Dopo aver diretto uno dei maggiori successi televisivi italiani, Petra con Paola Cortellesi, la regista Maria Sole Tognazzi torna al cinema con Dieci minuti, scritto a quattro mani con Francesca Archibugi e liberamente ispirato al romanzo di Chiara Gamberale. Il film racconta della rinascita di Bianca, una donna spezzata che, grazie alla terapia e a un riscoperto legame familiare clandestino, scoprirà nuovi lati di sé e una forza che non sapeva di avere per rimettersi in piedi. Dieci minuti non racconta nulla di nuovo, come sempre, però, in questi casi non è importante il soggetto, ma come viene raccontato.
Un ritratto delicato e sensibile
Dopo essere stata lasciata dal marito dopo una lunga relazione, l’unica della sua vita, e dopo aver perso il lavoro, Bianca cade in una profonda crisi esistenziale. La psichiatra Brabanti le propone una piccola scommessa, un patto: dieci minuti alla settimana in cui Bianca deve cimentarsi in esperienze che non aveva mai fatto prima. Questo metterà in luce aspetti nuovi della sua personalità, che piano piano porteranno a una riscoperta di sé e a un nuovo inizio.
Dieci minuti tocca temi molto delicati, raccontati con un tatto e una sensibilità estremamente realistici e toccanti. La natura dell’amore, delle relazioni, dei legami familiari, il conoscere se stessi, l’indipendenza. Ma anche la forza della sorellanza, nel senso letterale e simbolico del termine: il legame che Bianca riscopre e instaura con la sorellastra perduta è una delle componenti che danno forza e coraggio alla protagonista. Un avvicinamento che viene proposto dal padre per amore di entrambe le figlie, che è forse più potente e va oltre quello romantico. Dieci minuti ricorda che l’amore non risiede solo nelle relazioni sentimentali, ma anche e soprattutto nelle persone a cui si vuole bene, nella famiglia, nel senso più ampio del termine.
L’unico tasto su cui rischia di cadere, verso la fine, è il rapporto tra terapeuta e paziente, che cade in alcune banalità da film di finzione. Ma anche in quel caso si perdona il cliché, poiché anche l’evoluzione della relazione con la psichiatra fa parte del percorso personale di Bianca, della sua crescita: è una delle tappe del suo viaggio verso la riscoperta di se stessa e degli altri.
L’arte emotiva di Barbara Ronchi in Dieci minuti
Dieci minuti è uno studio del personaggio estremamente lucido e toccante, forte dell’impressionante recitazione di Ronchi. La sua resa di una donna spezzata, sin da prima della rottura della relazione col marito, è ipnotizzante.
Bianca è una donna insicura, ipersensibile e assorta in se stessa, persa in una dimensione autoreferenziale fatta di ansie e angosce, di ideali sull’amore e sulle relazioni, pesante e leggera allo stesso tempo. Le sue convinzioni e delusioni vengono descritte con sensibilità ed empatia, senza esplicitarle o sottolinearle, ma lasciandole trasparire dal comportamento della donna. Sin da giovane si è aggrappata a Nic, compagno di una vita, in cui vedeva l’unica roccia e sicurezza stabile. Quando questa sicurezza viene improvvisamente meno, Bianca è completamente persa.
Ronchi esprime lo spaesamento e l’ansia con un’empatia e una sensibilità uniche: attraverso il corpo, chiuso e impacciato, l’inflessione della voce, bassa e timida, e gli occhi, che trasmettono la tristezza e l’amarezza di un’intera vita. Ma mano a mano che il film procede, vediamo anche l’evoluzione di Bianca: il corpo è più libero e sicuro, la voce più ferma e decisa, negli occhi si legge il riscatto e il ritrovamento di se stessa, pur mantenendo le caratteristiche che ha sempre avuto: la sua timidezza e insicurezza non la lasciano mai del tutto, ma Bianca impara comunque a controllarle e a reindirizzarle nei posti giusti, e a viverle in modo sano.
Ronchi rende la sua Bianca un personaggio a 360 gradi, una persona viva, con un vissuto sentito, fisico, che il pubblico vive con lei. La sensibilità, l’immedesimazione di Ronchi rendono Bianca una persona vera, con tutte le sue debolezze e fragilità, mai esasperate ma anzi estremamente misurate e interiorizzate, permettendo così un’empatia più vera e realistica.
Quello che rende Dieci minuti un ottimo studio sul personaggio è anche il fatto che il film rimette in discussione la protagonista, quando Bianca realizza che il suo rapporto con Nic non era più sano, a partire dai suoi stessi atteggiamenti, che soffocavano il compagno. Una presa di coscienza realistica e ben scritta, di nuovo grazie alla scrittura esperta e intimistica di Tognazzi e Archibugi.
Il film di cui il cinema italiano ha bisogno
La dottoressa Brabanti della Buy invece è tutto l’opposto di Bianca: brusca, diretta, apparentemente insensibile, con una vena ironica sottile e pungente. Pur nella sua monodimensionalità, Margherita Buy riesce comunque a rendere la psichiatra un personaggio interessante grazie alle sue sfaccettature. L’ex compagno Nic, interpretato da Alessandro Tedeschi, pur avendo una presenza limitata, in una scena centrale del film di pochi minuti riesce a trasmettere l’intensità di un’intera vita vissuta assieme, con solo uno sguardo. Questa è la potenza di una stretta intesa tra sceneggiatura e recitazione.
La forza di Dieci minuti sta tutta qui: nei dialoghi ben scritti, nei rapporti umani rappresentati, nella resa dei personaggi, e infine nell’interpretazione degli attori. Tutto per raccontare una storia con un messaggio banalissimo nella sua semplicità, e che eppure colpisce, riesce comunque a trasmettere molti significati ed emozioni. Di film come Dieci minuti ne esistono tanti, forse troppi. Ma è un tipo di film di cui c’è sempre bisogno, soprattutto nello scenario del cinema italiano, e ancor di di più nel cinema italiano femminile e femminista.
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