A differenza del regista o dell’attore – due figure che con maggiore facilità trovano spazio nella cultura popolare, – lo sceneggiatore è il più delle volte destinato ad essere smarrito tra i titoli di coda, fino al momento in cui imbraccia la macchina da presa e si dà alla regia. Charlie Kaufman non ha subito questa sorte: il suo era un nome noto ben prima degli esperimenti registici. Kaufman è sulla bocca di molti da almeno due decenni, complici la critica che ne tesse le lodi e quel pubblico di cinefili che ha innalzato Se mi lasci ti cancello (Michel Gondry, 2004) ad opera cult.
Ma che cosa rende così unico l’immaginario che questo sceneggiatore sa creare? Non fatevi spaventare da chi parla dei lavori di Kaufman come di una matassa ingarbugliata scritta sotto stupefacienti, piuttosto, lasciatevi trasportare dalla nostra guida alla filmografia.
Essere Charlie Kaufman: di chi stiamo parlando?
“Mentre alcuni dei bambini del vicinato lanciavano sassi ai gatti, Kaufman leggeva Fahrenheit 451 di Ray Bradbury e Il signore delle mosche di William Golding”, scrive Doreen Alexander Child nella monografia dal titolo Charlie Kaufman: Confessions of an Original Mind (2010).
Nato nel 1958 in un sobborgo di New York e cresciuto in una famiglia colta di tradizione ebraica (dalla quale ha ereditato l’umorismo alla Woody Allen), Charlie fu, in effetti, un bambino precoce. Si appassionava a tematiche sofisticate, era curioso e leggeva molto.
Incredibilmente, la vita di Charlie Kaufman fu stravolta da una recita scolastica e da una brava maestra, che intravide un guizzo fuori dal comune in quello che all’epoca era poco più di un bambino. Su consiglio dell’insegnante, Charlie si esercitò nella scrittura creativa e si avvicinò alla recitazione. Il suo debutto da attore avvenne, appunto, in una recita scolastica, con l’interpretazione di un galletto capace di suscitare grasse risate tra i piccoli spettatori. La risposta del pubblico alla performance fu un’illuminazione per Charlie. Silenzioso e timido, si accorse che avrebbe potuto esprimersi stando su un palcoscenico e facendo ridere la gente (cosa buffa, visto che Kaufman porta ancora oggi l’etichetta di intellettuale introverso votato ad una produzione elitaria).
La passione per la scrittura e per la recitazione spinse Kaufman a perseguire una carriera nell’ambito dello spettacolo, studiando in un primo momento all’Università di Boston, poi a quella di New York. Passò la giovinezza a scrivere di tutto, prosa e non, soprattutto drama e comedy. Negli anni ’80, Kaufman viveva a Minneapolis, ben lontano dalla gloria hollywoodiana, ma era ancora intento a coltivare il suo sogno. Dimenticate la storia del genio che ascende rapidamente al successo, quella di Charlie Kaufman è stata una scalata impervia, fatta di sacrifici, insistenza, sceneggiature che non hanno mai visto la luce, estenuanti attese e un pizzico di fortuna.
Il grande salto avvenne nel 1991, con il trasferimento ad Hollywood, dove Kaufman iniziò a sceneggiare episodi di sitcom. All’inizio degli anni ’90, però, uno script di Kaufman finì tra le mani di Francis Ford Coppola, che ne rimase colpito e lo propose all’allora suocero Spike Jonze, considerato un visionario regista di videoclip musicali. Nacque così Essere John Malkovich (1999), il primo vero successo di Kaufman, il quale lavorerà di nuovo con Jonze per Il ladro di Orchidee (2002).
Il vaso di Pandora fu aperto e Kaufman cominciò a farsi conoscere. Nel 2001 arrivò la collaborazione con un altro esperto di videoclip, Michel Gondry, che portò sullo schermo Human Nature (2001) e l’amato Se mi lasci ti cancello (2004). Nel 2008, Kaufman iniziò ad occuparsi della regia dei suoi film. Nel 2015, si affacciò al mondo dello stop-motion con Anomalisa, premiato film d’animazione che segue le vicende di un uomo depresso e nevrotico.
Ma veniamo a noi: come muoversi in una filmografia contenuta ma costellata di successi? Ecco i film che vi consigliamo di tenere d’occhio!
Con cosa iniziano tutti: Eternal Sunshine of the Spotless Mind
Anno: 2004
Durata: 108′
Interpreti: Jim Carrey, Kate Winslet, Tom Wilkinson, Mark Ruffalo, Elijah Wood, Thomas Jay Ryan, Kirsten Dunst, Jane Adams, David Cross
Idolatrato dai cinefili dell’ultima ora, premiato con l’Oscar alla miglior sceneggiatura originale nel 2005 e arrivato in Italia con il disgraziatissimo titolo Se mi lasci ti cancello, Eternal Sunshine of the Spotless Mind è diventato rapidamente un cult, un po’ per l’atmosfera onirica che trasuda, un po’ per l’universalità del tema trattato (l’amore). Kaufman vuole esplorare la psiche umana – il suo argomento preferito – quando è chiamata ad affrontare la dolorosa fine una storia d’amore. Lo fa a modo suo: sovvertendo i piani temporali, inserendo elementi tra il fantastico e il fantascientifico, mixando i generi cinematografici. Nella relazione disastrosa e bellissima dell’impulsiva Clementine (Kate Winslet) e del malinconico Joel (Jim Carrey), lo spettatore riconosce inevitabilmente frammenti della propria vita.
