Ci sono saghe cinematografiche capaci di invecchiare senza perdere fascino e brillantezza, attraversare epoche diverse e appassionare spettatori di generazioni lontane mantenendo la propria natura e la propria identità. La figura di Rocky Balboa è a tutti gli effetti considerata un’icona non solo del cinema statunitense, ma più in generale della cultura a stelle e strisce a tutto tondo, guadagnandosi un posto d’onore nel cuore di tanti appassionati e diventando un simbolo di quegli anni ’80 che tanto hanno dato al cinema e alla cultura pop.
Passati oltre quarant’anni dal primo film del franchise di Rocky, la passione per la storia e i personaggi creati da Sylvester Stallone è ancora viva e trae nutrimento dallo spin off dedicato alla figura di Adonis Creed, figlio del leggendario primo rivale dello Stallone Italiano e interpretato dal 2015 dall’astro di Hollywood Michael B. Jordan.
Oggi, nel 2023, Creed III si dimostra ancora in grado di intrattenere con lo stesso spirito dei suoi predecessori e, con la prima prova da regista dell’attore che è anche protagonista della pellicola, l’ultimo capitolo di uno dei franchise più importanti della storia del cinema riesce a trovare ulteriori punti di contatto con la saga originale.
Creed III, redenzione, fame e successo
Rocky II era stato il secondo film diretto da Stallone nel corso di una carriera appena decollata e destinata a un viaggio che, tra alti e bassi, lo ha portato a essere uno degli attori più conosciuti e longevi del genere action.
Ma la sedia da regista che Michael B. Jordan ha ereditato è solo una delle tessere di un puzzle che riesce a far somigliare Creed III ai Rocky scritti e distribuiti durante la guerra fredda, in un periodo in cui l’idea del sogno americano sembrava dover essere alla portata di tutti (almeno per quanto riguarda un certo tipo di propaganda portata avanti anche dallo strumento cinematografico).
Creed III, distaccandosi almeno in parte dai primi due film che portano il nome del figlio di Apollo, riparte proprio dal racconto di più rinascite, aggiornando il concetto di redenzione e declinandolo nel significato di una ricerca di uno spazio negato o della necessità, che in qualche modo diventa virtù, di rimanere ancorati al successo e a uno status che una volta acquisito è difficile lasciar scappare.
La vicenda ruota intorno al ritorno, dopo anni di carcere, di un amico d’infanzia dell’ormai ritirato Adonis e della sua fame di successo che lo portano a voler ripercorrere la strada del pugilato dopo i difficili anni da rinchiuso.
Da questo presupposto e dal senso di colpa che l’ex campione del mondo Creed prova nei confronti di Damian (Jonathan Majors) la storia si dipana fino allo scontro tra i due, che culmina in un incontro sul ring per decretare chi sarà il nuovo detentore della cintura mondiale.
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Creed III, un film di genere abbastanza maturo da esserne consapevole
Niente di trascendentale per quanto riguardi la trama, sia chiaro. Nulla che non si sia già visto o che abbia l’ambizione di stupire per originalità.
Anzi, in alcuni momenti gli espedienti narrativi utili a trascinare la storia risultano anche essere deboli o costruiti in modo fin troppo artificioso: il bisogno di Creed di tornare a combattere per difendere il proprio nome dagli attacchi mediatici che il personaggio interpretato da Majors gli sferra senza esclusione di colpi, può essere sì interpretato come una metafora di quanto sia difficile lasciare scivolare via la grandezza, ma risulta essere decisamente meno forte delle motivazioni che ci hanno portato ad amare Rocky e lo stesso Creed in passato.
Anche la figura di Damian Anderson, nonostante un Jonathan Majors in grande spolvero, è quella di un villain un po’ annacquato rispetto ad esempio ai due Drago (quello leggendario di Dolph Lundgren e quello avversario di Donnie interpretato da Florian Munteanu).
Dame, per quanto spietato e disposto a tutto pur di conquistarsi uno spazio a cui sente di appartenere, rimane quasi sempre nei limiti di un personaggio col quale è facile empatizzare e che siamo chiamati a comprendere nei suoi atteggiamenti.
Creed III, in questo senso, non cerca in nessun modo un buonismo artificioso che serva a sminuire le colpe dei protagonisti e, allo stesso tempo, si tiene distante da qualsiasi tipo di giudizio nel merito, limitandosi a raccontare la storia di un ex pugile che cerca un nuovo riconoscimento sociale dopo essersi sentito abbandonato dal mondo intero, e di un altro ex pugile che deve combattere sia con la propria coscienza che con la necessità di mantenere il rispetto che si è guadagnato nel corso della sua carriera.
Niente di nuovo, di filosofico o di sconvolgente, come detto. Solo un film sulla redenzione e sul successo che sa a chi parlare e come farlo senza doversi riempire di esistenzialismi e significati che non gli competono e che sarebbero risultati soltanto pretestuosi.
Michael B. Jordan tra citazioni e tecnicismi
Dal punto di vista tecnico la prima opera di Michael B. Jordan pare un buon compromesso tra la voglia di mettersi in mostra con virtuosismi a volte anche un po’ esasperati e un citazionismo che ultimamente va per la maggiore e fa sorridere i fan capaci di riconoscere i piccoli easter egg presenti nel film.
Particolare e forse non del tutto riuscita la classica scena dell’allenamento, che cerca in qualche modo di essere originale ma risulta essere meno d’impatto rispetto a quelle degli altri film di Rocky, entrate nell’immaginario collettivo. Il cast si comporta benissimo e la colonna sonora fa il suo lavoro mentre la fotografia trae grande vantaggio dal formato IMAX con il quale è stato girato il film.
Un Rocky senza Rocky può funzionare?
Già, abbiamo dimenticato di dirlo. Questo è il primo capitolo delle due saghe in cui non è presente il personaggio che ha dato il via a tutto: in Creed III Adonis deve fare tutto senza Rocky.
I cattivi rapporti di Stallone con il produttore Irwin Winkler e la necessità di portare avanti il personaggio di Adonis Creed senza la presenza ingombrante dello storico pugile di Philadelphia hanno sancito il definitivo taglio del cordone ombelicale in quello che è stato un rischio calcolato e che non ha fatto storcere troppo il naso neanche ai fan più accaniti.
Certo, qualche riferimento al mentore di Creed ci avrebbe fatto piacere ritrovarlo, forse anche soltanto per pura e mera nostalgia priva di senso, ma Creed III, nonostante i difetti è un film che riesce a dire la sua anche senza la presenza storica di Stallone.
In questo senso dubitiamo che Adonis Creed avrà mai una statua a lui dedicata in qualche città o che possa essere capace di trasformare una semplice scalinata in un luogo di attrazione turistica, ma, con i tempi che cambiano e col cinema che si adegua a nuovi stili di produzione, distribuzione e fruizione, crediamo allo stesso modo che Creed III possa essere considerato un degno erede di una delle saghe più longeve e affascinanti di Hollywood.
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