Ennio Morricone, il più grande compositore di musica per film, viene omaggiato dall’amico e collaboratore Giuseppe Tornatore in questo bellissimo documentario che è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel settembre del 2021. Si tratta di un’opera molto profonda e intima, narrata in prima persona dal geniale compositore romano che ci ha lasciati nel 2020 all’età di 91 anni.
Ne viene fuori un ritratto onesto e sincero, ma allo stesso tempo filtrato dalla soggettività del protagonista, che spesso non nasconde l’emozione nel narrare alcuni episodi del passato: ad esempio, il riconoscimento del suo valore da parte del maestro di conservatorio Goffredo Petrassi che lo difende all’esame finale.
Attraverso le parole di Morricone, ripercorriamo cronologicamente la sua vita e la sua carriera. In aggiunta alla voce del maestro, sono presenti contributi di amici, collaboratori, registi, musicisti di diverse generazioni: si passa da Carlo Verdone a Pat Metheny, da Hans Zimmer a James Hatfield, da John Williams a Bruce Springsteen e molti molti altri, tutti accomunati dalla condivisa ammirazione e adorazione per il grande compositore romano.
Riuscito e “orchestrato” benissimo il montaggio che raccoglie le testimonianze di più narratori, incrociando parole dette da narratori diversi per ottenere un risultato affascinante: dal punto di vista contenutistico ne viene fuori un pensiero comune e dal punto di vista formale sembra di sentire più strumenti di una composizione musicale che dialogano tra loro supportandosi a vicenda.
Ennio Morricone: dal cinema alla musica pop
Molto interessante scoprire che in origine Morricone volesse diventare medico, ma il padre non lo permise, pretendendo che venissero seguite le sue orme di trombettista. Da questa premessa, inizia la narrazione di tutti gli sviluppi della vita privata e artistica del Maestro, tra cui le difficoltà iniziali nel portare il pane a casa, anche dopo la morte del padre, lavorando in spettacoli e orchestre.
Poi l’inizio della collaborazione con la casa discografica RCA, che Morricone stesso salvò grazie alle sue innovazioni. Scopriamo un volto del Maestro meno conosciuto al grande pubblico, e quanto egli abbia contribuito allo sviluppo di tutta la musica italiana, non solo nel campo cinematografico.
Sono infatti suoi gli arrangiamenti, geniali e innovativi, di alcuni classici della musica pop degli anni ’60. Ad esempio, il brano In ginocchio da te di Gianni Morandi, le cui vicende in merito alla realizzazione vengono raccontate dal cantante stesso. In questo aneddoto già si nota l’atteggiamento pionieristico di Morricone, che propone arrangiamenti nuovi e all’avanguardia per l’epoca. Gli viene chiesto di rifare il tutto più volte perché i produttori si aspettano qualcosa di più classico. Alla fine il maestro, quasi con sufficienza, prepara ciò che gli viene richiesto con pignoleria quasi scolastica, come se questo per lui fosse fin troppo semplice e banale. Il brano diventa un classico, e lui lascia tutti a bocca aperta.
Sono molti altri gli esempi enumerati nel documentario: Se telefonando di Mina (qui il maestro spiega il concetto di poliritmia e dello spostamento dell’accento in maniera semplice e interessante), Abbronzatissima di Edoardo Vianello, Il Barattolo di Gianni Meccia… Ne viene fuori la genialità compositiva, di arrangiamento ma anche di sperimentazione del giovane Morricone, che ha intuizioni curiose come il voler registrare i suoni prodotti dall’acqua (Abbronzatissima) o il rumore di un barattolo che rotola (Il Barattolo) in un contesto di grande creatività che anticipa la moderna tecnica del sampling.
Architetture sonore, come Morricone costruiva le sue cattedrali
Morricone appare come un uomo introverso, timido, sicuro di sé ma non arrogante. Lui e l’amico, collega e collaboratore Nicola Piovani dicono ad un certo punto la stessa frase ma con una sfumatura diversa. Morricone dice, in prima persona, che le note sono le stesse per tutti e con questi “mattoni” lui può costruire i suoi “palazzi”. Quando la stessa similitudine viene raccontata da Piovani, i “palazzi” diventano, con una sfumatura di riverenza, “cattedrali”.
Nelle composizioni di Morricone, nonostante la forza sprigionata dalla musica, si nota anche la sua fragilità umana, il sentirsi in competizione con la classe di conservatorio in cui erano presenti molti compositori di spessore, il rapporto non semplice con il padre e con il maestro Petrassi, che non vedeva di buon occhio la musica per il cinema.
Inizialmente, Morricone quasi si vergogna ad ammettere di realizzare musiche per i film e tutta la sua vita (così come tutto il documentario) è dedicata alla ricerca di una rivalsa, di un riscatto, cercando di dare dignità alla musica da film, vista negli ambienti di Conservatorio come musica di second’ordine.