Eternal Sunshine of the Spotless Mind è un gioiellino che vale la pena recuperare, ma se siete qua è probabile che il vostro amico amante del cinema vi abbia già costretto a vederlo, perché per mesi vi ha tormentato con questo consiglio. Allora, passiamo ad una valida alternativa, ben più utile se si vuole capire subito cosa si cela nella mente di Kaufman.
Con cosa vi consigliamo di iniziare: Essere John Malkovich
Anno: 1999
Durata: 108′
Interpreti: John Cusack, Cameron Diaz, Catherine Keener, Orson Bean, Mary Kay Place, Charlie Sheen, John Malkovich, Sean Penn, Brad Pitt, David Fincher, W. Earl Brown, Carlos Jacott
“Perché questo tizio mi odia?” si chiese John Malkovich di fronte ad una sceneggiatura nella quale un burattinaio trova un portale per entrare nella sua testa. Il primo incontro tra Kaufman e Malkovich fu una sorta di controllo di sicurezza piuttosto che un confronto sullo script. Era necessario, innanzitutto, assicurarsi che lo sceneggiatore non fosse uno stalker (cosa resa difficile da una straordinaria coicidenza: all’epoca, Malkovich viveva al civico 7 e ½, lo stesso numero scelto da Kaufman per il piano sul quale si trova l’ingresso alla testa di Malkovich). Affascinato dal soggetto messo su carta da Kaufman, Malkovich, dopo un’iniziale riluttanza, accettò di interpretare sé stesso pur di vedere lo script realizzato.
Essere John Malkovich è il punto di partenza perfetto per accedere all’immaginario di Charlie Kaufman. Ci sono personaggi alla ricerca di sé stessi, che finiscono per fare del male al prossimo mentre tentano di risolvere le loro crisi esistenziali (non stupisce che tra le fonti d’ispirazione di Kaufman ci sia il pirandelliano Sei personaggi in cerca d’autore).
Kaufman, sempre maestro dell’introspezione psicologica, scava nelle ambizioni, nelle fragilità, nelle incertezze dell’animo umano. Cosa si prova ad essere nella pelle di un’altra persona (John Malkovich!), a vedere e sentire quello che lei vede e sente? Cosa siamo disposti a fare pur di avere la parvenza di essere amati e realizzati?
Lo snodo centrale dei film di Kaufman è quasi sempre la verità, intesa non come un assoluto a cui anelare ma come autenticità del reale. Impugnare una pala e scavare, mettere a nudo, smascherare: sono queste le armi che lo sceneggiatore sceglie di impiegare. Se si decide si stare al suo gioco, si avrà raramente un lieto fine.
Con cosa proseguire: Human Nature
Anno: 2001
Durata: 92′
Interpreti: Tim Robbins, Patricia Arquette, Rhys Ifans, Miranda Otto, Rosie Perez, Peter Dinklage, Hilary Duff
Nascosto in un angolo nel corpus di opere di Kaufman, ecco Human Nature. Un film dall’aria antiquata, quasi posticcia. Eppure, è una finestra sul mondo di Kaufman che ha ancora qualcosa da dire, perciò non sottovalutatelo.
In Human Nature, le convenzioni sociali, incarnate dal bon ton, si scontrano con la natura umana, oggi infarcita di buone maniere ma, in fondo, ancora animalesca e bramosa di libertà. Ecco che Kaufman riprende in mano la sua pala e scava ancora: in Essere John Malkovich, aveva già stabilito che, se potessimo cambiare corpo per soddisfare le nostre velleità, lo faremmo, ma … se non potessimo? Quanto modificheremmo di noi stessi per compiacere gli altri e riconoscerci nel crudele mondo civilizzato? Lila (Patricia Arquette), colpevole di essere troppo pelosa (quindi al pari di una bestia), si depila interamente per essere appetibile agli occhi del sesso opposto e avere l’opportunità di uscire con un uomo. Puff (Rhys Ifans), cresciuto tra gli alberi come le scimmie, è disposto a sottomettersi agli esperimenti di laboratorio e a imparare il galateo per avere l’occasione di stare in società.
Il sesso funge – qui più che in altri film di Kaufman – da chiave di volta, in quanto residuo dell’istinto primordiale impossibile da nascondere. Più in generale, il corpo, fisicamente accessibile in Essere John Malkovich, qua è indagato in quanto mezzo di comunicazione tra noi e l’esterno.
