Danny Elfman compie 69 anni, ma osservando la sua vasta e varia produzione sembra ne siano passati almeno il doppio. Artista instancabile, fin da giovanissimo è entrato con successo nel mondo cinematografico e musicale.
Si tratta di uno dei più grandi compositori viventi di musica per film e la sua prolifica attività lo ha portato a firmare un numero di opere superiore alla centinaia: senza contare il suo ruolo di band leader (Oingo Boingo) e di concertista.
È veramente difficile che una persona, al giorno d’oggi, non abbia mai sentito qualche sua composizione, in maniera più o meno consapevole. Nonostante la quantità e la qualità delle sue composizioni, in una masterclass egli stesso scherza, con elegante dose di autoironia, dicendo che alla fine sulla sua tomba scriveranno qualcosa tipo: “Danny Elfman, scrisse la musica dei Simpsons” che in effetti è, forse, la sua composizione più famosa.
Come si diventa Danny Elfman
Danny Elfman non dimostra grandi doti musicali in giovanissima età, sembrando più interessato a discipline scientifiche. Fin da piccolo è però appassionato di cinema, e soprattuto di film di fantascienza, dell’orrore e fantasy.
Dopo le scuole superiori intraprende due importanti viaggi, in Europa prima (in visita al fratello Richard che fa parte di opere teatrali/musicali) e in Africa dopo, in cui ha la possibilità di collezionare percussioni e strumenti etnici dei luoghi da lui visitati.
Dopo queste esperienze viene coinvolto dal fratello nel progetto The Mystic Knights of the Oingo Boingo, uno spettacolo teatrale e musicale itinerante in cui il giovane Danny ha il ruolo di direttore musicale. Egli deve ri-arrangiare e re-interpretare brani di impostazione jazzistica degli anni ’20 e degli anni ’30, scrivendo partiture per quindici elementi.
Nel 1979 cambia qualcosa: Danny assume il ruolo di cantante e band leader (il nome si accorcia in Oingo Boingo), dopo l’abbandono di Richard che si vuole dedicare alla regia. Nel 1980 quest’ultimo firma il film Forbidden Zone che, oltre a rappresentare il suo debutto registico, è anche il debutto come compositore per un film per l’allora ventisettenne Danny.
Piacere, Tim Burton
Nel 1985 il compositore comincia a lavorare al film Pee-Wee’s Big Adventure per il grande regista Tim Burton che lo contatta in quanto fan della band Oingo Boingo. Da questo momento comincia una delle collaborazioni regista/compositore più interessanti di tutta la storia del cinema, al pari di altri grandi esempi come Hitchcock/Herrmann o Spielberg/Williams.
Nonostante le preoccupazioni iniziali del giovane Danny Elfman, che non ha mai avuto la possibilità di lavorare con un’orchestra fino a quel momento, il risultato è ottimo, eterogeneo e dona al film una carica aggiuntiva che diverte e guida le surreali vicende del suo protagonista.
Il compositore ne approfitta per inserire alcuni omaggi e citazioni (egli stesso racconta come un suo riferimento a Ennio Morricone fosse troppo esplicito e per questo si è fatto addirittura “sgridare” da uno dei tecnici più anziani), in particolare a colui il quale più di tutti lo ha ispirato, per sua stessa ammissione: il grande Bernard Herrmann.
Danny Elfman dichiara di essere rimasto molto colpito, fin da ragazzino, dalle sue musiche per il film Ultimatum alla terra (1951). Se si ascoltano le musiche di questo grande classico di fantascienza è impossibile infatti non notare certe affinità con lo stile di Elfman. Nello specifico nel brano Stolen Bike ci sono echi delle musiche di Psycho e in brani come Breakfast machine lo stile circense ricorda un altro maestro molto amato dal nostro: Nino Rota.
Ancora echi del migliore Nino Rota si odono nella scena di apertura del film successivo: Beetlejuice. Una lunga panoramica sorvola la città in cui sono ambientate le vicende del lungometraggio (si scoprirà essere in realtà un modellino); qualsiasi altro compositore avrebbe associato a riprese così vaste e di ampio respiro degli accordi lunghi, dalle atmosfere sognanti e dilatate.
