Si avvia alla conclusione la seconda edizione del Ce l’ho Corto Film Festival, organizzato dall’Associazione Culturale Kinodromo. Gli ultimi nove cortometraggi in concorso sono stati resi disponibili in streaming il 28 novembre, come sempre dalle 18 per le successive 24 ore sulla piattaforma OpenDDB. Come media partner dell’evento, NPC Magazine ha continuato e continuerà a seguire il Festival, che si fa sempre più ricco e variegato.
Ad arricchire la quarta giornata è stata l’attenzione al lato produttivo, presente sia durante il Talk Short del mattino, sia durante il talk coi registi delle 21. Durante il Focus Industry sono stati presentati due progetti in fase di sviluppo, entrambi ideati da autori under30. Francesco Rubattu e Roberta Palmieri hanno parlato di Pesce Siluro, mentre Roberta Martinelli ha introdotto Sa Sùrbile. Il primo esplorerà il tema della colpa attraverso la storia di una donna imprigionata nella monotonia, che dovrà chiedersi se sia lecito vedere una via d’uscita nello sguardo di un ragazzo minorenne. Sa Sùrbile è invece un horror dai toni drammatici, che si concentra sulla paura della maternità, intrecciandola con la storia di una strega-vampiro.
Tre professionisti del settore, Elisabetta Lodoli, Caterina Salvadori e Adriano Sforzi, hanno valutato i lavori e dato suggerimenti per migliorarli (la prima in quanto scrittrice e regista, la seconda in quanto sceneggiatrice, il terzo come produttore).
Ce l’ho Corto, tra fantascienza e vampiri
Il Festival continua a regalare piacevoli sorprese, stavolta proponendo un terzetto di corti molto diversi tra loro. Medusa (Antar Corrado, Italia, 2020, 10’21’’) è una storia di fantascienza ambientata in un futuro in cui la tecnologia ha sostituito persino i genitori. Biologia e intelligenza artificiale si intrecciano quando la protagonista, ormai cresciuta, cerca di trasferire la propria coscienza nel corpo di un’immortale medusa. Come ci ha spiegato il regista nel talk delle 21, si vuole mostrare il lato positivo dell’intelligenza artificiale. Nonostante il corto sia davvero apprezzabile, appare subito evidente che servirebbe un lungometraggio per esplorare tutte le potenzialità del soggetto. È dello stesso parere anche il regista, che sta già scrivendo una sceneggiatura per un possibile film (che ci auguriamo di vedere presto, servirebbe un po’ di fantascienza italiana).
Si prosegue con The Hermit in the Night (Rodolfo Lissia, Italia, 2019, 14′), in cui la macchina da presa osserva Orfeo, flâneur postmoderno, che vagabonda nella notte berlinese. Tra musica elettronica e luci al neon, assistiamo ad una riflessione sull’esistenza che non è difficile comprendere. Infine Night Embers (Laurent Saint-Gaudens, Francia, 2020, 7’24’’), un Solo gli amanti sopravvivono (Jim Jarmush, 2013) concentrato in una nottata (l’ultima per i due protagonisti vampiri che attendono la morte all’alba) e immerso in un’atmosfera fumosa e colorata. Pochissimi minuti, nei quali la regia sperimentale racchiusa in un peculiare formato 1:1 e unita a trucco e costumi dei protagonisti ci trasporta con sorprendente successo in un mondo altro.
Sezione Internazionale: gli outsider al Ce l’ho Corto Film Festival
È la fotografia a fare da padrona in questa serata del Festival. I colori saturati di Archibald’s Syndrome (Daniele Perez, Francia, 2019, 20’) si adattano ai toni del corto, che ci catapulta in un’atmosfera vagamente western, ironica, d’ispirazione tarantiniana, per raccontarci la vita di un ragazzo con una curiosa maledizione che lo costringe a vivere lontano dalla società. Una trama originale, che fa sorridere ma anche commuovere. Gelidi e grigi invece i toni di Eggshell (Ryan William Harris, Italia, 2020, 13’40’’), delicata incursione nella vita di un bambino irlandese con una situazione familiare difficile, che per difendersi dal mondo ha deciso di costruirsi un copricapo robotico.
Anche in El silencio del Rio (Francesca Canepa, Perù, 2020, 14’) il protagonista è un bambino. Stavolta è Juan, che in una casa galleggiante sul Rio della Amazzoni e si avventura in un viaggio onirico nella foresta. Ecco un altro corto in cui la fotografia, insieme alla natura, creano un effetto magico e straniante, che ricorda il thailandese Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (Apichatpong Weerasethakul, 2010). Per ultimo, Cynthia (Jack Hickey, Irlanda, 2019, 17′). Un po’ come in Perfetti Sconosciuti (Paolo Genovese, 2016), una cena tra vecchi amici riapre ferite mai rimarginate, ma dà alla protagonista Cynthia l’occasione di lasciare andare il doloroso passato.
Animazione, minimalismo e cura del dettaglio
Arriviamo agli ultimi tre cortometraggi del Festival e della nuova categoria dedicata al cinema d’animazione. Da un lato due lavori minimalisti ed efficaci, dall’altro il progetto di un’illustratrice e incisore francese. Kids (Michael Frei, Svizzera, 2019, 9’) si affida al bianco e nero e ad un tipo di disegno stilizzato per mostrare le dinamiche di gruppo: come essere sé stessi, come riuscire a definirsi, in un mondo in cui siamo tutti uguali? Più colorato il mondo di Intermission Expedition (Wiep Teeuwisse, Paesi Bassi, 2019, 8’21’’), che segue la surreale e inquietante avventura di un gruppo di turisti che lasciano la frenetica città per riscoprire la bellezza del qui ed ora.
Molto più complesso il risultato ottenuto da Marion Lacourt in Sheep, Wolf and a Cup of Tea… (Francia, 2019, 12’11’’), un corto portato a termine in cinque anni e che si serve di pittura su vetro e su celluloide. È un vero e proprio libro illustrato che prende vita sullo schermo e ci accompagna nel sogno di un bambino. Un vero gioiello.
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