Questa 79ma edizione del Festival internazionale del Cinema di Venezia, ci ha concesso la possibilità di vedere sullo schermo donne straordinarie capaci di interrogarsi e interrogare lo spettatore sulla complessa natura della psiche femminile. Tutto è iniziato nella giornata di apertura della mostra con una principessa della strada alle prese con uno stato insano (Princess), per poi proseguire con altri nomi di donna come Athena, Monica, Amanda, Blonde e infine, nel penultimo giorno Chiara di Susanna Nicchiarelli. Il Festival esprime dunque la nuova esigenza di portare sullo schermo storie complesse che raccontano del composito e controverso universo femminile e finalmente sono proprio delle registe donne a raccontare della fragilità e della potenza di queste donne.
Chiara, la Santa che non voleva lodi
Chiara, senza lodi, il semplice e comune nome di una donna che ha avuto il coraggio di ribellarsi contro uno schema religioso fortemente patriarcale. Con l’obiettivo di esaminare la figure storiche femminili che si sono contrapposte ai rigidi presupposti dell’inclusione maschilista, Susanna Nicchiarelli incorpora nel suo prosieguo artistico la battaglia condotta da un modello femminile apparentemente lontano della santa D’Assisi.
La vita di Santa Chiara può sembrare cucita nel tempo in cui la donna visse, eppure il racconto della Nicchierelli prova, senza esito positivo, ad affiancarsi a una costellazione di nomi divenuti immortali. La rinuncia all’eccesso e alle ricchezze realizzate a partire da un sistema di dominio maschile e maschilista, questo è il discorso su cui Chiara prova a dare origine a una narrazione feconda di riferimenti ipertestuali forzatamente femministi e irresponsabilmente metaforici.
La giovane, sinceramente convinta della propria vocazione, si unisce a San Francesco D’Assisi abbandonando le certezze di una vita agiata già prestabilita dagli uomini. Il problema però è che l’origine e la destinazione hanno lo stesso padrone: un uomo che ancora si arroga il diritto di gestire le traiettorie femminili. L’obiettivo della giovane donna sarà quello di provare a imporre le necessità femminili delle donne di fede su un sistema cattolico fondato dal maschile.
L’assetto storico della santa rivoluzionaria
Preghiera e povertà, è di questo che Chiara ha bisogno. Si sottrae con impeto e straordinaria convinzione alla patria potestà che ha già scelto il suo percorso narrativo. Nell’Umbria del 1200 della Nicchiarelli si lega con grazia il sistema culturale dell’epoca, ricostruito ad hoc grazie alla preziosa consulenza della storica medievalista Chiara Frugoni, e la destrezza del linguaggio dialettale. Quest’eroina nicchiarelliana incredibilmente ambiziosa farà di tutto per ottenere il riconoscimento della comunità di consorelle da lei formata, fortemente osteggiato da parte del papato.
Sarà Santa Chiara a riuscire a ottenere il riconoscimento di un ordine femminile religioso inserendo nel rigoroso disciplinamento ecclesiastico la prima regola mai redatta da una donna, da cui ha origine il sistema delle Clarisse. Osannata, acclamata e santificata, la Chiara di Nicchiarelli rifiuta ogni tipo di lode e beatificazione cercando di strapparsi continuamente la raggiera luminosa che vogliono per forza metterle sul capo, la regista per prima.
Sotto il peso delle ambizioni Santa Chiara crolla
Nella Chiara della Nichiarelli è forte l’esigenza di rompere con le santificazioni femminili troppo spesso attribuite alle figure femminili che si sono ribellate contro un sistema dominato da regole maschili.
Seppur la Nicchiarelli provi a decostruire l’impianto mitologico su cui spesso si articolano questo tipo di identità femminili, finisce per porre se stessa su un podio troppo fragile che si sgretola fotogramma dopo fotogramma. Alle spalle forse, la consapevolezza di una regia fino ad ora sempre acuta, ma che con Chiara trova l’ostacolo dell’abuso artistico.
Le ambizioni lodevoli di questo progetto carismatico si spengono lentamente minuto dopo minuto in una scrittura che non raggiunge mai i presupposti iniziali. Ciò che avvertiamo è il vigore del personaggio di Chiara, mentre sentiamo la costruzione di questa figura sfaldarsi lentamente sotto il peso delle ambizioni.
Chiara, che inizialmente ci sembrava così vicina, ci sfugge dalle mani con dispiacere e per quanto cerchiamo di riprenderla prima che il film termini, finisce per abbandonarci del tutto. Nel film tutto si perde inesorabilmente sotto una personalità registica che questa volta cade nelle presunzioni convinte ma poco convincenti.
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