Sono passati dieci anni dall’uscita americana di Blue Valentine. Era il 2010 quando finalmente il film trovò la sua luce, dopo dodici anni di ostracismo produttivo. Dal 1998, il regista Derek Cianfrance, classe 1976, rifinì il suo progetto un’infinità di volte. Nessun produttore, però, era disposto a dargli il via. Cianfrance aveva ventiquattro anni quando lo scrisse la prima volta, ne aveva trentasei quando lo vide in sala.
Il giorno di San Valentino del 2013, i cinema italiani accolgono la pellicola, con tre anni di ritardo rispetto agli Stati Uniti. Il film romantico dalla genesi maledetta ottiene però le sue soddisfazioni: viene presentato alla 26° edizione del Sundance Film Festival e alla 63° edizione del Festival di Cannes, per la sezione Un Certain Regard.
Di cosa parliamo quando parliamo d’amore?
Ed è proprio lo sguardo del regista l’aspetto più interessante del film. Perché Blue Valentine illustra un amore che svanisce nel momento stesso in cui ci si accinge a raccontarlo. Non si arriva mai al culmine della sua realizzazione, se ne parla, ma senza mai realmente avvicinarlo. Ritorna così il titolo della celebre opera di Raymond Carver Di cosa parliamo quando parliamo d’amore? E Derek Cianfrance risponde con due percorsi paralleli: la nascita di un amore e la sua dissoluzione.
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Quella che racconta è la storia di una perdita romantica, attraverso l’inevitabile scorrere del tempo in cui si assopiscono i ricordi. Con loro riposano i sogni spezzati e mai dimenticati, come tracce di vita abbandonate sulla strada. Così, quest’ultima diviene il riferimento cardine del film, un luogo pericoloso e sovraffollato, dove viene investito il cane di famiglia. Un incidente che incrina le fratture di un rapporto coniugale già in rotta.
«Blue Valentine»: i protagonisti
Loro sono Dean e Cindy, interpretati da Ryan Gosling e Michelle Williams. Ancora una volta, dopo Come un tuono, Cianfrance sceglie Gosling come protagonista. E la scelta è vincente. I due partner sul set, oltre a collaborare come co-produttori, costruiscono un rapporto affiatato. Sin da prima dell’inizio delle riprese, passano settimane a vivere insieme come una coppia sposata.
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La complicità professionale è esplosiva e si riflette sui due personaggi. Lui, un bad boy, sigaretta sempre alla bocca, marchiato dai tatuaggi e con una trasognante eredità di musicista. Lei è un’infermiera, fragile e disillusa, dopo quella gravidanza inaspettata che le ha impedito di diventare medico. Tra i due rimane una bambina, frutto del primo amore e unico collante di un presente in bilico, frammentario.
Una parabola anti romantica
«Come puoi aver fiducia nei tuoi sentimenti quando svaniscono in quel modo? L’unico modo per scoprirlo è vivere quei sentimenti».
Si conoscono, si innamorano, ma con un’evoluzione anti-romantica. Traspare sempre in loro una felicità soffusa, temperata e mai virata verso il romanticismo. La parola è affidata agli altri personaggi, gli amanti più anziani, che raccontano le loro personali esperienze, senza mai lasciar presagire la possibilità di un lieto fine.
Questo perché una storia coniugale porta con sé un alone di variabili. Comportamenti, parole, eventi fortuiti e incalcolabili che dipingono il grande mare di tutte le storie che non funzionano. Come dice Luca Marinelli nel film Ricordi? di Valerio Mieli «Ha cominciato a finire quando è iniziata». Un pessimismo che si consuma nel relativismo dei ricordi e in un’esperienza ancora da scrivere.
La narrazione di «Blue Valentine»
Derek Cianfrance costruisce con Blue Valentine una narrazione fluida, ma dettagliata. L’attenzione si concentra sulle persone che, in una narrazione lenta e delicata, raccolgono i frammenti del loro passato. Sono quelli a cui ci si aggrappa quando tutto sembra perduto, in un continuo richiamo al passato. Questo è arricchito dalla fotografia sporca, da macchina a mano, che conferisce un tocco vintage.
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E così la storia si propone allo spettatore come una coperta intessuta di amore, speranza, abbandono, morte, affetto, fiducia, perdita. Sono le tracce di un’esistenza universalmente condivisa, percepite in maniera somatica, sofferta, a tratti urlata. Sopravvive, però, la speranza nel potere salvifico del ricordo. Anche in quell’ultima scena, così drammatica, quando Cindy strappa la figlia all’abbraccio del padre, che si allontana.
Sullo sfondo, gli schioppi dei petardi lungo la strada. Ancora quella strada simbolica, ancora quel clima di felicità e rumore che sembra non toccare i protagonisti. Si allontanano in direzioni opposte, verso un futuro forse non ancora scritto, o forse ormai inevitabile.
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