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Brick film recensione

Brick – Dose Mortale, il film dimenticato di Rian Johnson

5 minuti di lettura

Il 17 dicembre 2023 ha compiuto 50 anni Rian Johnson, regista di cui, a dire il vero, si parla poco. Eppure negli ultimi tempi i è cimentato in grandi imprese: ha preso le redini di una saga del calibro di Star Wars, dirigendone il capitolo Gli Ultimi Jedi nel 2017, ed è riuscito a portare al cinema, sul grande schermo, delle opere atipiche per i giorni nostri.

Così ha realizzato Knives Out (nel 2019) e poi Glass Onion – Knives Out (2022). Due gialli super chic, dove a reggere il gioco, oltre al glamour delle immagini e degli attori, è senza ombra di dubbio la qualità della storia. Ma dove è iniziato tutto? Come sempre, da un’opera prima, un film oggi semisconosciuto, sebbene necessario: Brick – Dose Mortale.

Brick dose mortale

Brick, l’inizio di una carriera

No, questa volta non c’è niente di “perfettino”. Nessun capello biondo pettinato, come quello Daniel Craig in Glass Onion. Non c’è nessun fazzoletto colorato intorno al collo (sempre Craig). E allo stesso tempo, non ci sono personaggi dai costumi sfarzosi ed eleganti. Niente piscina e niente cena lussuosa. Brick trova casa in una provincia anonima degli Stati Uniti a metà degli anni 2000. È uno di quei luoghi dispersi tra i cinquanta stati a stelle e strisce, dove tutto è immenso, eppure noioso e vuoto. A vederlo oggi, sembra un ribaltamento totale rispetto agli ultimi film firmati da Rian Johnson.

Eppure, esiste un filo conduttore che riesce a legare l’intera carriera del regista. E se non è l’immagine, può essere solamente il racconto.

Brick Rian Johnson

Brick – Dose Mortale è un thriller, o meglio ancora un true crime, che debutta al Sundance Film Festival nel 2005, facendo ritorno con un premio, quello speciale della giuria “per l’originalità della visione”. E di originale qui, in effetti, c’è molto. Una storia difficile, in tutti i sensi, una sceneggiatura destinata a fare scuola e delle immagini che rimangono impresse. Un vero e proprio cult del cinema, ma perché non se ne sente mai parlare?

Brick sembrerebbe essersi impigliato in quel calderone in cui rimangono ostaggi alcune opere prime di registi destinati a fare la storia. D’altronde, tutti conoscono le famose opere di Wes Anderson, in pochi conoscono (e hanno visto) Bottle Rocket: anche lui è bloccato lì, in quello stesso calderone. Bisogna però sottolineare una differenza. Se Bottle Rocket dà l’impressione di essere il lavoro di un regista alle prime armi, Brick offre una sensazione completamente opposta.

Un film che vale (letteralmente) cinquant’anni. La concretezza del racconto – innovativo, seppur con qualche ispirazione venuta dal passato, qualche accenno alla destrutturazione tarantiniana che colpisce già dalla prima scena, e un cauto ammiccamento anche al Dogma 95 di Lars von Trier e Thomas Vinterberg – è la chiave.

Un omicidio e le sue classiche domande. Chi è stato? Perché?

Brick inizia con un omicidio, e da lì si va avanti. O meglio, prima si torna indietro, per poi andare avanti. Ma cerchiamo di mantenere un filo temporale: il protagonista Brendan Frye (Joseph Gordon-Levitt), liceale timido e solitario, riceve un’allarmante telefonata dalla sua ex fidanzata, che chiede aiuto. Brendan si mette alla sua ricerca, ma lei è scomparsa. Inizia da qui l’intreccio di storie, di personaggi (secondari e non) e di vicende che porteranno a una (anche più di una) tragica scoperta. Bisogna scoprire chi, come e perché. Brendan lo vuole scoprire, e viene così inghiottito in un vortice malato che lo risputerà fuori completamente logorato.

La trama in fin dei conti non è nuova, riuscire a fallire in questi casi è semplice. Ma Brick non è un film già visto, e soprattutto non è un film rivisto. Nessuno, nel corso di questi diciotto anni, è riuscito avvicinarsi; nonostante il genere abbia vissuto un exploit mica male. Ma l’originalità, a quanto pare, non la si può copiare e non si consuma con gli anni.

La prova di ciò ci viene offerta dal fatto che Brick – Dose Mortale è in streaming sulla piattaforma Prime Video. Correte a vederlo!


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Toscano, classe ’98. Il mio spirito guida è Marcello Rubini, la mia migliore amica la penna. Il mio motto: “Voler sapere per poter raccontare”. In breve, aspiro al giornalismo

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