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Che – L’argentino e la grande interpretazione di Benicio del Toro

10 minuti di lettura

Benicio del Toro nasce il 19 febbraio del 1967 a Porto Rico, precisamente nella città di San German. È conosciuto da molti per essere uno dei migliori attori in circolazione. Il palmares vanta titoli quali un Premio Oscar come miglior attore non protagonista nel film Traffic, nonché un Golden Globe sempre per la medesima pellicola diretta da Steven Soderbergh. In aggiunta, oltre alle varie candidature, Benicio del Toro ha vinto un Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes nel 2008 per le pellicole Che – L’argentino e Che – Guerriglia.

Il suo successo, dopo varie apparizioni in film come Big Top Pee-wee- La mia vita picchiatella e 007 Vendetta privata, giunge con l’opera I soliti sospetti, diretta da Bryan Singer. La sua fama, tuttavia, è suggellata grazie anche a film come Paura e delirio a Las Vegas nel 1998, che lo vede accanto a uno strabiliante Johnny Depp. 21 grammi, nel quale recita con attori come Sean Penn e Naomi Watts. Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez e tanti altri titoli molto famosi.

La figura di del Toro è, soprattutto, associata ai vari volti che ha interpretato, alcuni dei quali divenuti iconici all’interno dell’universo cinematografico. Ricordiamo, fra tutti, i panni dell’Uomo Lupo vestiti in Wolfman di Joe Johnson; il personaggio di Taneeler Tivan in I Guardiani della Galassia; Pablo Escobar nell’omonimo film di Andrea di Stefano; e, in particolar modo, nel cinico sicario in Sicario di Denis Villenueve e in Soldado di Stefano Sollima.

Che - L'argentino

Ma tra le numerose interpretazioni di Benicio del Toro è lecito dedicare un’attenzione particolare al ruolo ricoperto nel film già menzionato: Che – L’argentino. L’attore portoricano, infatti, è il protagonista, ovvero il celebre rivoluzionario, guerrigliero e medico argentino Ernesto “Che” Guevara de la Serna, la cui somiglianza è davvero conforme sotto ogni punto di vista.

Che – L’argentino racconta la storia fuori dalla leggenda

Che L'argentino

Che – L’argentino è un film del 2008 diretto da Steven Soderbergh e scritto da Peter Buchman. La pellicola cerca di ricostruire i passaggi di uno dei più importanti avvenimenti del secolo novecento: la rivoluzione cubana, ovvero quella fase che ha portato il rovesciamento dell’allora dittatura di Fulgencio Batista e la presa del potere da parte del Movimento 26 Luglio capeggiato da Fidel Castro.

L’opera è articolata su due punti focali e ha come principale protagonista Ernesto Guevara. Da un lato vediamo il Comandante impegnato in un’intervista attraverso cui cerca di spiegare le ragioni del suo essere rivoluzionario; quindi, tramite varie clip, seguiamo la sua figura all’interno dell’Ufficio delle Nazioni Unite a New York dove arringa contro l’imperialismo capitalista, cercando di difendere e contestualizzare il casus belli del conflitto.

Dall’altro lato, invece, abbiamo l’avventura sovversiva di Guevara all’interno dell’isola, cominciata in Messico dove conobbe il futuro leader maximo (Demian Bichir) e il fratello Raul Castro (Rodrigo Santoro). Seguono le varie fasi della guerrilla e lo spettatore si trova immerso in una giungla capeggiata da barbudos in uniforme, pronti a combattere per la liberazione del proprio Paese.

Sulle orme del Comandante Guevara

Che L'argentino

La filmografia che ruota attorno alla figura di Che Guevara non è molto fertile, sebbene la produzione letteraria sia piuttosto ricca, specie se contiamo le opere concepite dallo stesso medico argentino e quelle scritte da critici e biografi sulla sua figura. Tra le pellicole in questione ricordiamo Che!, regia di Richard Fleischer e, in particolar modo, I diari della motocicletta di Walter Salles, ritratto del celebre diario di viaggio Latinoamericana (Notas de viaje).

Qui un giovane Ernesto, interpretato dall’attore messicano Gabriel Garcia Bernal, poco prima di concludere i suoi studi in medicina, decide di intraprendere, insieme all’amico Alberto Granado (Rodrigo de la Serna), un viaggio per tutta l’America Latina al bordo della motocicletta Poderosa. Quel viaggio, tuttavia, cambierà per sempre il giovane medico, sicché in lui cominceranno a emergere quei sentimenti interni che lo condurranno alla famigerata lotta armata a Cuba.