Il genio di Danny Elfman impone invece una musica rocambolesca, di stampo circense, che sembra stridere con le immagini, ma che in realtà ci anticipa lo stile grottesco e buffo di tutta la vicenda a cui stiamo per assistere.
Suonare Batman come fosse un fumetto
Con il successivo Batman del 1989 il rapporto tra regista e compositore si consolida e si ottengono risultati più alti e ambiziosi, merito anche di una produzione più grossa alle spalle. Danny Elfman scrive uno dei temi più iconici per un supereroe, inoltre conferma e eleva una scelta stilistica tipica della grammatica della musica da film: l’elemento eroico descritto tramite l’utilizzo degli ottoni.
Memore della lezione del maestro John Williams, che già aveva utilizzato questa scelta per il suo Superman, anche Danny Elfman decide di affidare l’esecuzione del tema per il suo uomo pipistrello agli ottoni, che seguono una melodia scritta addirittura in aereo. Non è solo la bellezza e ispirazione di un tema cosi semplice a stupire, ma anche tutto ciò che sta intorno a questa melodia: arrangiamenti sontuosi e complessi, continui cambi di stile e di ritmo che seguono la narrazione in modo quasi fumettistico. L’orchestra viene sfruttata in tutte le sue sfumature, e nonostante la poca esperienza il compositore già padroneggia i mezzi a sua disposizione.
Il compositore tornerà ai temi di supereroi con i primi due film di Spiderman firmati dalla regia di Sam Raimi e con alcuni film del mondo Marvel (Avengers: Age of Ultron) e DC Comics (Justice League).
Pochi anni dopo i due amici collaboratori replicano con Batman Returns, altro capolavoro del duo. La musica si fa, se possibile, ancora più complessa e onnipresente. Il musicista è instancabile e qui si nota una delle sue peculiarità: l’essere prolifico e creativo. Non solo l’artista è solito proporre anche due-tre versioni diverse della stessa scena per poter dare alternative al regista di turno, ma in questo specifico caso, alla fine della fase compositiva per il progetto ci si rende conto di avere tra le mani circa 95 minuti di musica, più o meno il doppio del minutaggio musicale di un normale film.
Edward mani di forbice, la fiaba in musica
Si tratta di uno dei più amati film del geniale regista americano, ma merito di questo successo di critica e pubblico si deve anche alle meravigliose musiche. Composizioni ispirate, sognanti e memorabili. L’ispirazione è aulica (Il lago dei cigni di Tchaikovsky) ma il risultato è unico e personalissimo. Si passa da momenti romantici e dolci a momenti drammatici, musica di azione (poca) lascia spazio a momenti più cupi e poi c’è lei, la composizione più importante, il vero piatto forte: Ice Dance che accompagna la scena iconica con Kim (Winona Rider) che danza sotto a fiocchi di ghiaccio mentre il protagonista Edward (Johnny Depp) crea delle sculture di ghiaccio per lei.
Con questo film Danny Elfman non si limita a confermare uno stilema della grammatica della musica da film (come accaduto con Batman), ma ne crea uno nuovo, uno standard con cui fare i conti da qui in avanti. Il geniale compositore da sempre ama le percussioni intonate (metallofoni di cui è anche un gran collezionista) e il fatto di utilizzarle in questo film abbinate all’utilizzo di cori angelici, ha portato negli anni gli ascoltatori a associare a queste sonorità i mondi fantasy, sicuramente complice il fatto che le musiche del compositore si abbinano principalmente alle atmosfere fiabesche di Tim Burton.
Nella scena che segue si può ascoltare la maestria del compositore, viene ripreso il tema di Ice Dance che assume quindi ormai il ruolo di leit motiv del personaggio di Edward, ma in questo caso è meno struggente e romantico, appare invece più intimo e quasi divertente.
Si riferisce a un ricordo piacevole del protagonista riguardo il suo creatore e il dono delle mani che mai riceverà. Il tutto è commovente, ma si noti come la musica cambia gradualmente dal minuto 0:50 assecondando l’espressione del mitico Vincent Price. Non c’è dialogo e la musica ci fa capire prima ancora delle immagini che sta cambiando qualcosa, sta accadendo qualcosa di drammatico. Si noti come il tema non sparisca completamente lasciando spazio alle sole dissonanze e alla tensione creata da questo arrangiamento, la melodia è sempre lì, come Edward che assiste impotente alla morte del suo creatore. La melodia cambia come le emozioni di Edward che affronta per la prima volta la perdita di una persona cara.
