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Cantando sotto la pioggia Copertina

Cantando sotto la pioggia, il capolavoro di Stanley Donen

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6 minuti di lettura

Il 13 aprile 1924 nasceva il regista e coreografo statunitense Stanley Donen, il padre dell’iconico musical Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the Rain, 1952). Sebbene Donen in realtà si sia mosso anche in generi diversi, come per esempio in Sciarada (Charade, 1963) − a metà tra il giallo, il sentimentale e la commedia − il musical costituisce in larga parte la sua filmografia ed è legato a doppio filo con la sua carriera.

D’altronde Donen esordisce dietro la macchina da presa proprio con un musical, Un giorno a New York (On the town, 1949), in cui tre marinai (Frank Sinatra, Gene Kelly, Jules Munshin), sbarcano a New York per un giorno in licenza, pieno di romanticismo, energia e vivacità urbana; non solo, Donen per molti ha anche segnato il tramonto del genere musical col suo È sempre bel tempo (It’s Always Fair Weather, 1955). Non è un caso che tutti e tre questi film sono diretti insieme al talentuosissimo Gene Kelly, protagonista assoluto del panorama musical di quegli anni.

Cantando sotto la pioggia Cyd Charisse

Il 10 aprile del 1952 esce nelle sale statunitensi Cantando sotto la pioggia, un capolavoro destinato a diventare un capostipite del suo genere e uno dei film più celebrati di sempre.

Il passaggio dal muto al sonoro

Cantando sotto la pioggia Cosmo Kathy Don

Don Lockwood (Gene Kelly) è un famoso attore del cinema muto; insieme a Lina Lamont (Jean Hagen), forma la più celebre coppia cinematografica del momento. Divinità in celluloide, bagliori negli occhi del pubblico urlante di Hollywood, la loro immagine è tanto costruita sullo schermo quanto lo è al di fuori, ed è proprio questa a essere ben presto messa a repentaglio: siamo alla fine degli anni ’20 e una profonda trasformazione sta per investire Hollywood, l’avvento del sonoro.

La rivoluzione tecnologica che scuote Hollywood permette un delizioso gioco ironico che dispiega tutte le complicazioni iniziali che hanno accompagnato questa mutazione. Oltre a Lina Lamont, che si dimostra completamente inadatta al sonoro, con la sua voce stridula e la dizione sprecisa, le gag sui problemi tecnici sono altrettanto divertenti: voci distanti, dialoghi fuori sincrono, collane e vestiti che grattano sul microfono. L’universo comico di Cantando sotto la pioggia è rinsaldato anche dalle performance di Donald O’Connor, con coreografie al limite tra il virtuosismo, il divertissment e lo slapstick. La sua sequenza più iconica rimane quella di ‘Make ‘em laugh’, evidentemente ripresa da ‘Be a clown’ di Cole Porter presente nel bellissimo musical dell’anno precedente Il Pirata (The Pirate, Vincente Minnelli, 1948).

Don Lockwood e Kathy Selden in Cantando sotto la pioggia

Cantando sotto la pioggia Don Kathy

Intorno alla dimensione comica prende piede la storia d’amore tra Don Lockwood e Kathy Selden (Debbie Reynolds). La matrice romantica della storia dà vita alle più belle sequenze di Cantando sotto la pioggia, tra cui ‘You were meant for me’, la dichiarazione d’amore di Lockwood, che nell’atmosfera da sogno comunque non si esime dal gioco metacinematografico, con la costruzione della messa in scena che passa direttamente dalle mani di Kelly, assumendo per qualche istante il ruolo vicario del regista, in una celebrazione del potere del cinema.

Le sequenze musical di Cantando sotto la pioggia, oltre la tradizione del ‘putting on a show’ musical, non sono mai di scena (nel senso di giustificazione narrativa) ma prendono vita nella quotidianità dei personaggi. Anche la tradizione del ballo è rivitalizzata: l’esempio più eblematico è quando Gene Kelly danza sotto la pioggia e il rumore del tip tap assume forme nuove e suoni inediti nell’acqua delle pozzanghere.

Un musical ottimista per guardare al futuro

Cantando sotto la pioggia Gene kelly Don Lockwood

Oltre la storia − che è per lo più abbastanza semplice − e al gioco metacinematografico, la grandezza di Singin’ in the rain passa evidentemente per le meravigliose sequenze musical, in cui s’intrecciano le musiche di Nacio Herb Brown, la fotografia vivace e nostalgica di Harold Rosson, il senso del movimento di Stanley Donen, con la vertigine dei dolly e dei crane shot, e, last but not least, il vitalismo di Gene Kelly.

Straordinario ed energico in ogni coreografia, Kelly è il volto ridente di un ottimismo post Seconda Guerra Mondiale, di una post-war euphoria che brama un nuovo inizio: è lo stesso Kelly a cantare “i’m happy again” nella sequenza più celebre di Cantando sotto la pioggia: più che un sentimento nuovo, si tratta di uno stato d’animo restaurato che guarda al futuro con ottimismo trasognante.


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Classe 1998, nato a La Spezia. Laureato in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione a Pisa e attualmente studente di Cinema, Televisione e Produzione Multimediale a Bologna. Sono appassionato di cinema sin da piccolo e scrivere mi aiuta a fare chiarezza su ció che guardo (quasi sempre).

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