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Emily, il biopic anticonformista su Emily Brontë

6 minuti di lettura

È in sala dal 15 giugno Emily, il film biografico su Emily Brontë, scrittrice britannica dell’età vittoriana divenuta celebre per il suo romanzo Cime Tempestose. Emily segna l’esordio registico dell’attrice Frances O’Connor (A.I. – Intelligenza artificiale, The Conjuring 2, L’importanza di chiamarsi Ernest). La sua regia è già ben definita grazie a delle scelte stilistiche forti che si adeguano all’anticonformismo della sua protagonista. Ma fino a che punto la modernità tecnica funziona in un film come questo?

Una protagonista fuori dal tempo e dagli schemi

emily emma mackey

Emily Brontë è la seconda di tre sorelle – più piccola di Charlotte, più grande di Anne – ma come spesso accade con i più piccoli sembra essere la mina vagante della famiglia. Emarginata, giudicata, e quindi ancor più sotto pressione e distaccata nelle dinamiche familiari.

Frances O’Connor la ritrae quasi come fosse un personaggio burtoniano inserito in un classico film in costume, un freak dallo spirito goth, una reietta che irrompe in giochi di ruolo innocui mettendo tutti i presenti a disagio quando sceglie di impersonare la propria madre defunta. Emily è un personaggio costantemente fuori posto, fuori da ogni schema e perfino fuori dalla sua epoca, come fosse un riflesso del suo romanzo Cime Tempestose, che in passato ricevette pareri contrastanti per poi diventare un classico senza tempo.

Anche Emma Mackey – ottima nel ruolo della protagonista – all’aspetto non sembra totalmente immersa nell’età vittoriana come il resto del cast, così come la regia che si lascia andare a virtuosismi tecnici eccessivi, talvolta anche affascinanti ma che invalidano un soggetto che avrebbe meritato più compostezza.

Emily, quando lo stile intralcia la narrazione

emily emma mackey

Frances O’Connor al suo esordio dietro la macchina da presa si dimostra abile, ma non del tutto consapevole degli effetti che lo stile può avere sulla narrazione. Per quasi tutto il film – principalmente nelle scene più ispirate – si sente fin troppo la presenza del mezzo cinematografico, il che priva il film di un coinvolgimento emotivo più naturale e di un’atmosfera vittoriana che avrebbe giovato all’intera opera. La narrazione viene intralciata da uno stile insistentemente solenne, come se questo potesse dare sprint a una storia, anche interessante, ma dal ritmo fiacco.

Il genere biografico lascia spazio alla fantasia in un prodotto che sceglie consapevolmente di non essere storicamente accurato, ma la modernità della messa in scena non rende il film automaticamente postmoderno, e che anzi si regge su una sceneggiatura che vorrebbe osare aggrovigliandosi però in più di un cliché.

Emily, la figura della donna dietro la maschera dell’emarginazione

emily emma mackey

La più grande qualità del film è senz’altro l’audacia che caratterizza la protagonista. Nel film Emily indossa una maschera per gioco, ma nella realtà sceglie di essere sempre se stessa. Non cede alle volontà del padre, né a quelle di una società conservativa che la obbliga a un conformismo lontano dalla sua persona. Emily decide in autonomia cosa fare della propria vita, quale strada intraprendere, cosa scrivere e di quale uomo innamorarsi. Un ruolo contemporaneo che si accosta a quello interpretato da Holly Hunter in Lezioni di piano, film che peraltro si intreccia a questo grazie a degli echi bronteani relativi proprio a Emily Brontë e al suo Cime Tempestose.

Come nel capolavoro di Jane Campion le scene sentimentali sono forse le più riuscite del film, scritte con naturalezza e interpretate notevolmente da Emma Mackey, Fionn Whitehead e Oliver Jackson-Cohen. La chimica tra quest’ultimo e la protagonista è palpabile, costruita su sguardi, su momenti di passione tesi in grado di coinvolgere lo spettatore e accendere il suo interesse più che in ogni altra scena.

Emily è dunque un film non pienamente riuscito, ma che ha qualcosa da dire e lo fa con stile e decisione, pur non osando fino in fondo come forse avrebbe voluto. È un film immediato, intrigante, piacevole sebbene non lasci nessun memorabile ricordo al termine della visione. Quel che resta sono le potenzialità tecniche della sua regista e il talento di Emma Mackey, una giovane attrice ormai sulla rampa di lancio.


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Classe 1997, appassionato di cinema di ogni genere e provenienza, autoriale, popolare e di ogni periodo storico. Sono del parere che nel cinema esista l'oggettività così come la soggettività, per cui scelgo sempre un approccio pacifico verso chi ha pareri diversi dai miei, e anzi, sono più interessato ad ascoltare un parere differente che uno affine al mio.

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