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Christian 2, un racconto di strada sul male

8 minuti di lettura

Christian è tornato per dispensare miracoli e dubbi. La seconda stagione della serie Sky con Edoardo Pesce nei panni del picchiatore con le stigmate riprende da dove era finita la prima, con il boss Lino ormai fuori dalla scena e la rivelazione (valida per gli spettatori) che forse Christian non sia la reincarnazione di Gesù quanto piuttosto della sua nemesi in terra.

La trama della seconda stagione di Christian

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Tutta la seconda stagione, in esclusiva dal 24 marzo su Sky Atlantic, si incentra sul nuovo corso cominciato a Città-Palazzo: Christian ha ereditato il ruolo di boss, ricoperto in precedenza da Lino, e nuove entità soprannaturali scendono in campo per ispirare e guidare le pedine mortali per il conseguimento di piani più grandi e sconosciuti alle loro marionette inconsapevoli.

Proprio il ruolo di queste entità, mai nominate e spiegate definitivamente, è la grande scommessa su cui ruota la narrazione della seconda stagione, dove l’ambiguità del bene e del male si fonde magistralmente con la questione teologica dell’affinità dell’angelo caduto con l’umanità. Un concetto che si fonde con l’idea di un padre padrone femminile pronta a sacrificare i suoi figli e le loro vite per raggiungere i propri altissimi scopi.

Il seme del male e i suoi miracoli

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Gli sceneggiatori sono bravissimi a giocare con le informazioni in possesso degli spettatori; costruiscono aspettative da disattendere in un modo che sa rimanere coerente con la narrazione, disorientando i fruitori e mettendo alla prova perfino la loro idea di fede.

Christian è il protagonista che porta in sé il seme del male, capace di compiere miracoli, eppure portato all’errore dalla pressione del potere e destinato a instradare lungo la via sbagliata tutta quell’umanità che si affidi a lui.

Dall’altra parte c’è l’antagonista principale della stagione, quel Matteo (Claudio Santamaria) guidato in maniera subdola da una forza opposta a quella che manovra Christian, e pronto a tutto per fermare il personaggio interpretato da Edoardo Pesce.

Matteo, fondamentale anche nella prima stagione, qui si prende il proscenio e decide di abbandonare la sua vecchia vita per realizzare i piani che gli vengono sussurrati dall’alto per riuscire a fermare l’inarrestabile ascesa del nuovo messia della gente di Città-Palazzo, il luogo in cui è ambientata la serie e che si fa sempre più centrale nella narrazione di un racconto corale ben strutturato.

In modo molto più profano, nella seconda stagione di Christian è ancora più presente l’idea di una città dentro la città, con il palazzo che fa da sfondo all’intera serie che è quasi un luogo estraneo al resto del mondo. I suoi abitanti rappresentano un’ecosistema complesso e ben delineato che non sa che farsene dell’utopia comunista voluta dal nuovo boss Christian e dal suo braccio destro Rachele, coscienza del protagonista capace di rimettere Christian su una retta via mai facile da individuare quando si deve gestire un potere che appare troppo grande per un solo uomo.

Roma c’è, ma ancora una volta sembra soltanto un’atmosfera, una sensazione fatta di accenti, gerghi e riferimenti calcistici. La città eterna diventa centrale soltanto negli incontri-scontri delle figure divine che sembrano apprezzare l’austera bellezza dell’Eur e che le allontanano ulteriormente dall’umanità sporca e corrotta di Città-Palazzo a cui, comunque e non a caso, il biondo mentore di Christian sembra molto più propenso ad avvicinarsi.

Christian, la sceneggiatura sopra ogni cosa

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Il risultato finale è uno splendido intreccio di racconto di strada e sovrannaturale, capace di tenere alta la tensione per tutta la durata della stagione e di far interrogare continuamente lo spettatore nella ricerca di indizi, citazioni e parallelismi per riuscire a capire dove sarà condotto Christian e quali conseguenze avranno le sue azioni su coloro che gli stanno vicino.

La realizzazione tecnica è magistrale: l’ambientazione, il cast, la fotografia (curata in maniera straordinaria e fortemente evocativa) e la regia lavorano in sincrono e sono tutti elementi protagonisti del successo di una serie che sembra non lasciare niente al caso, e che si affida alla bravura dei suoi attori e alle trovate di una sceneggiatura che inciampa poco anche grazie a una durata non eccessiva, fatta di soltanto sei episodi, in grado di comprimere tutto il dovuto senza sentire il bisogno di allungare il brodo.

Perché è una serie complicata, Christian, che diverte e non si prende troppo sul serio, ma che è difficile da scrivere, interpretare e portare avanti: una serie che ci ricorda ancora una volta che anche in Italia siamo in grado di produrre qualcosa di originale e di altissimo livello tecnico, in cui un umorismo macabro (ma a volte anche più rilassato) sa fondersi con uno spannung che sale e scende. In Christian si esplorano così le necessità della società partendo dagli istinti e dalle debolezze degli uomini, chiamati ad attraversare i mari impetuosi della fede e della speranza.

Christian, una serie assolutamente imperdibile

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Christian è una serie da non perdere, da assaporare in tutte le sue sfumature e che fa della sua sceneggiatura originale e ben scritta il suo punto di forza assoluto.

Una serie che attraverso le prime due stagioni rinforza la convinzione che anche da noi si possano ancora realizzare opere che non facciano del sentimentalismo e del moralismo spicciolo la propria ragione di essere, ma bensì sappiano stupire e far interrogare lo spettatore in maniera intrigante, intrattenente e in qualche modo intelligente.

In attesa della terza stagione, vi lasciamo alla recensione della prima stagione di Christian non potendo fare altro che affermare senza paura di incappare in errore che Christian sia una delle migliori serie, non solo italiane, di questo ultimo periodo.

Il nostro è, a tutti gli effetti, un invito a squarciagola a tuffarsi in un universo in qualche modo molto vicino a noi e al nostro quotidiano, che allo stesso tempo è intriso di forze “magiche” e misteriose.

E che Christian sia con voi.


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