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Circeo, è su Paramount+ la serie italiana veramente femminista

13 minuti di lettura

Circeo è una miniserie italiana di sei puntate prodotta da Cattleya, Vis, Paramount+ e Rai Fiction disponibile su Paramount+ dal 15 settembre di quest’anno. Circeo prende le mosse dal massacro del Circeo per sviluppare un racconto più ampio che vuole concentrarsi, non tanto sul fatto di cronaca in sé, ma sul processo che ne è seguito, a testimonianza dell’importanza che ha avuto nel contesto italiano in relazione al rinnovamento e cambiamento della legge contro lo stupro.

La serie, scritta da Flaminia Gressi e Viola Rispoli su un soggetto realizzato con Lisa Nur Sultan e diretta da Andrea Molaioli, è un prodotto più unico che raro nel panorama seriale italiano, dal livello registico e di scrittura molto alto, mai banale e mai scontata.

Il massacro del Circeo

Nota vicenda di cronaca italiana, il massacro del Circeo avviene nel 1975 a opera di tre ragazzi filofascisti della Roma bene: Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira. I tre, già con precedenti penali per rapina e per violenza sessuale, individuano il loro obbiettivo in due ragazze della zona popolare romana: Rosaria Lopez e Donatella Colasanti; le due ragazze vengono attirate con l’inganno nella casa della famiglia Ghira al Circeo e subiscono quasi due giorni di violenze e stupri fino a portare Lopez alla morte. Donatella Colasanti decide di fingersi morta, i ragazzi ci credono, mettono le due nel baule della macchina e tornano a Roma per cenare. Quando i ragazzi hanno abbandonato l’auto, Donatella cerca di chiamare l’attenzione e viene ritrovata viva.

Izzo e Guido vengono arrestati subito ma Ghira resterà latitante per il resto della sua vita. Segue un lungo processo che richiamò attenzione da più parti, sopratutto dai gruppi femministi. Izzo e Guido furono condannati all’ergastolo.

Ciò che non viene mostrato

Circeo poteva presentarsi sulla carta come la solita serie Rai con al centro una vicenda che ha segnato il passato politico e sociale dell’Italia, ma già dal primo episodio si capisce che così non è.

La prima grande scelta operata dalla serie è quella di non concentrarsi sul massacro da cui prende le mosse, circoscrivendolo solo al primo episodio, in modo tale che la violenza subita dalle ragazze non diventi il fulcro del racconto, ma sia funzionale solo per introdurre la vicenda. Concentrarsi sulla ricostruzione del massacro sarebbe stata la cosa più facile da fare, andando così a stimolare l’interesse del pubblico per il racconto di storie violente, sempre più crescente e diffuso.

Le sceneggiatrici decidono di prendere un’altra strada e puntare l’attenzione su ciò che il massacro ha scatenato, sul processo che ne è seguito e sull’importanza lunga che ha avuto, così facendo si evita di cadere in quella pornografia della violenza purtroppo tanto diffusa, anche al di fuori dei prodotti seriali, per esempio sulle pagine di cronaca.

Ciò che non viene mostrato assume una grandezza immane che pesa su Donatella Colasanti, e sul pubblico, molto più di quanto avrebbe fatto se ci fosse stata mostrata. Noi spettatori siamo a conoscenza di ciò che avviene nella villa già prima di guardare Circeo, ma la scelta di non mettere in scena la violenza fa in modo che quella violenza sia da noi concepita in maniera ancora più orribile e terrificante.

Quando Donatella Colasanti racconta, noi visualizziamo ciò che non abbiamo visto in precedenza, e quando le viene chiesto di raccontare di nuovo anche a noi sembra una richiesta troppo estenuante e dolorosa.

Circeo sceglie di mostrare il dolore e le conseguenze postume della violenza e dello stupro subiti da una ragazza, operando questo spostamento, mettendo in atto questa scelta apparentemente semplice, diventa un’altra serie da ciò che poteva essere e ci mostra una realtà altra, più interessante, vitale e necessaria.

Da Scuola Cattolica a Circeo: strade diverse e ambizioni

Ciò che di più importante opera Circeo è trasfigurare Donatella Colasanti da oggetto che subisce il massacro a soggetto protagonista attivo da cui parte la storia. Donatella Colasanti è sempre stata concepita come la ragazza sopravvissuta, la sopravvissuta del Circeo, oggetto del massacro, delle foto rubate, degli articoli di giornale. In Circeo, invece, diventa la protagonista e attraverso i suoi occhi visualizziamo la violenza e affrontiamo la discriminazione e la miopia morale di una legge maschilista.

Di solito nelle narrazioni di omicidi o di atti violenti ci si concentra sui carnefici che sono il vero soggetto del racconto, si indagano i retroscena, i moventi, il contesto in cui crescono e vivono.

