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As bestas, la frontiera del male

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5 minuti di lettura

Presentato al Festival del cinema di Cannes e vincitore di ben 9 premi Goya (tra cui miglior film), As bestas è l’ultimo lavoro di Rodrigo Sorogoyen. Ambientato nella Galizia contemporanea, in una terra di confine dove serpeggia una spietata xenofobia, As bestas è un thriller basato su fatti realmente accaduti. In uscita nelle sale italiane dal 13 aprile.

As bestas, trama

As Bestas

Antoine (Denis Ménochet) e Olga (Marina Fois) sono una coppia francese che decide di vivere in un paesino della Galizia, non molto distante dal confine franco-spagnolo. Il loro sogno è coltivare terreni in modo assolutamente ecologico, nonché restaurare alcune abitazioni fatiscenti. A ostacolare il loro progetto sono Xan (Luis Zahera) e Lorenzo (Diego Anido), due fratelli nativi del luogo che vorrebbero vendere i loro terreni a una compagnia di energia eolica per trarne benefici economici.

Ma il secco rifiuto di Antoine e Olga – senza il loro consenso non si può costruire alcun parco eolico – rende i due uomini fortemente maldisposti e imprevedibili. Ciò genera una crescente tensione tra Antoine e Xan, destinata a terminare in modo tutt’altro che pacifico.

As bestas, un contrasto insanabile

as bestas

As bestas è un film che si edifica sui contrasti. Si prenda quello che caratterizza le mentalità delle due coppie-nemiche: da un lato gli acculturati voyeurs Antoine-Olga, dall’altro i rozzi autoctoni Xan-Lorenzo. Nei primi c’è il chiaro desiderio di occupare certi appezzamenti di terreno con coraggio e mestiere, rispettosi dell’ambiente circostante; nei secondi, un atteggiamento umbratile che, nonostante decenni di fatica sui campi, non si fa problemi a vendersi in nome del dio-denaro. Da quest’opposizione per nulla scontata – ci si aspetterebbe l’esatto contrario, con i francesi superficiali e spendaccioni e gli spagnoli incorruttibili difensori della loro terra – si evidenzia pertanto una scrittura intelligente, per nulla stereotipata.

Ma non è solo il plot del film di Sarogoyan a risultare atipico; anche molte scene, se sviscerate attentamente, evidenziano l’originalità di una sceneggiatura brillante, che non annoia quasi mai. L’insofferenza crescente di Xan, l’impotenza di Antoine e le difficoltà emotive delle due spalle, i diversi eppur fedelissimi Lorenzo e Olga, si prendono i loro tempi per proliferare, scoppiando in sequenze che colpiscono per realismo e profondità. Merito anche della regia penetrante del giovane regista spagnolo, che, optando spesso con ragionati piani-sequenza, dilata in modo intelligente la tensione. Sensazionali, quelli che catturano il vero punctum dell’intera pellicola: l’impossibilità di due opposte mentalità di trovare un compromesso.

As bestas, un ottimo trattato sull’avarizia

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Senza incorrere in un didascalismo fine a se stesso, il confronto ostico tra Antoine e Xan è accentuato anche dall’opportuna fotografia di Alex de Pablo, che, giocando su forti contrasti tra luci e ombre, appesantisce gli spazi aperti della Galizia, opprimendo di conseguenza lo spirito d’iniziativa dell’affiatata coppia francese. Ma l’ottimo lavoro di alcuni comparti fondamentali – regia, fotografia e sceneggiatura – sarebbe stato meno incisivo senza le interpretazioni sontuose di Denis Ménochet e Luis Zahera: due attori che, diversissimi per lingua e stile di recitazione, alimentano un’opposizione pressoché totale dagli esiti sorprendenti. Importante per attutire da un punto di vista narrativo un contrasto così forte, il personaggio a cui Marina Fois presta corpo e voce.

È Olga, la forte e resiliente moglie di Antoine, a imperare nella seconda parte del film, che ai punti forse si rivela meno efficace della prima. Non che l’ultima ora circa di As Bestas non sia all’altezza della prima; a una visione più profonda della pellicola, sono soprattutto le premesse di uno scontro così irrimediabile ad appassionare lo spettatore, trascinandolo fino al finale che, per quanto prevedibile, restituisce un pervicace senso di impotenza. Di conseguenza, il film di Sorogoyan è innanzitutto una riflessione; un trattato su un male che non solo si annida nel cuore dell’uomo, ma che, infido e silenzioso, diventa avarizia nella sua forma più bieca e pericolosa. Un malessere sociale che divide molto più delle frontiere.


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Napoletano, classe 1996, laureato in Filologia moderna e con un master in Drammaturgia e Cinematografia. Perennemente alla ricerca di sonno, cibo e stabilità psicofisica, vivrebbe felice anche nel più scoraggiante dei film di Von Trier, ma si accontenta della vita reale insegnando nelle scuole ad amare le belle storie. Nulla gli illumina gli occhi più del buio di una sala.

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