A un anno di distanza dal primo film, esce nelle sale il secondo capitolo della trilogia di Diabolik, sempre diretto dai Manetti Bros.: Diabolik – Ginko all’Attacco!, stavolta con Giacomo Gianniotti nel ruolo titolare. Tornano invece Miriam Leone e Valerio Mastandrea nei rispettivi ruoli di Eva Kant e Ginko, mentre la new entry Monica Bellucci interpreta Altea, personaggio importante nel mythos di Diabolik.
Diabolik – Ginko all’Attacco! fa notevoli passi in avanti rispetto al già apprezzato film precedente, pur riuscendo a mantenere una sua solida identità e una continuità stilistica con il suo predecessore.
Un sequel sapiente
In Diabolik – Ginko all’Attacco! i Manetti usano sapientemente le storie a fumetti originali e il linguaggio cinematografico, dando per scontate la familiarità con i personaggi e le dinamiche delle storie di Diabolik, evitando di risultare ridondanti o eccessivamente didascalici, e buttandosi a capofitto nell’azione sin dal primo fotogramma del film.
Il pubblico ha subito modo di rincontrare il famigerato Diabolik, assistendo nei primissimi secondi di Diabolik – Ginko all’Attacco! al nuovo colpo grosso del ladro, e di conoscere allo stesso tempo il nuovo volto e il fisico dell’attore Giacomo Gianniotti, che sostituisce Luca Marinelli dal primo film.
La scelta di ingaggiare Gianniotti si rivela a sorpresa molto più efficace rispetto a Marinelli: il nuovo attore infatti assomiglia molto di più alla sua controparte fumettistica, dai lineamenti del volto alla voce calda e decisa.
Marinelli aveva l’evidente compito di fare cassetta nel primo film, mentre adesso è compito di Gianniotti continuare l’epopea del diabolico ladro. Leone e Mastandrea riprendono i propri ruoli, e anche qui è da lodare la maestria dei Manetti nel ripresentare questi personaggi senza perdere troppo tempo in spiegazioni: la Kant è come sempre la fedele compagna di vita e complice del ladro, mentre Ginko sta mettendo in atto un elaborato piano per riuscire ad incastrare la sua nemesi.
Diabolik come Bond
Come anticipato, Diabolik – Ginko all’Attacco! non perde tempo e si getta subito nel vivo dell’azione. Azione per modo di dire, poiché in realtà Diabolik non è mai stato un fumetto prettamente azionistico, quanto più un thriller poliziesco, con qualche tinta spionistica e leggermente fantascientifico: le maschere e i numerosi gadget di Diabolik infatti sono molto fantasiosi, e ricordano molto gli stratagemmi di James Bond.
Non per nulla lo stesso Gianniotti ha paragonato la sua sostituzione a quella tradizionale di James Bond, sottolineando come si tratti di personaggi che fanno parte dell’immaginario comune, riconoscibili in quanto tali e non grazie al feticcio dell’attore (una lezione che anche la Marvel dovrebbe cominciare ad apprendere).
Le qualità di un cinecomic tutto italiano
Nonostante una relativa assenza di azione, Diabolik – Ginko all’Attacco! presenta molte scene d’azione, molto più movimento, e le scene sono più dinamiche rispetto alla staticità di gran parte del primo film. La trama segue molti fili, tutti i personaggi sono protagonisti: per buona parte del film sembra che sia l’Ispettore Ginko il protagonista principale (infatti il suo nome compare nel sottotitolo), grazie anche all’introduzione della Contessa Altea di Vallenberg, la segreta amante dell’Ispettore.
La presenza di Monica Bellucci (nonostante le discutibili scelte sul trucco e su un improbabile accento straniereggiante), eleva Diabolik – Ginko all’Attacco! e la sua artigianalità tutta italiana: al contrario di un altro recente cinecomic che appartiene all’immaginario pop italiano, Dampyr, i film di Diabolik ostentano la propria “italianità”, una qualità che si fa distinguere da altri fumettoni sul grande schermo, anche nell’eventualità che i film vengano esportati all’estero.
Diabolik – Ginko all’Attacco! risulta forse ancora più riconoscibile del suo predecessore: oltre a un Diabolik più fedele ai fumetti e all’introduzione di Altea, il sequel dei Manetti presenta una trama ricca di comprimari e una colonna sonora, firmata da Pivio e Aldo De Scalzi, molto più accesa, vivace e pop, che ricorda non per nulla le colonne sonore dei poliziotteschi e dei gialli anni ’60-’70. Per non nominare poi la meravigliosa sigla dei titoli di testa sulle note del singolo di Diodato Se mi vuoi, che esprime al meglio l’identità e le qualità dei film di Diabolik: spudoratamente italiani e pop.
I pregi e i difetti di Diabolik – Ginko all’Attacco!
Nonostante tutte queste qualità, Diabolik – Ginko all’Attacco! presenta ovviamente non pochi difetti: la recitazione è paurosamente sottotono, da parte di tutti gli attori e le attrici. La Bellucci soprattutto è svantaggiata da un eccessivo (e gratuito) trucco, che invece di ringiovanire la famosa bellezza dell’attrice, ottiene un effetto di appesantimento, rendendola quasi irriconoscibile.
La trama, nonostante i fan di Diabolik ne saranno deliziati, punta tutto su un colpo di scena che è facilmente identificabile sin dall’inizio anche a coloro che non sono familiari alle storie del ladro. L’assenza di azione, tanto criticata anche nel film precedente, in realtà rappresenterebbe più un pregio: come già detto Diabolik non è mai stato sinonimo di esplosioni e inseguimenti al cardiopalma, quanto più di mistero e suspense.
Invece la continuità stilistica, che si ricollega sapientemente al primo film, è sicuramente il fattore più lodevole di tutto il film: dal covo di Diabolik ed Eva alle botole segrete, dai comprimari di Ginko ai vicoli e i bar di Clerville, dalle maschere ai sotterfugi criminali: tutto punta sulla costruzione di una familiarità e di un universo visivo condiviso e coerente in ogni film, che promette non solo una degna conclusione della trilogia nel prossimo film, ma anche, chissà, la realizzazione di una serie continuata di film, magari con volti nuovi nei panni di questi iconici personaggi, che potrebbe rilanciare il cinema d’intrattenimento italiano.
Per ora, non resta che aspettare l’uscita del capitolo finale della trilogia dei Manetti, girato back-to-back insieme a Diabolik – Ginko all’Attacco!. Dopo la conclusione di questo film, i Manetti promettono un nuovo status quo, e un emozionante finale.
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La “recitazione sottotono” da quanto ho capito io è stata voluta per ricalcare quella degli sceneggiati rai degli anni ’60( anche perché in produzioni cosi grandi nulla è lasciato al caso) e comunque non è diversa da tanti attori americani in lingua originale(ti faccio l’esempio di Stallone, che in lingua originale è molto diverso dalla voce impostata di Amendola).
Sono d’accordo, la recitazione sottotono non è per forza un difetto, dipende sempre dai film singoli. In un film come Diabolik l’attrattiva non è certo la bravura degli attori, ma quella del personaggio e delle atmosfere da fumetto, cosa che è riuscita benissimo in questo caso.