Reinterpretare un’opera, di qualunque genere, soprattutto quando si intenda adattarla per un media diverso, non è mai cosa semplice o esente da rischi. Quando l’opera in questione è considerata un cult, come nel caso dell’anime Cowboy Bebop, i pericoli aumentano in modo esponenziale a causa di aspettative esagerate o di una nostalgia malcelata nei confronti di qualcosa che sia rimasto nelle memorie e nei cuori di molti.
Produrre il reboot live action di Cowboy Bebop, in tal senso, è stata, per Netflix, una scommessa tanto affascinante quanto difficile da vincere proprio per l’aura di epicità che aleggia intorno all’anime uscito nel 1998 e per la difficoltà nel riprodurne le caratteristiche, tanto peculiari, che lo hanno fatto amare dai fan dell’animazione giapponese così come dagli spettatori meno appassionati del genere.
Il mondo intorno a noi, nel frattempo, è cambiato non poco, così come sono cambiate le abitudini di spettatori sempre più smaliziati e abituati alla commistione di generi che era stato tratto caratteristico della serie animata: stupire ed intrigare è diventato più complicato, la necessità di rivolgersi ad un pubblico in qualche modo massificato e più generalista impone regole più ferree.
Una scommessa, però, si può vincere anche solo a metà: probabilmente i fan più accaniti rimarranno delusi, tutti gli altri potrebbero invece rimanere affascinati dall’universo abitato da Spike e Jet e trovare ottimi spunti per recuperarla.
Ma cominciamo dall’inizio.
Cowboy Bebop è disponibile su Netflix dal 19 novembre 2021.
Cacciatori di taglie, paesaggi mozzafiato e musiche maestose
Mettere a confronto il Cowboy Bebop di Netflix con il suo predecessore, senza i dovuti, distinguo sarebbe ingiusto e riduttivo.
Cowboy Bebop ci riporta sul Bebop cercando di mischiare le carte in tavola, riscrivendo parte della storia e cercando, senza riuscirci del tutto, di mantenerne il mood originale. Lo sfondo è di nuovo un futuro dai tratti retrò, la trama, come era lecito aspettarsi, un miscuglio di tanti generi diversi che partendo dalla storia di due cacciatori di taglie alle prese con le loro avventure quotidiane ne svela le storie, i demoni e le incertezze.
Il cast risulta ben amalgamato nel suo ruolo corale, il comparto tecnico, altalenante, regala ambientazioni dal notevole impatto visivo perdendosi però in effetti speciali che non sempre convincono del tutto. I costumi e le caratterizzazioni strizzano l’occhio al mondo colorato e psichedelico degli anime riuscendo a rimanere credibili nonostante le forzature.
La colonna sonora, ancora di Yoko Kanno, è di nuovo grandiosa e diviene quasi la forza trainante dell’intera messinscena.
Se commerciale fa rima con banale
Quello che, dal punto di vista della comparazione tra i due Cowboy Bebop, non riesce a convincere è il diverso modo di tratteggiare le caratteristiche dei personaggi e di raccontarne il passato che avevano reso l’anime del 1998 qualcosa di mai visto prima e difficilmente equagliabile: il velato senso di disperazione fatto di nostalgia, rimpianti e rimorsi, che avvolgeva lentamente lo spettatore del lavoro di Watanabe, viene qui palesato in modo più chiaro ed essenziale, meno filosofico e più comprensibile nell’immediato, perdendo la sua forza in favore di una leggibilità a metà strada tra il triste e il necessario.
Il punto debole del reboot Live action di Cowboy Bebop, rispetto all’originale, sta proprio nella scrittura, tanto particolare e affascinante nella vecchia serie quanto banale in quella del 2021.
Allo stesso modo, l’idea di stravolgere il finale in favore di una possibile seconda stagione è sembrata un’operazione forzata, dovuta più che altro a meri compromessi commerciali.
L’atmosfera misteriosa e magica del Cowboy Bebop originale, quasi del tutto assente, lascia spazio a tratti più da commedia e a ritmi più lineari e semplici.
Welcome back Space Cowboy
Il confronto, alla fine dei conti, appare impari e del tutto favorevole all’opera originale, complessa, profonda ed intensa in modo del tutto imparagonabile ad un reboot che risulta però, in fin dei conti, godibile, divertente e a suo modo diverso dal resto delle serie presenti nel panorama odierno.
Come in un testo di metanarrazione, il pesante passato di Cowboy Bebop risulta essere un macigno terribile e a volte menzognero che ci impedisce di godere pienamente del suo presente e di quello che potrebbe essere un futuro, nonostante tutto, meritevole di essere vissuto.
Perchè reinterpretare un’opera di culto può essere tanto affascinante quanto rischioso, così come lanciarsi a caccia di pericolosi criminali spaziali.
Ma qui siamo tra Space Cowboy…
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