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Bones and All, nient’altro che amore in questa vita

Sodalizio artistico rinnovato per Luca Guadagnino e Timothée Chalamet, in concorso nella 79ma edizione della Mostra con Bones and All, un film sull'amore, sui margini, sui non-luoghi.

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6 minuti di lettura

Presentato da MGM e Vision Distribution in concorso a Venezia79, Bones and All è l’ultimo film di Luca Guadagnino, esemplare di un sodalizio artistico che ci aveva già incantati nel 2017 in Chiamami col tuo nome. Protagonista, nel ruolo del cannibale Lee, è Timothée Chalamet, icona di un divismo contemporaneo esaltato da schiere di fan in visibilio per il suo arrivo al Lido, accanto alla luminosa Taylor Russell. Lei è Maren nella trasposizione cinematografica che il cineasta ha avverato sul romanzo di Camille DeAngelis, Fino all’osso, forte della sceneggiatura di David Kajganich già autore in A Bigger Splash e Suspiria.

Un amore alla maniera di Luca Guadagnino, dolcemente inquieto nel ritratto d’amore di due giovani on the road alla ricerca della propria intima esperienza di vita. La fame condivisa dall’inesauribile, indefinibile binomio, rivela margini oscuri, sembianze di indefinitezza apparente, protagonisti scontornati eppur pieni di essenza senziente. Maren e Lee amano i reciproci vuoti, le ferite similari, la carne esanime in difetto nei confronti dei confini subiti, e condividono la necessità di un luogo che li contenga, li accarezzi, indulgente dei loro peccati di gola. Gli anni ’80 si fanno contenitore e contenuto di un malessere sociale, appannaggio esclusivo dei margini, erranti instancabili alla ricerca di definizione. È il classicismo americano, segnato da viaggi di transizione sullo sfondo mitizzato di una casa inabitabile.

Vagabondi in equilibrio, dei suoi personaggi eccedenti e fallibili Guadagnino si è fatto luogo, casa, compassione, proteggendoli dall’odio, esaltandone l’umanità, il desiderio necessario di amore condiviso e corrisposto, la fuga dalla perdizione. Primo tra i simili, confidente dei reietti, Bones and All è un testamento normativo sull’amore, una cura per i demoni

Fino all’osso, carne su tela

Bones and All NPC Magazine

Anni ’80. Maren (Taylor Russell) vive in una piccola cittadina con il padre, da solo dopo l’abbandono della madre. Durante una notte tra amiche, con slancio ferino la ragazza assale una compagna di scuola, divorandone le dita. Costretto all’ennesima fuga, il padre scompare, lasciando a Maren una cassetta che ne racconta la storia dalle origini. Scopre così di non essere la sola, piuttosto di aver ereditato la sua natura dalla madre scomparsa. Al mondo esistono infatti altri esemplari cannibali, seppur rari, che condividono fiuto e istinto della ragazza, mossi da un impellente desiderio di nutrirsi di carne umana.

L’incontro con Lee (Timothée Chalamet) umanizza l’istintualità animale di Maren, nel legame di sopravvivenza che i due giovani instaurano lungo un viaggio di consapevolezza. Specchio delle proprie reciproche debolezze, diario e farmaco dell’esperienza dell’altro, Lee e Maren si uniscono nella carne e nelle membra, si divorano l’anima, si nutrono dell’altro fino all’osso, respirando la linfa vitale costitutiva di ciascun rapporto oltre ogni categoria di definizione. 

Bones and All: l’ulissismo di Guadagnino, la fame, la sete 

Bones and All NPC Magazine

È un’atavica condizione umana, una tendenza universale nella visione aristotelica quella di tendere all’infinito della conoscenza, alla sublimazione del reale esperibile. Guadagnino si fa interprete e vessillo di un puro ulissismo, devoto esploratore dei sentimenti umani, delle diverse declinazioni dell’amore, dipinti ad olio nelle sue inquadrature rallentate.

Con Bones and All, Guadagnino disegna un vuoto chiassoso, sacro custode degli spazi d’esistenza, concedendo ai suoi figli di profilarsi alla luce, da questa scolpiti. Esaltati dal magma sonoro extradiegetico, nel genio creativo di Trent Reznor e Atticus Ross, Maren e Lee si fanno l’uno controcampo dell’altro, simili dissimili, empatici, compassionevoli umani disumani.

Bones and All è a tutti gli effetti un romanzo di formazione, un viaggio introspettivo attraverso i confini dell’etica, della morale, del corpo, una risposta all’intesa solidale stretta da chi abita i margini: il simile è casa, rifugio risanatore per il corpo e per l’anima, al punto che risulta incredibilmente più facile l’incontro con il familiare, anche se perturbante. L’unione con i simili è, nel tocco registico, un’opzione di sopravvivenza, una compassione spinta al di là del solipsismo emotivo come forza reazionaria al male subito.

La confidenza del diverso si sublima nei primi piani, nelle microespressioni di volti fragili, consunti e consumati dalle distanze, fisiche quanto emotive: quando tutto il mondo minaccia divisione, i margini reagiscono, si fortificano nutrendosi delle proprie battaglie. Incantevole la delicatezza di Kajganich e Guadagnino nel sospendere il giudizio, nell’ascrivere all’umano il sentimento del rimorso ove carnefice. La sinossi di Bones and All fornita da Chalamet è esplicativa in tal senso: “Due persone diffidenti scoprono che è possibile sentirsi al sicuro con qualcuno, e trovare quel genere di conforto che allevia le fatiche dello stare al mondo: forse è questa la carezza dei margini, non chiedersi mai chi si è, fare i conti con il tempo che ci resta semplicemente amando.

Non pensi che sia orribile?

Penso che ti amo.

Amami, e mangia.


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25, Roma | Scrittrice, giornalista, cinefila. Social media manager per Cinesociety.it dal 2019, da settembre 2020 collaboro con Cinematographe per la stesura di articoli, recensioni, editoriali, interviste e junket internazionali.
Dottoressa Magistrale in Giornalismo, caposervizio nella sezione Revisioni per NPC Magazine, il mio anno ruota attorno a due eventi: la notte degli Oscar e il Festival di Venezia.

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