Damien Chazelle è tornato. Babylon è in sala dal 19 gennaio ed è Chazelle così come ce lo saremmo aspettato: c’è Hollywood, c’è la musica, c’è l’ambizione, c’è il sogno, c’è l’amarezza. Con un cast d’eccezione, che oltre a Margot Robbie e Brad Pitt, conta Diego Calva, Tobey Maguire, Jean Smart, Jovan Adepo, Katherine Waterston, Max Minghella, Flea, Samara Weaving, P.J. Byrne, Damon Gupton, Olivia Wilde e Spike Jonze, Babylon si presenta come l’atto di amore al cinema da parte di Chazelle, un ritratto dolce e doloroso, straziante e tenero insieme.
Dal cinema muto al sonoro: i retroscena di Hollywood
Dopo La La Land Chazelle torna a raccontare Hollywood, la sua industria e i suoi meccanismi, ma in Babylon è per lo più assente il romanticismo e l’atmosfera da sogno che caratterizzava il film precedente.
Chazelle si concentra soprattutto sul lato oscuro e decadente dell’ambiente Hollywoodiano e dove La La Land era una storia di crescita e vittoria, Babylon è una storia di fallimento e tramonto. Ambientato negli anni ‘20 si concentra sul passaggio dal cinema muto a quello sonoro mostrando come è cambiato il modo di realizzare un film, l’evoluzione dell’intera industria e il declino di molte star che non sono riuscite a reggere il progresso e sono state fagocitate nell’oblio.
A margine si sviluppa una profonda digressione sulla celebrità, sulla fama, il successo e la trasgressione, riflessione che pur storicizzata e appartenente in maniera totale all’epoca rappresentata, parla in qualche modo anche dell’oggi.
Chazelle traccia un ritratto corale in cui al fianco della star indiscussa Margot Robbie si muovono tanti altri personaggi, ognuno importante perché parte del puzzle generale e rappresentante di una specifica anima del tempo.
Lo sguardo di Chazelle alla storia del cinema
Quasi tutti i personaggi sono ispirati a persone realmente esistite, così che Baylon pur non essendo una storia vera, appaia in realtà alquanto verosimile.
Il personaggio di Nellie LaRoy, interpretato da Margot Robbie è probabilmente ispirato a Clara Bow, una delle attrici più popolari della sua epoca, apparsa in più di 40 film, sex simbol conosciuta anche come “The It girl”. Nellie LaRoy come Clara Bow domina le scene degli anni ‘20, si gode la fama oltre misura fino a soccombere nei suoi eccessi di droga e gioco d’azzardo.
Anche il personaggio di Brad Pitt prende ispirazione da un attore reale, quasi sicuramente John Gilbert, simbolo del cinema muto che venne affossato dall’avvento del sonoro, la sua vita è segnata da diversi matrimoni e dal vizio dell’alcol.
Sidney Palmer, interpretato da Jovan Adepo è ispirato a Curtis Mosby, leader di una band jazz molto popolare, tanto da apparire in alcuni film. Lady Fay Zhu (Li Jun Li) è un personaggio immaginario ispirato ad Anna May Wong, prima attrice cinese-americana a recitare nei film di Hollywood.
Jean Smart interpreta la giornalista Elinor St. John, personaggio basato sulla scrittrice britannica Elinor Glyn, famosa soprattutto per i suoi scandalosi romanzi d’amore e per aver coniato il termine “It Girl”, traducibile con ragazza con quel certo non so che.
Max Minghella è Irving Thalberg, l’unica persona reale presente in Babylon, produttore cinematografico e co-creatore della MGM (Metro-Goldwyn-Mayer) e co-autore del Codice Hays, una sorta di codice morale che forniva le linee guida necessarie da seguire nella realizzazione di un film.
È chiaro quanto Chazelle ami e abbia studiato la storia del cinema e si apprezza il fatto che non sia mai scontato nello scegliere dove rivolgere l’attenzione: è interessante il suo voler riconoscere il ruolo e l’importanza che le registe donne hanno ricoperto nei primi anni del cinema hollywoodiano, un lato di questo periodo che raramente viene toccato e il personaggio di Ruth Adler è intrigante anche per il rapporto che instaura con la star Nellie LaRoy. Ma in generale sono le persone ai margini a ricoprire un ruolo d’eccellenza in Babylon, le donne, le minoranze, le persone queer.
Chazelle ricostruisce un determinato mondo in un tempo molto preciso e ne rivela e svela ogni lato, ogni segreto: la fama e il successo, il lato abbagliante di Hollywood, il lavoro sul set tra problemi, incidenti, registi sopra le righe, risoluzioni assurde e personaggi eccentrici, la vita notturna eccessiva, decadente e viziosa, l’ambito privato in cui emergono le insicurezze, le paure e i timori.
