Ci sono dei film che irrompono nella storia del cinema per la loro natura – atipica, folle, rivoltosa più che rivoluzionaria. Ci sono dei film che restano nell’immaginario collettivo perché diversi da qualsiasi cosa fatta in precedenza, con storie artistiche e produttive talmente caotiche da renderli irripetibili anche in futuro. Così si crea un unicum cinematografico. Così nasce un cult maledetto. È la storia di Caligola, il film del 1979 diretto da Tinto Brass e scritto da Gore Vidal, il cui risultato finale fu rinnegato da entrambi.
Una produzione costruita su visioni opposte
L’idea di Caligola nacque dalla penna di Gore Vidal (Ben-Hur, Improvvisamente l’estate scorsa), che scrisse la sceneggiatura per una miniserie televisiva destinata alla regia di Roberto Rossellini; il progetto non andò in porto, così si interessò al soggetto il produttore Franco Rossellini, nipote del maestro del cinema neorealista. La produzione da televisiva divenne cinematografica, e il genere del film cambiò radicalmente con l’entrata in scena di Bob Guccione (fondatore di Penthouse), co-produttore che scelse la via dell’erotismo e che stravolse dunque la prima stesura di Vidal.
Per la regia venne scelto Tinto Brass, già autore cardine del cinema erotico italiano, ma con la predilezione per scene softcore, quindi qualcosa che non era assolutamente nei piani di Bob Guccione. Inizia così un’odissea di visioni diametralmente opposte, una battaglia di personaggi dai caratteri forti costretti a lavorare allo stesso progetto, ma dove ognuno desiderava un risultato completamente diverso.
A Brass non convinceva la sceneggiatura di Vidal, rimaneggiata più volte per avvicinare sempre di più la sua idea iniziale a qualcosa di estremamente più spinto; a Guccione non convincevano le scene di sesso non esplicite di Brass, poco appetibili per il pubblico che voleva raggiungere (quello di Penthouse). Intanto il regista affrontava numerosi problemi sul set, tra continue modifiche in corso d’opera alla sceneggiatura e divergenze con produzione e interpreti con il conseguente abbandono di Maria Schneider (inizialmente nel cast).
Di Gore Vidal alla sceneggiatura restava ben poco – forse solo la firma – motivo per cui venne apertamente disconosciuta dallo scrittore che non voleva più averci niente a che fare. Di Tinto Brass, nonostante tutto, nel film c’era tanto. Anzi, diventando sceneggiatore non accreditato e dovendo “salvare” una produzione allo sbando, la sua inventiva e le sue abilità tecniche vennero fuori, dando al film una buona accoglienza perlomeno sul piano artistico.
Ma si sa che la storia la fanno i vincitori – o meglio: chi ha il potere di essere il vincitore. Guccione infatti escluse il regista dal montaggio finale, nel quale inserì nuove scene (non girate da Brass) ben oltre lo spirito erotico softcore che da quel momento dominava il film. Caligola entrò in sala di montaggio come un film storico erotico e ne uscì come un film storico pornografico.
Così anche Brass rinnegò il risultato finale, ma la pellicola ne guadagnò in fama, diventando uno dei film scandalo più celebri della storia del cinema.
Caligola, quando il kolossal incontra l’eccesso
Quel che rende Caligola un film ancora oggi unico nel suo genere è l’essere diventato un simbolo del cinema degli eccessi pur essendo un kolossal con un budget elevato e nomi di spicco nel cast e nella crew.
Alla sceneggiatura il nome di Vidal, associato al film più premiato di sempre fino a quel momento (Ben-Hur); al montaggio Nino Baragli, che ha lavorato ad alcuni dei film più belli di Pier Paolo Pasolini e Sergio Leone; alle scenografie e ai costumi il due volte premio Oscar Danilo Donati, storico collaboratore di Pasolini, Fellini e Zeffirelli; nel cast Malcolm McDowell (qualche anno dopo la sua storica interpretazione in Arancia Meccanica) e i premi Oscar Peter O’Toole (Lawrence d’Arabia) e una giovane Helen Mirren (Il ladro, il cuoco, sua moglie e l’amante, The Queen, Gosford Park). È anche grazie a questi pezzi da novanta se il film risulta artisticamente valido nonostante un processo produttivo e post-produttivo delirante.
