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L’Atlantide di Yuri Ancarani per scoprire un altro lato di Venezia | Venezia78

Tra arte, cinema e documentario

5 minuti di lettura

Nella sezione Orizzonti del 78esimo Festival del Cinema di Venezia è stato presentato Atlantide, un nuovo e interessante progetto nato dalla mente di Yuri Ancarani. Quest’opera, come la maggior parte dei suoi lavori, è una commistione tra arte, cinema e documentario che racconta la vita dei giovani possessori dei “barchini” della laguna veneziana. Tra luci al neon, gare di velocità, feste abusive e musica assordante il regista ci fa scoprire il lato giovane ed esagerato di Venezia, ben lontano dal contesto del Festival al Lido.

I barchini ai margini della laguna

Daniele (Daniele Barison) è un giovane che sembra senza radici e senza patria. Vive da solo a bordo del suo barchino modificato e gli interessa solamente la velocità. Gli unici suoi coetanei che Ancarani ci fa conoscere di sfuggita sono tutti molto diversi da Daniele. Vivono di svago e divertimento con le loro barche customizzate con impianti stereo pompati, motori elaborati e luci led di tutti i colori. Daniele sogna quella stessa leggerezza, ma la sua situazione di emarginazione gli impedisce di realizzarsi. Così, tra il degrado della Laguna di periferia e uno sballo solo saltuario, si consuma l’esistenza predestinata al fallimento dei giovani abbandonati a loro stessi.

Come è nato Atlantide

Yuri Ancarani è un giovane regista italiano dal background indipendente. Dedito all’immagine e alla ricerca del particolare e del poco visibile, si autodefinisce un “videoartista”. Atlantide, infatti, nasce proprio come un’opera d’arte di avanguardia, quasi come un esperimento. L’intero film è stato girato senza sceneggiatura, prendendo in prestito le maniere documentaristiche. Ancarani rompe la consequenzialità di scrittura e realizzazione tradizionali, superandone il limite. Le riprese sono state effettuate nell’arco di quattro anni, con l’intento di rubare attimi dal quotidiano dalle vite dei ragazzi della Laguna. Atlantide è, quindi, un’opera che riprende Venezia e i suoi cambiamenti attraverso la sua gioventù persa, sbandata e incosciente.

Atlantide: esperienza visiva oltre il cinema

atlantide

Tenendo a mente il processo creativo che ha portato alla creazione di Atlantide, purtroppo la mancanza di una sceneggiatura a tratti appesantisce la visione e disorienta lo spettatore. I personaggi non ci vengono mai presentati davvero, ma appaiono come comparse che formano un quadro più ampio di un contesto culturale ben preciso. Anche i rapporti fra i protagonisti sono sfumati e mai netti. Ci si approccia a loro quasi come se fossero dei passanti di cui origliamo pezzi di conversazione mentre li incrociamo per la strada. Gli ampi buchi nella trama, che quasi non esiste, sono però compensati da momenti audio-visivi molto intensi.

Particolare l’attenzione posta a colori e dettagli, accompagnati da una colonna sonora ritmata e pervasiva. La Venezia di Atlantide passa dai colori sgargianti dei suoi giardini in pieno giorno alle sfumature tenui e delicate dei suoi tramonti sulla laguna. Momenti eccentrici e stili chiassosi sono compensati da attimi di poesia. Anche le macchie di benzina sull’acqua possono formare quadri impressionisti tra le cime degli alberi riflessi. Subito dopo, la contemplazione viene interrotta dai brani della Dark Polo Gang e dai potenti bassi della basi trap che mette a dura prova l’impianto stereo della sala.

Perché guardare Atlantide

La Laguna raccontata attraverso la cinepresa di Yuri Ancarani strizza l’occhio alla cultura pop e underground contemporanea portando le musiche e i volti della Generazione Z per la prima volta sugli schermi della Mostra. La narrazione pessimistica della gioventù come stato di abbandono ed invisibilità ci parla di lotte già perse in partenza contro, ancora una volta, un sistema malato che lascia indietro i suoi figli senza pensare alle conseguenze. Con estrema poesia ed estrosità il regista ci accompagna in un viaggio sensoriale nelle placide acque della Laguna, alla scoperta di quella maledetta, ma esteticamente interessante, emarginazione.


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Classe 1996, laureata in Filosofia.
Aspirante filosofa e scrittrice, nel frattempo sognatrice e amante di serie tv, soprattutto comedy e d'animazione. Analizzo tutto ciò che guardo e cerco sempre il lato più profondo delle cose. Adoro i thriller psicologici e i film dalla trama complessa, ma non disdegno anche quelli romantici e strappalacrime.
Pessimista cronica e amante del dramma.

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