persone l’hanno visto? Che indotto ha portato?
“bisognerebbe sapere quanto costano le pubblicità che interrompono i film, quali attori e in che percentuale hanno partecipato, in alcuni Stati è fornito il calcolo per frame. Tutti questi dati noi abbiamo dovuto elaborarli per conto nostro. 7607 ha messo su un database enorme per ricavare questi dati”
È Cinzia Mascoli a sottolineare come sia diretto interesse dello Stato l’applicazione di una norma che lo solleverebbe dal sostentamento di una categoria attualmente obbligata al precariato. “Non vogliamo soldi pubblici”, dichiara, “fino adesso siamo vissuti con degli zero virgola e c’è un po’ di fatica a recepire questo cambiamento che ci renderebbe autonomi e non ci farebbe pesare sui soldi dello Stato”. La mente corre alle soluzioni ideate in fase emergenziale durante la Pandemia da Sars-CoV2, quando i ristori non hanno potuto far fronte allo stop forzato di numerose categorie di lavoratori.
Un alleato importante per l’applicazione della legge potrebbe essere l’AGCOM, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. L’organo indipendente istituito nel 1997 dal primo governo Prodi ha fino ad ora sanzionato un solo utilizzatore di contenuti per non aver fornito i dati necessari. La strada è lunga e tortuosa, ma il rappresentate dell’AGCOM presente in sala promette: “siamo consapevoli della situazione, ci vorrà del tempo ma speriamo in mesi e non anni”.
Seguici su Instagram, TikTok, Facebook e Telegram per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!