The Nightmare Before Christmas, il musical di Elfman
Uno dei più grandi risultati nel mondo dell’animazione in stop motion è senza ombra di dubbio The Nightmare Before Christmas, lungometraggio prodotto e scritto da Tim Burton e musicato da Danny Elfman.
Non solo musiche, ma anche parole e canto: sì, perché il film è una sorta di musical con molte canzoni scritte e cantante dallo stesso musicista. Egli afferma che il processo compositivo è stato molto semplice e naturale e in effetti sembra proprio trovarsi a suo agio nei panni di Jack Skeletron, il protagonista che vuole rubare il Natale per portarlo nel mondo di Halloween.
Musiche oscure eppure melodiche e orecchiabili, una certa sensibilità esotica vicina ai compositori russi (Prokofiev e Shostakovich). Nella versione originale si può apprezzare la voce del nostro che ha una espressività molto teatrale e sopra le righe, ma anche il doppiaggio italiano ha il suo perché con un’ottima interpretazione di Renato Zero.
Cinema di genere e musica d’autore
Nella seconda metà degli anni ’90 Danny Elfman e Tim Burton si dedicano alla rilettura di alcuni generi che hanno amato entrambi fin da piccoli. Si comincia nel 1996 con la fantascienza e gli ufo di Mars Attacks! ed è impossibile per il compositore rinunciare all’utilizzo del theremin: uno strumento dal suono “alieno” spesso usato nei film degli anni ’50-’60. Ma sopratutto è troppo forte la tentazione di citare l’opera che più di tutte, fin da piccolo, lo ha scioccato così tanto: Ultimatum alla terra, in cui lo stesso Bernard Herrmann sfrutta la sonorità tipica di questo particolare strumento.
Si passa all’horror gotico nel 1999 con Il Mistero di Sleepy Hollow. Le atmosfere, sia visive che musicali, diventano più cupe che in passato. Rimane un sottotesto fantasy ma lo sviluppo narrativo si concentra più sulla storia di fantasmi e sui momenti di terrore. Anche la musica si fa più spigolosa che in passato e più dissonante.
Nella scena che segue, la musica anticipa l’orrore, con una logica che da sempre contraddistingue i film horror: l’attesa crea tensione e paura anche più che lo svelamento dell’orrore stesso. Dal minuto 1:01 gli archi bassi introducono la minaccia, ma in maniera sottile, quasi impercettibile, poi una inquadratura più stretta sul minaccioso bosco (minuto 1:12) viene sottolineata da archi più acuti, striduli e dissonanti e poi dal minuto 1:22 la musica descrive il timore del personaggio, che dice “oh my God” prima ancora che ci venga mostrato cosa sta arrivando. Gli ottoni e il loro timbro minaccioso ci spaventano anche se non sappiamo per cosa.
Al minuto 1:26 finalmente appare il cavaliere senza testa e la musica si fa più presente e ricca e cresce incessantemente fino al momento che sembra segnare la fine del protagonista. Ma poi si interrompe bruscamente al minuto 1:55, quando vediamo che il giovane Ichabod Crane viene risparmiato.
Scimmie e pesci
Gli anni 2000 cominciano con il remake de Il Pianeta delle Scimmie, un altro film che deve aver segnato l’infanzia dei due amici e collaboratori. In questo caso Danny Elfman si porta su ritmi frenetici: sia il film che la musica sono molto action e il tema principale ha un andamento quasi marziale con grande importanza data alla percussioni e all’inserimento di elementi elettronici (una novità per il compositore).
Con il capolavoro Big Fish del 2003 il compositore deve dialogare con una serie di canzoni pop e folk composte e eseguite, tra gli altri, da Eddie Vedder dei Pearl Jam. Per questo motivo il dolce tema principale utilizza anche delle chitarre acustiche e richiama alla mente i paesaggi (sonori e non) dell’America contemporanea.