Nicola Piovani racconta di avergli chiesto se finalmente, verso la fine della sua carriera, cominciasse a considerare la musica per il cinema una musica degna e di spessore. “Ci sto pensando” è la risposta del Maestro.
Morricone & Leone, il nuovo standard della musica western
Nel documentario viene dato il giusto spazio al rapporto tra il compositore e Sergio Leone, i quali si conoscevano fin dai tempi della scuola. Tra i due nasce un sodalizio che definisce un nuovo standard per gli spaghetti western, ma non solo. Il musicista conferma le sue doti di innovatore e inserisce elementi che ora ci appaiono quasi scontati e ovvi all’interno delle colonne sonore per un film western, ma che prima di allora, ricordiamolo, non si erano mai sentiti. Fischi, ululati, chitarra elettrica, scacciapensieri, rumori di frusta e tante altre sperimentazioni, che hanno contribuito a rendere uniche le musiche della Trilogia del Dollaro.
Piano piano Morricone guadagna prestigio, ammirazione ma, nonostante questo, guarda sempre avanti, non si accontenta di ripetersi e cerca nuove soluzioni anche quando i registi e produttori si aspettano che lui rifaccia il fischio di Per un pugno di dollari ad ogni nuova produzione.
Tornatore ci racconta anche un Morricone all’avanguardia, con la sua partecipazione al Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza. Influenzato da questa esperienza, in quel periodo escono alcune delle sue colonne sonore più dissonanti e rumoristiche (i primi film per Dario Argento, ad esempio).
Il Maestro vive costantemente questa sorta di lotta interiore, questo conflitto tra musica alta e musica pop, tra sperimentazione e melodia. La madre stessa gli chiede di scrivere una bella canzone, una bella melodia, qualcosa di orecchiabile, ma lui sembra non volersi abbassare a fare qualcosa di così semplice: eppure è considerato uno dei più grandi melodisti tra i compositori di musica da film.
Si ascoltino a tal proposito le composizioni realizzate per C’era una volta il West di Sergio Leone: i primi 20 minuti sono musica concreta, difficile, più onomatopeica che armonica (ispirata al rumore del legno di una scala che scricchiolava dietro le quinte a un concerto) ma la melodia del tema principale del film è estremamente profonda, semplice ed emozionante. In questo film Morricone riesce a far convivere le sue due nature.
In un aneddoto curioso, sorprendentemente, Morricone racconta di come stesse addirittura per realizzare le musiche per Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, ma alla fine ciò non avviene semplicemente per una telefonata che non gli viene passata.
Al pari di Mozart e Beethoven
Il documentario parla anche della sua vita privata. Il Maestro sottolinea l’amore per sua moglie Maria, e l’importanza di questa persona nella sua vita, di come sia la sua compagna ma anche la sua prima critica e ascoltatrice e proprio a lei dedica il premio Oscar alla carriera ricevuto nel 2007.
Dopo numerose nomination e nessun premio, se non quello alla carriera, arriva finalmente anche un Oscar per la Miglior Colonna Sonora nel 2016 per il film The Hateful Eight. Quentin Tarantino si aspettava una musica simile a quella realizzata per i western di Sergio Leone, ma a 87 anni Morricone continua a non volersi ripetere e realizza una bellissima sinfonia, che il regista accetta fidandosi ormai ciecamente del Maestro.
Tarantino lo elogia e lo definisce il suo compositore preferito, al pari, se non più in alto, di Mozart e Beethoven. Morricone risponde elegantemente, senza arroganza, ma consapevole del suo valore, dicendo che ci sono voluti duecento anni per poter confermare lo spessore di quei grandi artisti, quindi è troppo presto per metterlo sul loro livello.
Guardando questo bellissimo documentario ci si rende conto, ovviamente, dell’importanza di un artista così ispirato, geniale e influente. Un musicista che aveva dubbi sulla dignità della musica da film, ma che verso la fine della sua carriera e della sua vita comincia, finalmente, a convincersi del suo valore. Sicuramente lui stesso ha avuto un ruolo determinante nell’elevare a forma d’arte questo tipo di espressione musicale, probabilmente più di chiunque altro e questo film di Giuseppe Tornatore sembra un regalo fatto al grande pubblico, un regalo che permette di rivivere e riascoltare le splendide composizioni del Maestro.
Grazie quindi a Giuseppe Tornatore che ci ha regalato scene di una carriera inarrivabile, facendo sentire gli spettatori un po’ come Salvatore, il protagonista di Nuovo Cinema Paradiso, che riceve in dono dall’amico Alfredo la possibilità di guardare tutte le scene di baci censurate nelle sue visioni giovanili.
Seguici su Instagram, Facebook, Telegram e Twitter per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!