Se vogliamo, un fenomeno simile è localizzabile nella filmografia di Lars von Trier – più precisamente nel suo Nymphomaniac – ma un film di questo tipo nel contesto del cinema d’essai risulta meno rumoroso e surreale rispetto a un film dalla potenza produttiva di Caligola.
Sangue e sperma su un’opera magniloquente
Tinto Brass gira un’opera che nella sua impersonalità risulta comunque fortemente coerente con se stessa. Non c’è miglior modo di illustrare l’abuso di potere se non quello di mostrare la decadenza morale all’interno della magnificenza materiale. Le scenografie gargantuesche sono teatro di brutali omicidi, torture e stupri. Il sangue viene versato quasi per gioco, per intrattenere il sovrano e per ribadire un potere assoluto che va oltre la cattiveria, raggiungendo la follia da delirio d’onnipotenza.
Il film non condanna mai esclusivamente Caligola, ma il potere intrinseco nel ruolo dell’Imperatore, inizialmente appartenente a Tiberio, visibilmente consumato da malattie veneree e che all’inizio del film guida il protagonista nel suo tetro regno di lussuria: Caligola ancora innocente sembra attraversare l’Inferno dantesco, guidato non da Virgilio ma da Lucifero in persona, pronto a lasciargli un trono macchiato di sangue e sperma.
Il sesso messo in scena diventa sempre più eccessivo, come una rappresentazione del dominio del tiranno sempre più incontrollabile. Caligola è assetato di lussuria, eccitato più dal proprio potere che dagli atti sessuali, un personaggio che trova la sua massima soddisfazione erotica nel possedere le persone più che i corpi. I suoi rapporti carnali non sono mai sensuali né paritari, vi è solo un’evidente sottomissione fisica fondata sull’autorità del sovrano.
Interessante è anche il modo in cui sono scritti i personaggi dei sottoposti di Caligola, complici dei suoi abusi, divertiti dalla sua pazzia, ma solo fin quando questa non raggiunge un livello tale da ritorcersi contro di loro. Nel ruolo del protagonista un magnetico Malcom McDowell, che a quanto si dice mise mano al copione tanto quanto Brass. Un ruolo memorabile, che come dichiarato da Leonardo DiCaprio fu la più grande ispirazione per la sua interpretazione in The Wolf of Wall Street, che divenne uno dei ruoli più iconici del cinema contemporaneo.
Caligola, un film di tutti e di nessuno
Ma quindi cosa resta oggi di questo film? Almeno sei versioni diverse hanno visto la luce, eppure nessuna soddisfa tutte le persone che vi hanno lavorato.
Caligola è ancora oggi un film unico nel suo genere in quanto deve fama e infamia alla guerra interna di chiunque vi abbia lavorato. L’idea di Gore Vidal e la fiducia di Franco Rossellini nella pre-produzione, la regia sapiente di Tinto Brass lo ha reso valido sul piano artistico, il montaggio finale di Bob Guccione lo ha reso un film scandalo; le scenografie di Danilo Donati lo hanno reso un film grandioso, l’interpretazione totale, carismatica e improvvisata di Malcolm McDowell lo hanno reso indimenticabile.
Ad oggi è difficile dire con chiarezza di chi sia Caligola. È un film di tutti e di nessuno. Quel che è certo è che il marasma orgiastico che ne è scaturito lo ha reso il fenomeno che è oggi. E senza un solo contributo dei personaggi coinvolti su citati, questo film maledetto non avrebbe avuto lo stesso successo né lo stesso fascino assurdo.
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