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Bottoms, una teen comedy atipica senza esclusione di colpi

Bottoms, una teen comedy atipica senza esclusione di colpi

6 minuti di lettura

A distanza di tre anni da Shiva Baby, suo lungometraggio d’esordio, Emma Seligman torna dietro la macchina presa con Bottoms, disponibile su Prime Video dal 21 Novembre, rinnovando la sua collaborazione con Rachel Sennott, protagonista insieme ad Ayo Edibiri ma anche co-sceneggiatrice. La giovane regista canadese si conferma una delle autrici più interessanti del panorama cinematografico contemporaneo, e Bottoms, invece, come una delle commedie più riuscite dell’anno.

Inserendosi oltretutto tra le numerose pellicole che – fortunatamente – hanno messo al centro della propria narrazione la condizione della donna all’interno della società odierna, concentrandosi sulla disparità e la violenza di genere, su un sistema fortemente patriarcale o sull’autodeterminazione femminile, Bottoms di Emma Seligman si distingue in quanto satira brillante e rivoluzionaria, che nasconde sotto un tono demenziale ed eccentrico, una complessità ben più profonda.

Bottoms: la rivoluzione di Emma Seligman

Rachel Sennott e Ayo Edibiri in Bottoms

Le rivoluzioni nascono spesso dagli studenti, all’interno delle scuole, ed Emma Seligman sembra saperlo molto bene, perché la sua rivoluzione cinematografica, il suo desiderio di sovvertire la teen comedy scolastica americana, trova compimento all’interno della Rockbridge Falls High School. PJ e Josie sono due ragazze “gay, brutte e senza talento”, per loro stessa ammissione, assolutamente impopolari e ancora vergini, infatuate di due cheerleader, Brittany e Isabel, e decisamente più impacciate di quello che vorrebbero dare ad intendere. 

Insomma, la volontà della coppia Seligman-Sennott in fase di scrittura è piuttosto chiara: mettere in atto un ribaltamento dei ruoli pur mantenendo le classiche dinamiche del genere fino ad esasperarle. E quindi ecco che alla Rockbridge Falls, come in ogni scuola americana che si rispetti, tutto ruota intorno alla squadra di football, ma i ragazzi, su tutti il capitano, Jeff, non sono portatori di quella virilità che potremmo aspettarci, anzi, sono molto effeminati e decisamente infantili. 

In un ambiente incentrato sui valori maschili, PJ e Josie decidono di aprire un club di autodifesa, principalmente per interessi personali, ovvero conoscere nuove ragazze con cui perdere finalmente la verginità. In questa scelta, un po’ finiscono per fare da specchio alla mascolinità tossica; con il tempo però, quella fantomatica e inizialmente pretestuosa ricerca di un senso di sorellanza all’interno di un ambiente avverso diventa l’essenza più profonda del club, in cui le ragazze, finalmente, possono sentirsi parte di qualcosa di più grande. 

Bottoms, anarchia e violenza di genere

Un'immagine di Bottoms di Emma Seligman

Dopo Greta Gerwig con Barbie, Paola Cortellesi con C’è ancora domani e Yorgos Lanthimos con Poor Things, sembra ormai chiara la volontà degli autori contemporanei di veicolare messaggi femministi e analisi critiche sulla società patriarcale attraverso il mezzo della commedia e della satira sociale, appunto. Con Bottoms, Emma Seligman si inserisce proprio all’interno di questo filone, e lo fa con un film assolutamente sorprendente, sicuramente più demenziale rispetto a quelli precedentemente citati, ma allo stesso tempo estremamente originale e sovversivo nell’approccio. 

Sovversivo perché Bottoms è un film incredibilmente anarchico, soprattutto nell’umorismo, politicamente scorretto e senza esclusione di colpi – esattamente come le sequenze di “combattimento”. Insomma, se credete che ci siano argomenti su cui è meglio non scherzare, se trovate di cattivo gusto battute come “L’olocausto. È successo!” o “Perché tutti i Presidenti sono stati uomini e dovremmo continuare così”, allora questo non è decisamente il film che fa al caso vostro. 

È indiscutibile però che ci voglia coraggio per fare quello che Emma Seligman e Rachel Sennott hanno fatto con Bottoms, e soprattutto una discreta dose di talento, perché l’umorismo non è certamente fine a se stesso, ma inserito, come sottolineato precedentemente, all’interno di una pellicola che mette al centro della propria narrazione la violenza di genere, argomento tristemente attuale.

È proprio la violenza, infatti, a ricoprire un ruolo fondamentale in Bottoms, perché da una parte è il mezzo attraverso il quale le ragazze possono esprimere liberamente la propria rabbia repressa e, dall’altra, in un’evidente satira sociale, diventa paradossalmente ciò che rende desiderabili PJ e Josie. Anticonvenzionale certo, ma non così lontano da una realtà in cui bad boy è sinonimo di attraente. Emma Seligman non edulcora questa violenza, e così facendo compie probabilmente la scelta più sovversiva che potesse fare, trovando la perfetta sintesi di Bottoms in un finale forse meno profondo e convincente dello sperato, ma divertente e coerente con quel sentimento rivoluzionario che caratterizza il film dalla prima inquadratura. 


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Sono Filippo, ho 22 anni e la mia passione per il cinema inizia in tenera età, quando divorando le videocassette de Il Re Leone, Jurassic Park e Spider-Man 2, ho compreso quanto quelle immagini che scorrevano sullo schermo, sapessero scaldarmi il cuore, donandomi, in termini di emozioni, qualcosa che pensavo fosse irraggiungibile. Si dice che le prime volte siano indimenticabili. La mia al Festival di Venezia lo è stata sicuramente, perché è da quel momento che, finalmente, mi sento vivo.

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