Il film di Soderbergh, in un certo senso, vuole apparire come un continuum della pellicola di Salles. E non è un caso, infatti, che Che – L’argentino inizi nel momento esatto in cui Guevara conobbe Castro in Messico, giacché, storicamente parlando, i due ebbero un primo incontro durante il secondo viaggio che Ernesto intraprese in America Meridionale e Centrale.

Se ne I diari della motocicletta osserviamo un Guevara giovane, però pronto a sposare la causa della lotta armata per liberare il continente dalle ingiustizie sociali e politiche, in Che – L’argentino la maturazione è del tutto completa. Sul finale, infatti, alla domanda posta da Fidel, ovvero se avesse deciso di unirsi a loro, il Che risponde di sì senza pensarci due volte, a una condizione: dopo Cuba, sarebbe stato libero di portare la rivoluzione per tutta l’America Latina.

Che – L’argentino nel volto di Benicio del Toro

Che L'argentino
Una scena del film

Non è semplice vestire i panni di un qualunque personaggio storico. La figura di Ernesto Guevara è ammantellata da ogni sorta di iconografia, la quale trova l’espressione più celebre nella foto scattata da Alberto Korda. Il suo sguardo, serio e sognatore, è diventato il simbolo di ogni lotta dalle oppressioni. E se ancora oggi la sua immagine è impressa negli occhi di molti, è perché il Che è riuscito a comunicare al mondo intero un valido messaggio che trova la sua più sagace espressione nelle parole di giustizia, libertà e amore.

Benicio del Toro, in Che – L’argentino, riesce nel perfetto intento di trasmettere allo spettatore una sensazione di puro realismo. Non solo su un piano fisico (la somiglia tra i due è davvero unica), ma anche sotto un aspetto emotivo, esistenziale, sentimentale. Se il filosofo francese Jean Paul Sartre disse che Che Guevara è stato il più completo essere umano della sua epoca, del Toro rende veritiera questa affermazione.

L’immagine che trasmette non è quella iconica e “classica” a cui siamo abituati. Non c’è nulla di simbolico in quel Che. Anzi, quel simbolismo è volutamente arbitrario nello spettatore. Di fronte abbiamo solo un essere umano che, per via di un determinato percorso di vita, ha imbracciato il fucile per una nobile causa. Paure, timori, preoccupazioni, forza, coraggio, audacia, sono i caratteri che descrivono il protagonista.

Benicio del Toro riesce a donare un solido spessore che viene trasmesso nei gesti, nelle movenze e nelle parole. Non vi è una superficialità nel personaggio, ma una pura concretezza e contestualizzazione con i fatti narrati. La vicenda che gli ruota attorno è il semplice pretesto per far conoscere allo spettatore che Guevara, ancor prima di essere il guerrigliero, il rivoluzionario e la leggenda, è sia l’uomo fragile affetto da asma, sia l’uomo che ha infiammato i cuori di popoli in tutto il mondo.

L’inadeguatezza storica

Che L'argentino

Se c’è un elemento sul quale il film di Soderbergh mostra delle perplessità, è quello storico. Malgrado il regista ricostruisca i momenti salienti della rivoluzione cubana, le fasi della vicenda, il più delle volte, appaiono scontate. Vi sono, tuttavia, dei punti su cui lo spettatore cerca di aggrapparsi, come le date e i luoghi che vengono menzionati. Ma chi digiuna completamente da queste conoscenze compie una fatica notevole nell’orientarsi.

Il rischio è quello di vedere un prodotto svuotato nel contenuto più importante. È giusto che si dia spazio al protagonista e alla vicenda, anche se, privandolo della sostanza, lo spettatore si sente perso e osserva solo un film che parla di un conflitto ambientato su un’isola. È chiaro che l’intento di Soderbergh è quello di dare importanza al protagonista, ma dinanzi a pellicole che ricostruiscono avvenimenti trascorsi e importanti, l’elemento storico è un fattore da cui non si deve prescindere

A ogni modo, Che – L’argentino rappresenta, forse, la più grande interpretazione di Benicio del Toro.


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Classe ’93, vivo a Taranto, città che un tempo era l’angolo di mondo che più allietava il poeta latino Orazio. Laureato in lettere, trovo nella letteratura un grande appagamento dagli affanni quotidiani. La mia vita è libri, scrittura, film e serie TV. Sogno di fare della cultura il mio pane quotidiano.

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