Il tutto è comunque filtrato dall’influenza data dal Gamelan, una espressione musicale tipica della musica indonesiana di cui il compositore è un grande estimatore. Lo si nota soprattuto nell’utilizzo delle percussioni intonate.
La seconda fase di carriera
Arrivati a questo punto delle loro rispettive carriere, regista e compositore sono entrati di diritto nell’olimpo della storia del cinema. Da qui in avanti le opere si susseguono senza grandi sorprese ma sempre con grande qualità. La fabbrica di Cioccolato (ancora un remake) mantiene i due artisti nella propria comfort zone, film surreale e colorato, musica divertente ricca di canzoni ispirate addirittura a Bollywood. La sposa cadavere riprende le idee e lo stile di The Nightmare Before Christmas, soltanto vagamente in maniera più malinconica e cupa.
Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street e Alice In Wonderland rappresentano forse le due opere meno riuscite. Il primo è troppo legato al musical vecchio stile, e questo non dialoga molto bene con lo stile dark del regista, inoltre i brani si ripetono fin troppe volte risultando, in fin dei conti, noioso.
Il secondo, sulla carta, pareva un’opera perfetta per il regista, ma egli si affida troppo alla computer grafica e alla storia poco originale, poco burtoniana e fin troppo classicamente fantasy. In compenso le musiche di Danny Elfman sono tra le migliori scritte da lui dagli anni ’10 del 2000.
Ombre, animazioni e occhi giganti
Dark Shadows e Frankeenweenie sembrano risollevare i risultati del binomio regista/compositore, il primo ricalca le atmosfere oscure ma bizzarre tipiche del regista e (come per Big Fish) il compositore si trova a dover dialogare con alcuni brani pop, o per essere più precisi brani rock degli anni ’60-’70 (Alice Cooper, Moody Blues).
Non mancano le atmosfere tipiche del compositore, compresi alcuni suoi marchi di fabbrica come gli ottoni maestosi e oscuri che richiamano alla mente direttamente Batman (minuto 1:30 del seguente link) e gli archi utilizzati con la tecnica dello staccato che creano un ostinato molto ritmico (dal minuto 1:13).
Frankeenweenie sviluppa con la tecnica dello stop motion uno dei primi (1984) cortometraggi del regista. Il tema di Frankenstein, nonostante venga direttamente dalla cultura della letteratura e cinema tipicamente horror, viene riletto in un’opera dolce e struggente, l’accento non è posto su paura e terrore. Anche la musica rispecchia magistralmente questa scelta, si ascolti come esempio il brano The Funeral:
Big Eyes è una bellissima sorpresa, una novità, non si ripetono le atmosfere dark ormai stereotipate e il film ne guadagna in freschezza. Anche la musica si fa diversa, più minimalista e moderna. Ancora una volta si nota l’influenza della musica Gamelan e l’amore del compositore per le percussioni intonate che creano una atmosfera ipnotica.
Allontanarsi e ritrovarsi: Danny Elfman tra ieri e oggi
Nel 2016 Tim Burton realizza Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali e per la prima volta dopo tanti anni non si avvale della collaborazione con Danny Elfman. Si tratta del secondo film del regista che non vede coinvolto il compositore (il primo era Ed Wood del 1994, che vedeva una firma prestigiosa, quella di Howard Shore).
La sua mancanza si sente, e parecchio, a dimostrazione di quanto le musiche possano influire sul risultato finale di un’opera cinematografica. Forse anche per questo al suo ritorno, con il successivo Dumbo del 2019, le musiche sembrano più che mai maestose, magniloquenti, e rappresentano un ritorno in grande stile.
Danny Elfman è un personaggio unico, un vero artista e uno dei più grandi compositori di musica da film di tutti i tempi. Una carriera memorabile che ha lasciato il segno, non solo nelle sue collaborazioni con il genio di Tim Burton, ma con molti altri registi prestigiosi (Brian De Palma, Peter Jackson, Guillermo Del Toro, Richard Donner) ma che con il suo amico e compagno di avventure dark ha saputo creare dei mondi incredibili, lasciare il segno e segnare un nuovo standard per il cinema del fantastico.
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