È quello che viene fatto anche nella Scuola cattolica, prima libro vincitore del Premio Strega del 2016 scritto da Edoardo Albinati e poi film diretto da Stefano Mordini nel 2021.

La storia è ugualmente legata al massacro del Circeo come la serie, ma l’autore decide di indagare l’ambiente in cui i ragazzi crescono, la scuola cattolica che frequentano luogo in cui si impartisce un’educazione cristiana, bigotta e proibizionista in cui il culto della virilità e della violenza maschile matura silenzioso e implacabile. Si delineano i contesti famigliari, ricchi, privilegiati, violenti anch’essi, in cui germoglia il pensiero della superiorità maschile. Delineando gli spazi umani in cui i ragazzi crescono si tratteggia anche un ambito sociale diffuso in cui le simpatie fasciste o comunque di estrema destra erano alquanto diffuse e in cui la violenza perversava nel privato come nel pubblico. Quasi non compaiono Donatella Colasanti e Rosaria Lopez nel film di Mordini, due semplici figurine funzionali all’epilogo del racconto, ci si concentra sullo sfondo abitato dai ragazzi per individuare le cause del loro imperdonabile comportamento.

Circeo sposta lo sguardo e lo posa direttamente e costantemente su Donatella Colasanti spostando così anche il baricentro di questa storia che non è più la storia del massacro del Circeo ma diventa la storia di un processo importante per il cambiamento della legge contro lo stupro.

Circeo è una serie femminista

Circeo è per certi versi un legal drama, visto che è in tribunale che si svolgono le scene più importanti e avvengono i dialoghi più potenti. La ricostruzione del processo è stata fatta in maniera intelligente in modo tale che ogni passaggio fosse comprensibile anche a un pubblico non abituato a un determinato tipo di contesto e le figure degli avvocati, di accusa e di difesa, sono scritti in modo tale da impersonificare in maniera quasi manichea le due opposte posizioni di pensiero.

Nella realtà l’avvocata di Donatella Colasanti è stata Tina Lagostena Bassi, figura importante che si è sempre battuta per la difesa dei diritti delle donne; nella serie, invece, si è scelto di inserire un personaggio di finzione l’avvocata Teresa Capogrossi, interpretata da Greta Scarano.

In questo modo le autrici hanno avuto maggior spazio di manovra nella costruzione del racconto, soprattutto per quanto riguarda la parte più d’intrattenimento della serie, non dovendo sottostare costantemente alle regole della ricostruzione fedele. Tina Lagostena Bassi è comunque presente nella serie, interpretata da Pia Lanciotti, lavora con Capogrossi e soprattutto diventa centrale quando si passa a raccontare il secondo processo importante di quegli anni: il processo al centro del documentario Processo per stupro, il primo a essere trasmesso da un’emittente Rai che vede come parte lesa una ragazza di diciotto anni che ha denunciato quattro uomini per violenza carnale.

I due processi sono stati molto importanti negli anni ‘70 coinvolgendo l’opinione pubblica e il movimento femminista e sono stati fondamentali per il cambiamento della legge contro lo stupro e la violenza sessuale, avvenuto però solo nel 1996. Fino a quel momento lo stupro e la violenza sessuale erano ritenuti dalla legge italiana dei crimini contro la pubblica morale e solo dal 1996 vengono considerati crimini contro la persona. Circeo si concentra su questo, sull’irrilevanza del ruolo della donna nella politica e nella mentalità italiana, sulla trascurabilità rivolta alle donne, così che in un caso di stupro era più importante capire le ragioni dell’uomo per comprenderlo, scusarlo e assolverlo che provare empatia e aiutare la donna abusata.

Circeo può essere considerata la prima vera serie femminista italiana, non solo per la volontà di raccontare la lotta per i diritti della donna, per la presenza dei movimenti femministi e per il continuo richiamo a quegli ambienti, ma sopratutto per la modalità di narrazione adottata.

Costantemente al centro viene posta la persona, l’individuo, Donatella Colasanti è sempre in lotta tra ciò che deve fare, ciò che vuole fare e ciò che può fare. Deve di continuo fare i conti con la definizione che la società da di lei, sull’idea che gli altri si sono fatti, tanto da diventare per questo un simbolo della lotta femminista di quegli anni. Lei come Fiorella, la ragazza al centro di Processo per stupro, diventano per certi versi delle pedine utili alla lotta per i diritti delle donne, sacrificando così anche la loro individualità, la loro vita. In questo, più che in molto altro, Circeo può essere definita una serie femminista nella volontà continua di porre attenzione al continuo conflitto tra persona e personaggio, tra chi si è veramente e ciò che la società ci richiede di essere, tra stereotipizzazione e individualità.


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Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.

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