Tra realtà ed eccesso
Tantissimi sono i riferimenti disseminati nel film ma il più grande è sicuramente Singin’ in the Rain di cui Babylon è una possibile rivisitazione trasgressiva. Il film del 1952 diretto da Stanley Donen e Gene Kelly racconta anch’esso del momento del passaggio dal cinema muto al cinema sonoro ma si presenta molto più edulcorato, benevolo e lieto rispetto a Babylon.
Chazelle rende continuamente omaggio a Singin’ in the Rain durante il suo film che si configura come una sorta di adattamento sotto anfetamina. Tutto è urlato e sopra le righe in Babylon, a cominciare dalla grande festa all’inizio del film. Guardandola viene alla mente quella organizzata da Baz Luhrmann per Il Grande Gatsby, ma è anche un saggio virtuosistico da parte di Chazelle, tra confusione, luci, orgie, alcol, droga, elefanti, il regista ci mostra subito l’altra faccia di Hollywood, quella decadente, dedita agli eccessi, divertente e folle ma anche pericolosa e insidiosa.
È il ritratto di un’epoca consacrata alla sregolatezza, alla passione e all’eccesso, in cui le possibilità erano infinite, in cui la festa non finiva mai e il sogno era possibile. Il passaggio da un’era all’altra è segnato non solo dall’avvento del sonoro ma anche dalla creazione del Codice Hays che in maniera simbolica chiude un’epoca che non può più tornare.
Affianco a sfarzi registici di musica e luci Chazelle realizza scene che sono delle vere e proprie ricreazioni dei set cinematografici del tempo attraverso cui mostra tutte le problematiche che l’avvento del sonoro ha comportato oltre alla difficoltà di attori, registi e addetti ai lavori hanno dovuto affrontare: le riprese che vengono realizzate sempre più spesso nei teatri di posa, gli attori che non devono fare rumore e non possono improvvisare, la relazione con lo spazio per le esigenze dei microfoni, le cineprese che devono essere chiuse all’interno di enormi cabine insonorizzate affinché il loro rumore non venga registrato.
Inoltre, e cosa centrale in Babylon, cambia l’arte della recitazione che col cinema muto si basava su una gestualità molto marcata non dovendo effettivamente parlare, ora invece gli attori devono imparare a recitare dei testi.
Questo viene rappresentato in diverse maniere: dalla scomparsa di figure specifiche del cinema come quella che si occupava della scrittura delle didascalie, ora non più necessaria, al confronto tra un attore di cinema e un’attrice di teatro (i veri attori), fino al declino di alcune star del muto che si sono trovate a non essere più adatte per il sonoro e a essere semplicemente messe da parte.
Il film più amaro di Chazelle
Babylon si inserisce perfettamente nella filmografia di Chazelle ed è forse il suo film più ambizioso, nonché, per certi versi, il più amaro.
La sua produzione è segnata da una visione allo stesso tempo romantica e molto critica di Hollywood, in cui a essere indagati sono spesso temi come l’ambizione, la competizione, il successo e il fallimento.
Babylon racchiude tutto questo in una favola imperfetta e amara, che, come detto in precedenza, si configura soprattutto come un racconto sul tramonto e il fallimento. Appare lampante quanto sia in realtà una storia cupa e pessimista, segnata dalla sconfitta e della morte. Ma contemporaneamente e nonostante tutto questo, il film è anche una grande dichiarazione d’amore al cinema da parte del regista.
Sembra che Chazelle da un lato voglia intaccare, frantumare la superficie brillante e scintillante della Hollywood idealizzata e mostrarne il lato nascosto, orrendo e crudele: non solo le feste sregolate, la droga sul set, l’alcol onnipresente, ma anche e soprattutto la verità di un’industria senza remore che sfrutta il personaggio senza badare alla persona, che lo innalza sulla cima per poi dimenticarsene e farlo precipitare rovinosamente a terra.
Ce lo mostra in modo particolare, attraverso le storie di tre personaggi (Nellie LaRoy, Manny Torres e Sidney Palmer) che dai margini riescono a spiccare grazie alla loro ambizione e al loro duro lavoro, ma che per colpa della loro fragilità e insicurezza si lasceranno travolgere da questo ambiente corrotto e malsano.
Ciò che sorprende e che scalda il cuore è che Chazelle, pur sostenendo tutto questo, pur affermando che l’industria hollywoodiana sia terribile e spietata, professi un sincero e incondizionato amore per il cinema.
Appare evidente nell’ultima scena in cui Manny Torres entra nel cinema per vedere Singin’ in the Rain e ascoltando il suo voice over sembra proprio di sentire parlare Chazelle stesso. Ultimamente sono stati molti i film dedicati al cinema, da È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino a The Fabelmans di Steven Spielberg, Babylon non è un film autobiografico ma di autentico c’è di sicuro l’amore di Chazelle per questa arte che ha il potere di coinvolgere tutti, dal regista allo spettatore, e farli sentire tutti parte di qualcosa di più grande.
Seguici su Instagram, Tik Tok, Twitch e Telegram per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!