Per innamorarsi: Il ladro di orchidee
Anno: 2002
Durata: 114′
Interpreti: Nicolas Cage, Meryl Streep, Chris Cooper, Cara Seymour, Brian Cox, Tilda Swinton, Ron Livingston, Maggie Gyllenhaal, Judy Greer, John Malkovich
Sembra che Charlie Kaufman dia il meglio di sé quando scrive una sceneggiatura su una sceneggiatura. Lo fece per la prima volta con Il ladro di orchidee, un saggio di Susan Orlean che proprio non si prestava al grande schermo. Così, la soluzione fu: fare un film sul blocco dello scrittore, sull’adattamento cinematografico e sul processo che porta lo sceneggiatore a trasformare un libro in un film. È l’inflazionato metacinema, che, se fatto bene, ha sempre il suo fascino. Per fortuna, Kaufman possiede la straordinaria capacità di creare strutture narrative stratificate e brillanti.
Il ladro di orchidee diventa, quindi, un’autobiografia in cui Charlie (interpretato da un sorprendente Nicolas Cage) si prende in giro e si mette a nudo in prima persona. Crea addirittura un suo gemello aspirante sceneggiatore, che incarna tutto ciò che lui rifugge negli script (gli inseguimenti in auto, le sparatorie, le morti cruente, le atmosfere hollywodiane) e che, ironicamente, finisce con l’abbracciare nella seconda parte del film. Ad adattarsi (Adaptation è il titolo originale del film) non sono solo i libri, allora, ma anche le persone, che si piegano sotto al peso del cambiamento necessario, proprio come orchidee, tentando di non spezzare né il proprio credo né la propria fragile psiche.
Se volete innamorarvi davvero della scrittura di Charlie Kaufman, Il ladro di orchidee è il film giusto per voi, perché racchiude, probabilmente, un grosso pezzo della sua vita.
Per chi ne vuole ancora: Synecdoche, New York
Anno: 2008
Durata: 124′
Interpreti: Philip Seymour Hoffman, Catherine Keener, Michelle Williams, Samantha Morton, Jennifer Jason Leigh, Hope Davis, Tom Noonan, Emily Watson, Dianne West, Paul Sparks
Sulla scia di Il ladro di orchidee, Charlie Kaufman ha scritto (e diretto, stavolta) Synecdoche, New York. Di nuovo, sembra di essere di fronte ad un’autobiografia. Al limite del surreale, lo script gioca con il cinema, realtà e finzione si mischiano quando uno sceneggiatore (Caden Cotard, interpretato dal compianto Philip Seymour Hoffman) mette in scena un lunghissimo spettacolo sulla sua vita, che procede di pari passo alla stessa. La farsa deve essere brutalmente autentica, e lo è al punto che i personaggi sono più veri delle persone.
Qui, il pessimismo di Kaufman raggiunge la completezza: l’angoscia esistenziale che permea ogni sua opera si spinge fino al terrore di fronte alla morte, la prima preoccupazione dell’ipocondriaco, malinconico Caden. Ma, proprio come implicato dalla figura retorica della sineddoche, la crisi psicologica di Caden è universale, così come lo è il decadimento, la lenta avanzata verso la fine dell’esistenza. Synecdoche, New York non è un film facile da digerire e può non piacere, perché è il frutto di un Kaufman molto cerebrale, al limite dell’eccesso, ma sa ancora fermarsi al momento giusto.
Con cosa non iniziare: Sto pensando di finirla qui
Anno: 2020
Durata: 134′
Interpreti: Jesse Plemons, Jessie Buckley, Toni Collette, David Thewlis, Guy Boyd, Colby Minifie, Jason Ralph
L’ultima fatica di Charlie Kaufman è approdata su Netflix non molto tempo fa. Anche in questo caso, sia la regia sia la sceneggiatura sono opera sua. Nonostante il buon riscontro della critica, Sto pensando di finirla qui non è il film più indicato per approcciarsi alla filmografia di Kaufman. La questione esistenziale, certo, è al suo massimo livello (il film si svolge, in pratica, nella mente della sua protagonista). I piani temporali si intersecano e l’atmosfera si fa surreale, onirica. Senza dubbio, il risultato è affascinante e la confezione è appetitosa.
Ma, a ben guardare, Sto pensando di finirla qui è una sorta di flusso di coscienza del suo autore, che procede spedito come un fiume in piena, senza alcuna mano esterna ad arginarne le idee. Nel tentativo di mettere su schermo la psiche umana e i suoi turbamenti, il film pecca di uno pseudo-intellettualismo ridondante e quasi noioso, perché sostanzialmente privo di scopo.
L’aria che si respira è quella inconfondibile del cinema di Charlie Kaufman, ma scegliere questo film come porta d’ingresso alla filmografia dell’autore può riuscire piuttosto ostico. In fin dei conti, il canale d’accesso a John Malkovich resta la via più tranquilla per entrare nella mente di Kaufman.
In copertina: Artwork by Alessandro Cavaggioni
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