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Decision to Leave, un thriller d’amore in tempesta

9 minuti di lettura

È finalmente arrivato nelle sale italiane – distribuito dal 2 febbraio da Lucky RedDecision to Leave, il nuovo film del maestro sudcoreano Park Chan-wook, autore – tra gli altri – della Trilogia della Vendetta (Mr. Vendetta, il cult Old Boy e Lady Vendetta) e Mademoiselle.

Come quest’ultimo, Decision to Leave è un elegante thriller di intrecci, metafore e suspense, ma questa volta Park Chan-wook decide di sperimentare di più con il mezzo cinematografico, con la consapevolezza di chi sa di aver raggiunto l’apice della propria maturità artistica, girando un’opera difficile anche solo da immaginare, complessa tanto sul lato teorico quanto su quello pratico.

Il film si è aggiudicato il Prix de la mise en scène al Festival di Cannes del 2022 ed è stato candidato a un Golden Globe e a due BAFTA.

Quando l’amore è in manette

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Più osservi da vicino, più rischi di perderti.

Tagline di Decision to Leave

È semplice immaginare Park Chan-wook come James Stewart nella prima scena di Vertigo (La donna che visse due volte) di Alfred Hitchcock: un uomo che sale pian piano dei gradini testando la propria paura dell’altezza; Park non ha paura di confrontarsi con uno degli autori più importanti di sempre, non ha paura di girare un film fortemente influenzato da uno dei suoi capolavori, ma soprattutto non ha paura dell’altezza, dei gradini che lo collocano in una posizione sempre più elevata, sempre più pericolosa, eppure sempre più inebriante.

La paura di cadere del protagonista di Vertigo si concretizza in Decision to Leave, che inizia con la morte di un uomo, trovato esanime ai piedi della montagna che stava scalando. Un incidente forse, ma qualcosa sembra suggerire altro.

Durante le indagini il detective Jang Hae-joon (interpretato da Park Hae-il) inizia a dubitare di Song Seo-rae (interpretata da Tang Wei), moglie del defunto e immigrata cinese. Hae-joon inizia la sua investigazione interrogando e pedinando Seo-rae come James Stewart seguiva Kim Novak, ma tra un sorriso e un pranzo, tra un respiro coordinato e una sigaretta, il detective si innamora di lei rendendola al di sopra di ogni sospetto.

Nel suo capolavoro Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Elio Petri utilizzava l’autorità di un poliziotto per fare una critica al potere che rende insospettabile il supponibile; qui Park fa lo stesso tramite i sentimenti del detective, con Seo-rae che diventa un tutt’uno con lui e quindi con la sua autorità. L’amore malsano che caratterizza la trama di Decision to Leave è un’unione di corpi, menti e caratteri, con la persona innamorata completamente influenzata negli atteggiamenti, dai piccoli dettagli fino ai comportamenti più surreali.

Ricostruzioni e connessioni: il montaggio in Decision to Leave

decision to leave park chan-wook

La particolarità di Decision to Leave sta nel modo in cui Park abbia scritto un thriller d’impronta classica, che sarebbe potuto esistere anche nella Hollywood degli anni ‘50, ma modernizzato, dando un’enorme importanza alla tecnologia. Gli smartphone sono i protagonisti delle dinamiche investigative, prima sul piano comunicativo (con il traduttore dal cinese al coreano che aiuta Seo-rae a esprimere accuratamente quel che vuole dire), poi su quello poliziesco, e infine su quello sentimentale.

Le registrazioni audio e le app si rivelano prove importanti in quanto nitido riflesso della persona che le utilizza, il che aiuta la storia ad andare avanti impiegando la tecnologia come furbo escamotage risolutivo, per quanto perfettamente plausibile.

Il regista usa intelligentemente la tecnologia ai fini della trama, così come il montaggio cinematografico ai fini narrativi. Park Chan-wook e il suo fedele montatore Kim Sang-bum accolgono gli insegnamenti di Sergej Ėjzenštejn, cineasta dell’avanguardia sovietica degli anni ’20 che più di chiunque altro diede potenza al montaggio come massima espressione filmica, plasmando il cinema come arte visiva e obbligando lo spettatore a subire gli impulsi narrativi decisi dal regista.

Con la combinazione di due rappresentabili si ottiene la notazione di qualcosa che è graficamente irrappresentabile… questo è il montaggio.

Sergej Ėjzenštejn

Park e Kim muovono i personaggi a loro piacimento nello spazio-tempo delle vicende, spostando l’attenzione su circostanze (più o meno reali) viste con gli occhi del detective, attraversando gli ambienti tra supposizioni investigative e sentimenti profondi, che diventano fondamentali per comprendere l’evoluzione di Hae-joon. Così, vediamo tutto attraverso gli occhi dell’innamorato, un personaggio non più imparziale, che entra – grazie al montaggio anche fisicamente – nella vita della sospettata, portando lo spettatore con sé in un film frattale, ormai travolto da un mare in tempesta e incapace di vedere con chiarezza nella fitta nebbia, come in un dipinto di Caspar David Friedrich.

Decision to Leave tra mare e nebbia

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Pregio di Decision to Leave è senz’altro l’utilizzo delle metafore: la nebbia, oltre ad essere il titolo di una canzone fondamentale ai fini della trama, sembra la massima rappresentazione della mente di Hae-joon.

L’incapacità di vedere è una delle caratteristiche chiave di Decision to Leave, un’incapacità che culmina nella scena finale del film dove l’irrintracciabile diventa invisibile, quindi astratto. Le velature della nebbia sono presenti anche in diverse locandine del film, così come le onde del mare, un elemento ancora più importante sul piano narrativo (oltre che estetico).

Gli interni della casa di Seo-rae sono quasi completamente ricoperti di onde; quando Hae-joon vi entra, si trova in balia della corrente senza più essere in grado di controllare le proprie azioni. La fotografia sfrutta i colori freddi come il blu, il verde e soprattutto il verde acqua. Hae-joon ad un tratto confonderà il blu con il verde, un piccolo dettaglio che ci rimanda alla mente annebbiata di un personaggio confuso, sospeso tra le sfumature dei colori che possono assumere le onde del mare.

decision to leave mare

Park Chan-wook gira l’ennesimo grande film della sua filmografia. Per molti non sarà il più bello, forse non è destinato a diventare un cult. Tuttavia, è senz’altro l’opera più complessa e audace di una carriera già grandiosa. Decision to Leave è un film da vivere, interpretare e metabolizzare, è un capolavoro che potrebbe resistere al tempo traendo forza da nuove interpretazioni difficilmente individuabili a una prima visione. Uno di quei film che più ci pensi, più diventa indimenticabile.


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Classe 1997, appassionato di cinema di ogni genere e provenienza, autoriale, popolare e di ogni periodo storico. Sono del parere che nel cinema esista l'oggettività così come la soggettività, per cui scelgo sempre un approccio pacifico verso chi ha pareri diversi dai miei, e anzi, sono più interessato ad ascoltare un parere differente che uno affine al mio.

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