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«Better Call Saul 5»: uno storytelling eccezionale

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Si è conclusa la quinta stagione della serie spin-off di Breaking Bad: Better Call Saul. Prosegue inesorabile il lavoro che impegna lo svolgimento narrativo di uno storytelling che ci accompagna ormai da più di 10 anni.

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Uno storytelling riuscito

Il tratto peculiare che governa questa stagione di Better Call Saul è il meccanismo narrativo della Guerra fredda, basata sulla capacità di prevenire e di reagire ai colpi incassati, strategia narrativa su cui si fondava anche Breaking Bad, e che in questa stagione assume il pieno controllo delle vicende. Questa strategia è accompagnata dagli stilemi classici dell’hard boiled mescolati in modo sublime con le vicende di daily life, che costituisce il tratto distintivo dello stile narrativo delle vicende di Gilligan e Gould.

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Ne risulta uno storytelling complesso, ma al contempo di facile accesso da parte del fruitore, che, mentre segue le vicende, esercita le proprie capacità razionali e strategiche, immedesimandosi e chiedendosi come si sarebbe comportato lui se fosse stato uno dei personaggi. Questo aspetto rivela il successo di uno storytelling. Quando lo spettatore lima la distinzione tra finzione e realtà in modo cerebrale, analizzando gli eventi e le reazioni psicologiche dei personaggi, e non semplicemente quando avviene un coinvolgimento emotivo indotto, allora la narrazione sta funzionando in termini veramente ricettivi e coinvolgenti. 

Better Call Saul

In quest’ultima stagione, Peter Gould ha preso le redini degli sviluppi narrativi della trama dello storyline (mentre in Breaking Bad si occupava solo della sceneggiatura), scelta più che appropriata in termini di proprietà e onestà intellettuale dal momento che Gould è l’inventore del personaggio di Saul Goodman. Le conseguenze del lavoro narrativo di Gould sono tutte positive: personaggi più profondi, interazioni sociali più complesse e meno viziate da pregiudizi sociali e di genere, reazioni psicologiche più realistiche.

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I dialoghi restano invariati nel loro realismo e nella densità di significato. Per capire i raffinamenti apportati da Gould è sufficiente prestare attenzione all’utilizzo della menzogna a scopi di protezione. Leitmotiv, quest’ultimo, già presente in Breaking Bad, ma nell’ultima stagione di Better Call Saul molto più sviluppato in modo stratificato e trasversale in termini sia di psicologia dei personaggi sia di storytelling.

Si assiste infatti al fenomeno, difficile da realizzare in una narrazione, della “doppia menzogna”. Per cui una menzogna che viene scoperta la si mantiene tale per creare un’altra menzogna, il tutto regolato dal fine di certi personaggi di proteggere un progetto (Gus) o una persona (Kim). 

«Better Call Saul 5»: un Feuilleton nel New Mexico

Better Call Saul

Da alcune sequenze presenti in questa stagione, se si tiene conto quanto affermato da Peter Gould nell’intervista della Premièr della stagione 5 sul fatto che ci saranno altri 23 episodi, si può intuire che dalla narrazione del pre-Breaking Bad, che ha determinato queste 5 stagioni, si faccia un salto al post-Breaking Bad e cioè si può ipotizzare uno slittamento temporale dello storyline, che potrebbe svilupparsi sulle vicende consequenziali a Felina (puntata conclusiva di Breaking Bad). E, perché no, operare una connessione degli intrecci narrativi che riguardano Saul con quelli di Jesse, lasciati in sospeso in El Camino. Purtroppo i personaggi storici delle vicende narrative come Mike, Walt e Gus non torneranno, ma potrebbero comparirne di nuovi e altrettanto interessanti.

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Se così fosse, ciò non farebbe che confermare che quella che unisce Breaking Bad e Better Call Saul è sicuramente la vicenda narrativa più articolata e minuziosa realizzata al livello di audiovisivo seriale degli ultimi anni, e potenzialmente di sempre. Si può parlare infatti di un Feuilleton audiovisivo. Come i romanzi d’appendice dell’800 comparivano a puntate nelle riviste per dare il senso dello sviluppo e della progressione e quindi del realismo del racconto di una storia che non inizia e finisce subito, ma che si propaga diramandosi nei dettagli come le vicende della vita, cosi lo storytelling di Gilligan e Gould presenta uno sviluppo narrativo ricco e una narrazione minuziosa, profonda, coerente, curata nei dettagli e nelle sfumature delle personalità dei personaggi, che la rende la serie più realistica tra i prodotti audiovisivi attuali. 


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Laureato in filosofia, sono appassionato di cinema fin dall’età infantile. Ho una propensione per la riflessione e per l’elaborazione dei concetti, per questo nella visione di un film mi muovo soprattutto sull’analisi delle intersezioni tra il contenuto narrativo e lo stile registico che lo sviluppa. Amo riflettere sulle caratterizzazioni dei personaggi e sugli sfondi simbolici e filosofici che li costituiscono all’interno della trama di cui sono protagonisti. Guardo al cinema come a un sofisticato modo di rappresentazione degli aspetti cruciali della vita. Guardare un film per me significa entrare in un meccanismo riflessivo che fa comprendere, ma anche formulare, relazioni concettuali e costruzioni teoretiche. Il cinema è per me un modo di fare filosofia.