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Christian: brutto, sporco e dannato?

5 minuti di lettura

Christian, con la sua commistione di generi e la sua idea originale, è la nuova scommessa della televisione italiana. Sky, infatti, non è nuova a produzioni che uniscano il sacro e il profano cercando di mischiare atmosfere e toni differenti sfidando, allo stesso tempo senza timori, un’idea di fiction e di cinema tipica delle produzioni nostrane.

In questo senso gli ultimi decenni hanno segnato un cambio di direzione netto in quanto a temi e a tipologia di narrazione: a partire dai lavori dei Manetti Bros, passando per il Romanzo criminale cinematografico e televisivo e per il bellissimo Lo chiamavano Jeeg Robot di Mainetti, il panorama italiano è mutato in maniera prepotente, aprendo nuovi spazi per storie dal piglio fresco e dal respiro più internazionale.

La Serie TV di Stefano Lodovichi è un racconto crime con toni soprannaturali, basato sulla graphic novel di Piersanti e Mattotti Stigmate, che racconta la storia di Christian, scagnozzo di un boss della periferia romana che si ritrova d’improvviso a dover gestire una crisi di fede quando sulle mani gli compaiono ferite dai poteri miracolosi.

La trascendenza che piomba nell’immanenza della periferia

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Le prime due puntate di Christian, disponibili anche on demand su Sky Go e NOW TV, ci catapultano in un palazzone di case popolari che è un microcosmo a sé stante, separato e diviso dal resto del mondo, che quasi sembra non esistere.

Chi abita questo luogo, sicuramente distante dalle grazie divine, è una fetta di società, apparentemente abbandonata dallo stato e in balia di eventi e situazioni che pongono al margine.

Tra tossici, delinquenti di zona e storie dal passato burrascoso e oscuro, Christian si guadagna da vivere (oltre al permesso di vivere) facendo il picchiatore per un capo locale.

Un talentuoso Edoardo Pesce in bilico tra salvezza e dannazione

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Le atmosfere, irreali, fumose, quasi cyberpunk nei colori e nelle ambientazioni, si discostano dal classico crime di periferia che abbiamo imparato a conoscere e ad amare mentre l’intera vicenda è intrisa di una intensa ironia, che a tratti appare un po’ troppo artificiosa, ricordando le sceneggiature pulp di film come Le iene e richiamandone i temi e i dialoghi improbabili ed esagerati.

Non è Roma, quella trasposta sullo schermo, quanto piuttosto una città nella città, ben delineata da un cast che riesce a fare dell’ambiguità dei propri personaggi un punto di forza della rappresentazione, già a partire dal bravissimo Edoardo Pesce e dal suo Christian, a metà strada tra la dannazione e un senso di redenzione che appare lontano e impossibile da raggiungere.

L’introduzione di Claudio Santamaria nei panni di Matteo, un emissario della Chiesa, apre lo spazio a nuovi intrighi interessanti e a domande ancora da risolvere nelle quattro puntate successive, che completeranno la prima stagione.

Christian è una svolta dark nella fiction italiana

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I toni da fumetto dark, la violenza senza censure e il senso di dannazione e disperazione che traspaiono sono elementi innovativi che difficilmente abbiamo visto nelle produzioni italiane, troppo spesso intrise di sentimentalismo e di un’ipocrisia di fondo che lasciavano poco spazio a tematiche tanto crude.

Bisognerebbe attendere per poter confezionare un giudizio finale sulla Serie TV diretta dal regista toscano, ma la prima impressione è talmente positiva da permettere di sbilanciarsi nel consigliarne assolutamente la visione, per la cifra tecnica dell’opera e allo stesso modo per come potrebbe incarnare una perfetta continuazione della svolta artistica che sta finalmente prendendo spazio nel cinema e nella fiction italiana, per troppo tempo rimasta indietro, in tal senso, rispetto alla scena internazionale.

Confidiamo nel miracolo.


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