fbpx
Enea Copertina

Venezia 80- Con Enea Castellitto rilancia, divide e si inebria del suo talento

/
5 minuti di lettura

Enea di Pietro Castellitto ci riporta a Roma, sprofondata nell’abbagliante lustro di decadenza morale. La capitale è una bocca affamata di desolazione pronta a divorare le membra, è ancora disperazione, solitudine e resa a una vita che grava sulle teste di tutti.

Enea è mito, archetipo e ambizione. È un Castellitto che torna a Venezia, dopo il successo de I predatori, con la testa alta e il coraggio di osare, alzando l’asticella della sua personale visione di cinema e calpestando forte l’acceleratore.

Consapevole arroganza di un talento sregolato

Enea Pietro Castellitto

Castellitto rientra dentro mura borghesi con l’audacia di un linguaggio che non desidera passare inosservato. È un’espressività manifesta, volutamente sofisticata, narcisistica e frullata di accenti marcati su ogni sua scelta stilistica. Enea è un film del suo autore e per il suo autore, libero di essere ciò che desidera e quindi facile di critiche alla sua altezzosità.

E se sull’amore per l’immagine non c’è di che discutere, tutt’altra perplessità può esondare dai contenuti. Può, perché il Pietro regista è divisivo, più di tanti altri. Lo si ama o lo si odia, senza vie di mezzo. In concorso a Venezia rilancia la sfida raddoppiando d’intensità, senza curarsi troppo della tempesta che gli gira attorno. Quindi infierisce con un film incisivo, allucinato, indistinto di generi e sicuro di sé, anche quando la propria sfacciataggine viaggia a sfavore di una trama vacillante, caotica, parcellizzata più che compiuta.

È una storia di malavita e ingenuità giovanile, figlia di un’apparenza che desidera potenza e in quella potenza ricerca generosità. Enea è famiglia, rimorso e trattato esistenziale. Smembra il suo incipit in un dialogo paradigmatico, involuto dentro a un’idea di vita portata alle sue estreme conseguenze: vivere soli o essere clan, a condizione che esista uno scopo e si scelgano le persone giuste. C’è di nuovo quell’ironia tagliente, tragicomica e politicamente scorretta, c’è ancora l’impronta precisa di una soggettività che si permea in scrittura e sua traduzione. Convincendo in una e traballando nell’altra.

Enea, dentro mura borghesi di giovanile vitalità

Giorgio Quarzo Guarascio in Enea

L’arena agiata di Enea è abitata da due giovani ragazzi, Enea (Pietro Castellitto) e Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio). La parabola della loro quotidianità è cadenzata dai locali che frequentano, dagli smerci di cocaina, i party abbacinati, le luci, la musica e le famiglie spezzate e fragili di insoddisfazione.

Eppure, nel barcollare esausto di personalità soffocate, ogni personaggio cerca il suo modo di sopravvivere e una via prodigiosa verso la felicità. Castellitto al suo punto ci arriva senza indulgenza, facendo soccombere le sue individualità e costringendole ad arrendersi all’unica vera opportunità di pace: l’amore. Che poi quello sia davvero il punto è questione di prospettive, ma lì ci porta il suo testo. Enea è tragica anti-eroicità, disagio giovanile, vitale e romantica ricerca di sé

È un film complesso che lascia in silenzio. Di quelli assordanti, da lacerare decisi con direzioni ferme e plausibilmente antitetiche. Lo si ama o lo si detesta, questo è l’arrivo e probabilmente l’aspirazione stessa di un trentenne giovane, sfrontato e inebriato da un talento indiscutibile. Che piaccia o non piaccia, una maturità di sguardo così sporca e così raffinata è lode al coraggio di un cinema italiano ancora vibrante di lucidità. Quanto al resto, questione di gusti.


Seguici su InstagramFacebook e Telegram per scoprire tutti i nostri contenuti!

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club





Laureata in Cinema e Comunicazione. Perennemente sedotta dalla necessità di espressione, comprensione e divulgazione di ogni forma comunicativa. Della realtà mi piace conoscere la mente, il modo in cui osserva e racconta le sue relazioni umane. Del cinema mi piace l’ascolto della sua sincerità, riflesso enfatico di tutte le menti che lo creano. Di entrambi coltivo l’empatia, la lente con cui vivere e crescere nelle sensibilità ed esperienze degli altri

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.