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EO

EO, il potere delle immagini nel nuovo film di Skolimowski

6 minuti di lettura

Presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes, dove ha ottenuto il Premio della Giuria in ex-aequo con Le Otto Montagne, e la candidatura agli Oscar nella categoria Miglior Film Straniero, EO tornerà disponibile nelle sale italiane a partire dal 13 Marzo, dopo una breve finestra distributiva nel Dicembre scorso. Adattamento in chiave contemporanea di Au hasard Balthazar, pellicola diretta da Robert Bresson nel 1966, dove un asino fungeva da catalizzatore del Male, l’ultima pellicola di Jerzy Skolimowski ricalca l’espediente narrativo e si configura come un esperimento dall’impronta fortemente animalista.


EO contrappone quindi l’innocenza animale alla crudeltà umana. Skolimowski accende di rosso vermiglio alcune inquadrature, quasi a ricordarci quanto l’azione dell’uomo sappia rendere la loro vita sulla Terra un vero e proprio inferno, e inquadra l’ambiente che lo circonda come un uomo farebbe con il volto della propria amata, regalandoci immagini inebrianti, nei cui riflessi possiamo vedere il suo amore per la natura.

EO, l’immersione nella mente di un asino

Eo e Kasandra

EO è un asino che si esibisce in un circo polacco a fianco di Kasandra (Sandra Drzymalska), un’acrobata con cui condivide un rapporto speciale. Il legame con EO sembra l’unico a cui la ragazza tenga veramente, perché intimo e spirituale come nessun altro, frutto di una connessione affinata negli anni, tra abbracci, carezze e contatto tra i corpi. Quando il circo però viene smantellato, a causa delle proteste degli animalisti e di debiti piuttosto ingenti, EO viene costretto a separarsi da Kasandra e portato in una fattoria non lontano da lì. 

Da quel momento inizierà un’odissea che lo porterà in giro per l’Europa, alla mercé di uomini e donne di vario genere e catapultato in situazioni più o meno insolite, senza mai abbandonare però il sogno di ricongiungersi con la ragazza. Sono proprio i sogni e i pensieri di EO a rappresentare infatti una parte fondamentale della pellicola, perché quella che Skolimowski ci propone è a tutti gli effetti un’immersione nella testa dell’animale, che si traduce anche nell’utilizzo di alcune riprese in soggettiva e di flashback che ci aiutano a capire il rapporto tra l’asino e la ragazza e, soprattutto, quanto la mancanza di quest’ultima crei in lui un vero e proprio senso di angoscia.

EO torna alla vera essenza del cinema, perché è un racconto per immagini dove i (pochi) dialoghi e i (pochi) attori fanno soltanto da contorno a inquadrature e movimenti di macchina che sono sufficienti a raccontare un mondo e le sue svariate sfaccettature. Nonostante – ovviamente – non siano mai palesati, riusciamo a comprendere perfettamente i pensieri di EO, a tal punto che il suo viaggio interiore diventa il nostro, e risulta impossibile scindere i propri sentimenti da quelli dell’animale.

Uomo e Animale: l’eterno sopruso in EO

Attenzione: il seguente paragrafo contiene spoiler!

Un'immagine tratta da EO

Mi auguro che il film possa contribuire alla battaglia contro la crudeltà verso gli animali, non dobbiamo trattarli come oggetti ma esseri viventi, sono nostri fratelli

Jerzy Skolimowski

L’intento di Skolimowski è quello di dimostrare il catastrofico effetto dell’uomo sulla natura. Lo sguardo e il corpo morente di una volpe ferita da un colpo di fucile e un uccello ucciso da una pala eolica diventano in questo senso metafora di un sopruso senza fine. Allo stesso modo il film sembra voler manifestare la propensione dell’uomo a imprigionare gli animali. EO si sofferma davanti alla vetrina di un negozio, e vedendo un acquario inizia a ragliare, quasi a voler esternare il proprio dolore. Lui che passa da una prigione all’altra, perché anche le persone che lo trattano con gentilezza finiscono in realtà per recluderlo. 

Cancelli, porte, staccionate e gabbie limitano la libertà di un animale che al contrario dovrebbe poter vagare per il mondo a suo piacimento. In bilico tra una prigionia effettiva e una spirituale – perché costretto alla dolorosa lontananza con Kasandra – EO va incontro a un destino segnato. Il finale è secco, disturbante: un colpo lacera il buio dello schermo. Non lo vediamo, ma percepiamo il corpo di EO cadere e giacere a terra nell’indifferenza, la stessa di coloro che lo hanno condotto a quel punto. 


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Sono Filippo, ho 22 anni e la mia passione per il cinema inizia in tenera età, quando divorando le videocassette de Il Re Leone, Jurassic Park e Spider-Man 2, ho compreso quanto quelle immagini che scorrevano sullo schermo, sapessero scaldarmi il cuore, donandomi, in termini di emozioni, qualcosa che pensavo fosse irraggiungibile. Si dice che le prime volte siano indimenticabili. La mia al Festival di Venezia lo è stata sicuramente, perché è da quel momento che, finalmente, mi sento vivo.

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