L’appuntamento mensile con I wonder classic questo mese propone il film di Nicolas Philibert del 2002, Essere e avere, presentato alla 55ª edizione del Festival di Cannes. Il film non rientra nelle normali categorie del cinema commerciale ma è stato comunque un successo di pubblico, oltre a essere stato acclamato e premiato dalla critica internazionale: il film si è infatti aggiudicato, tra gli altri, il premio Louis Delluc, un César per il miglior montaggio ed è stato premiato come miglior documentario agli European Film Awards e dalla National Society of Film Critics di New York.
Il rapporto di Nicolas Philibert con il cinema
Nicolas Philibert è un regista difficile da inquadrare, da una parte fedelissimo alla realtà di cui vuole catturare ogni momento, ogni persona e ogni luogo, ma dall’altra creatore di vite parallele che di quella realtà risultano essere copie puntuali. I suoi film non possono essere definiti come dei semplici documentari, ma non sono nemmeno opere di finzione.
Se prendiamo la definizione di documentario ci viene detto che “documentario è un’opera audiovisiva i cui elementi narrativi ed espressivi costitutivi sono colti dalla realtà; nel documentario la vicenda narrata, gli ambienti dove si svolge e i personaggi che la interpretano sono reali e agiscono su un piano di realtà, a differenza del tradizionale cinema di finzione dove invece gli elementi costitutivi sono sostanzialmente costruiti artificiosamente”.
La definizione sembra calzare a pennello al cinema di Philibert ma c’è comunque una nota di sottofondo che stride, un elemento fuori posto, qualcosa che non torna. Pur essendo in tutto e per tutto riconducibile al genere del documentario, il cinema di Philibert se ne discosta per forma e sostanza assumendo le sembianze di un cinema di finzione. I suoi film sono prese dirette della realtà a cui viene applicata una sovrastruttura che gli conferisce l’abito di un film d’invenzione, di una storia raccontata e non estrapolata.
La componente realista è sempre fondamentale: Philibert tende a rappresentare la realtà in modo sincero e senza filtri, ricercando un’autenticità che risulterebbe impossibile se ricorresse a narrazioni o situazioni preparate. Per questo motivo rifiuta spesso l’uso di sceneggiature e rielaborazioni in fase di montaggio, due modi di intervenire nel tessuto della realtà che sono solitamente usati per immettere un significato ulteriore, un senso aggiuntivo. I film di Philibert risultano quindi essenziali e sintetici ma profondamente autentici grazie anche alla decisione del regista di concentrare l’attenzione sui particolari minuti, gesti ed espressioni che riescono a creare una forte empatia nello spettatore.
Le storie raccontate sono storie di persone comuni, esperienze umane quotidiane spesso al di fuori delle rappresentazioni più frequenti. Philibert osserva queste esistenze con umiltà cercando di indirizzare anche il nostro sguardo di spettatori verso la bellezza minima, la semplicità unica, la fascinazione semplice di questi soggetti che in altri luoghi e in altre mani risulterebbero banali e non interessanti. La forza di Philibert sta proprio nel riuscire a ridare e trasmettere l’unicità e la meraviglia di soggetti umani quotidiani.
Essere e avere, come uscire dai confini del genere
L’esempio migliore del cinema di Philibert è forse proprio Essere e Avere. Il film mostra un anno nella classe mista di una scuola di un piccolo villaggio nella campagna francese, gli alunni vanno dai 3 ai 10 anni e di loro si occupa un unico maestro in procinto di andare in pensione. L’intento è quello di mostrare la realtà ancora presente in queste zone rurali in cui alunni di diversa età vengono riuniti in un’unica classe, una situazione piuttosto rara che si riscontra esclusivamente in zone non centrali e poco abitate.
Attraverso il perno narrativo dello svolgimento dell’anno scolastico, Philibert riesce a raccontare con apparente semplicità diverse tematiche: dalla professione di insegnante al tema dell’apprendimento, dalla situazione sociale di queste zone al comportamento dei bambini, dalle dinamiche che si instaurano tra loro al rapporto che costruiscono con un adulto.
Come di consuetudine per Philibert, Essere e avere mostra l’intenzione di appropriarsi di metodi e tecniche del documentario per oltrepassare però l’ingabbiamento alla categoria: il film, infatti, non ci si presenta come un documentario tradizionale ma si lascia comporre dalle successioni narrative di dialogo e svolgimento della vita vera.
Philibert è riuscito ad annullare la sua presenza fisica all’interno della classe e riprendere le lezioni senza alcun intervento: non c’è una sceneggiatura, non ci sono battute da recitare, le persone coinvolte appaiono per essere sé stesse, non diventano personaggi, non interpretano una parte. Il film si caratterizza per un’indole osservativa, uno sguardo puro e diretto, senza filtri e sovrastrutture allo scopo di proporre agli spettatori il prodotto più neutro e oggettivo possibile in modo tale che possano costruire in libertà un proprio rapporto con ciò che stanno guardando.
Le materie tematiche su cui Philibert maggiormente si concentra sono quelle della relazione e dell’educazione; l’ambiente della classe mista non è scelto a caso, Philibert vuole indagare e mostrare quel preciso ambiente del tutto particolare e autonomo. La classe scolastica si configura per i bambini come uno spazio sicuro e confortevole dove possono sentirsi a loro agio instaurando rapporti sinceri e di fiducia con gli altri che da compagni diventano amici, ma anche con l’insegnate che è figura di riferimento non solo per l’insegnamento scolastico ma anche per una sfera più personale e intima.
L’attenzione di Philibert è spesso rivolta al ruolo di insegnante che racchiude in sé quello di guida, mentore, educatore. A lui è riservata una funzione chiave, il compito di dare vita e forma a una comunità fondata sulla fiducia e sulla sincerità, ma anche il dovere di offrire un primo ed essenziale nucleo di conoscenze fondamentale per i bambini.
Nicolas Philibert con i suoi film, e con Essere e avere in particolare, apporta un contributo unico al cinema internazionale, uno sguardo originale, una poetica rara che vuole raccontare la particolarità delle piccole cose, delle esistenze comuni, veicolando così emozioni e pensieri universali.
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