Quando non si vuole ammettere una fine, si parla di nuovo inizio. Accade così nel secondo film tratto dalla fortunata Serie TV Downton Abbey, annunciato come principio di inusitate ere e invero placida e piacevole chiusura di un capitolo meritevole del decisivo finale. In sala dal 28 aprile con Universal Pictures, Downton Abbey II Una nuova era – sequel diretto della serie – ritrova i personaggi di sempre e ci accoglie con brillante ingegno nell’ennesima avventura della famiglia Crawley.
Torniamo a casa, seguendo a volata d’uccello il viale che ci consegna a Downton. Per i fan di sempre è un lieto “bentrovati”, anche se gli eventi a seguire cambiano i destini dei Crawley – in parte ridotta eppure sostanziale – aprendo a una nuova era ma congedando lo spettatore. Il capitolo si chiude, Downton ci saluta e tiene socchiusa una porta che ogni appassionato attenderà riaprirsi. Nel frattempo, resta il racconto di un sequel di sequel (i riferimenti in sceneggiatura richiamo eventi accaduti tanto nel corso delle cinque stagioni andate in onda dal 2010 al 2015, tanto la specifica situazione narrata dal primo film) che fa il suo dovere, non rovina nulla e impreziosisce personaggi e situazioni.
Non era necessario, ma esaudisce qualche desiderio recondito di chi vorrebbe credere che a Downton il tempo non passi mai. Proprio questo, tra l’altro, il tema di Downton Abbey II Una nuova era: il tempo che supera chi lo abita, la tecnologia che cambia e non ha le belle maniere inglesi (“il mondo moderno arriva a Downton”) e le famiglie che mutano. Storie di sempre, ma in compagnia di una famiglia che sul piccolo schermo un po’ ci manca.
La fine o l’inizio?
L’anno è il 1928, il palazzo è Downton. Bentornati, ci dice Simon Curtis in esordio di un film che dirige con maniera, scegliendo il solco della fedeltà. Nessun grande cambiamento in area d’immagine, ma qualche trovata di sceneggiatura movimenta pareti di cui ci sembra di conoscere persino le ragnatele.
La famiglia Crawley, che nel primo film veniva sorpresa dall’arrivo del Re e della Regina (si ponderava di monarchia e repubblica), viene qui divisa. Una parte resta a Downton, per l’occasione prestata a un set cinematografico con cui si spera di guadagnare il necessario per rifare il tetto (tempi duri anche per l’aristocrazia), un’altra è invece inviata nel sud della Francia per scoprire il mistero di una villa lasciata in eredità da un vecchio amante di nonna Violet.
I due gruppi si litigano le attenzioni, ma è Downton – ancora una volta – a vincere sui sospiri del cuore. Se non altro perché per quanto sia in Francia che la storia della famiglia Crawley rischia di cambiare per sempre, il set improvvisato nel palazzo è magnetico.
Non tutti sono contenti dell’arrivo delle troupe, “non penserai che ci immischieremo con quelli del cinema spero”, ma il fascino della cinepresa conquisterà anche i più recidivi. “Preferirei mangiare ghiaia”, l’astio della nonna – come sempre – non ha eguali in termini di simpatia e immediatezza. La settima arte e l’aristocrazia condividono qui un destino incerto. Da una parte l’arrivo del sonoro – che cambia il film a metà riprese e coinvolge inaspettatamente Lady Mary e persino un ispirato Molesley – dall’altro un cambio d’epoca, un ricambio generazionale e un’ardua legacy da portare avanti.
Siamo “all’indomani del Napoleone di Gance”, ma anche contemporanei a una società in veloce espansione, capace oramai di raggiunge persino la campagna inglese di un palazzo che mai davvero è riuscito (o ha voluto) ignorare l’era che corre. La serie ha sempre riflettuto sui cambiamenti, sin da quella prima (splendida) puntata in cui Mrs Patmore ridicolizzava l’idea della luce elettrica nelle cucine.
Downton Abbey II Una nuova era: tempo di modernità
L’abbinamento è fortunato e mai pesante. Downton Abbey è forte di una struttura familiare capace di risultare sempre avvincente. Ogni lungaggine si giustifica nell’amore per i personaggi, ogni sentimentalismo nel tempo trascorso assieme, ogni faciloneria in una lealtà cieca.
La conferma è ancora una volta l’altra famiglia del palazzo, composta dall’insieme pittoresco di camerieri, cuochi e aiutanti. Con una parte della famiglia sulle coste mediterranee, la servitù prende il controllo e il centro dell’inquadratura (sia del nostro film, che di quello raccontato nel set protagonista).
Scoglio inatteso sarà il rapporto con la troupe, e in particolare con la diva protagonista del film, testimone viva di un’epoca che cambia. Downton Abbey II Una nuova era aggiunge personaggi che infondono gioia e innescano moti narrativi in attesa del previsto scioglimento finale.
Downton Abbey per sempre
Downton Abbey II Una nuova era è più armonico del suo predecessore, la cui ultima mezz’ora risolveva ogni diatriba in scenette autonome e incasellate con poco estro. Il secondo capitolo escogita i giusti modi per riunire tutto attorno a uno stesso tavolo, persino cambiando alcune posizioni e dando alla brigata dei camerieri qualche meritata conquista.
Un film divertente, posto sui binari di un finale strappalacrime. Tutto è al suo posto, persino quando la fotografia si adagia ai colori caldi del mediterraneo francese. Downton Abbey si conferma un format vivo, di facile riproduzione ma a cui bisognerebbe dire addio, prima che la carta da parati sveli i primi segni di cedimento. La promessa di Mr. Carson in chiusura del primo film resta però una promessa in cui credere: “A hundred years from now Downton will still be standing”.
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