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L'estate in cui imparammo a volare

L’estate in cui imparammo a volare: un romanzo rosa adattato al 2021

5 minuti di lettura

L’estate in cui imparammo a volare è il nuovo adult drama targato Netflix, sulla piattaforma dal 5 febbraio. Le dieci puntate della prima stagione sono la ricostruzione, tassello per tassello, della vita di due donne, tanto unite quanto diverse: Kate Mularkey (Sarah Chalke) e Tully Hart (Katherine Heigl).

La storia, tratta dal romanzo di Kristine Hannah Le ragazze di Firefly Lane (e Dio solo sa perché Netflix Italia non ha mantenuto il titolo del libro, invece di regalarci il solito titolo prolisso e completamente slegato dalla trama), viaggia su tre binari temporali, che si alternano durante le puntate: gli anni Settanta in cui le due ragazze si conoscono e legano; gli anni Ottanta, in cui entrambe fresche di college lavorano nella pulciosa redazione di un canale TV di Seattle alle dipendenze del fascinoso Johnny; e infine gli anni Duemila, in cui Tully è una ricca e infelice star di un talk show e Kate la madre disoccupata di un’adolescente isterica a causa dell’imminente divorzio dei genitori.

Alti e bassi in uno show da coperta e tisana

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Kate (Sarah Chalke) e Tully (Katherine Heigl) in una scena della serie

L’estate in cui imparammo a volare è un drama godibile nelle serate uggiose con tisana e plaid, magari in compagnia di vostra madre. La storia delle due amiche vive di alti e bassi, con domande lasciate senza risposta e cliffhanger da soap opera ben adattati al pubblico del 2021.

Si ride e si piange durante le dieci puntate che compongono la prima stagione. Fanno da padrone i rapporti madre-figlia, le asperità del matrimonio e il cambiamento della figura della donna nel corso dei decenni affrontati, oltre a flirt, tradimenti, relazioni ed equivoci tanto cari al genere. Le tematiche affrontate sono esposte in modo leggero, ma non superficiale o paternalistico, ripulendo L’estate che imparammo a volare da quello spirito ammuffito da adult drama rosa a cui un soggetto simile rischia di cedere.

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Tully e Kate si sostengono nei loro rispettivi momenti di fragilità, costruendo un rapporto solido ma quasi morboso, in cui nessuna delle due sopravvive senza l’altra. L’amicizia tra le due donne si fa più interessante in età matura, quando la disparità di obiettivi e scelte sembra diventata enorme, ma lascia sempre spazio al bicchiere di vino (o di tequila, o di scotch, o di qualunque altro alcolico, che nel corso della serie scorre a fiumi) in piscina e alle confessioni notturne tra amiche.

L’estate in cui imparammo a volare e il femminismo borghese

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Tully (Ali Skovbye) e Kate (Roan Curtis) nelle scene ambientate negli anni ’70

Trattandosi di una serie TV al femminile, L’estate che imparammo a volare non poteva (e non doveva) esimersi dal trattare tematiche fondamentali per il femminismo contemporaneo. Il problema è che ogni volta che lo fa forza la mano, ottenendo risultati goffi e meccanici, con sequenze che sembrano prese da un decalogo e incastrate lungo il percorso della trama.

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L’arrivo delle mestruazioni, il maschilismo nel mondo dei media, l’aborto e la sottomissione della donna negli anni Settanta provano a passare come messaggi forti e innovativi, ma sembrano solo il blando tentativo di far sospirare qualche signora bianca dell’Upper Side. Nessun argomento viene affrontato a viso aperto, ma solamente accennato attraverso brevi scene che sembrano imboccare la direzione giusta e all’ultimo momento deviano verso altri argomenti prima di diventare eccessivamente scabrose.

Ben inteso: L’estate che imparammo a volare non è una serie ruffiana o superficiale. È una serie gradevole e senza pretese che a volte tenta di alzare timidamente il tiro. L’intreccio è avvincente e la vita delle due amiche diventa sempre più sfaccettata man mano che le puntate procedono. Inoltre, per gli amanti delle serie medical, Firefly Lane non può essere persa, anche solo per vedere insieme la dottoressa Isobel di Grey’s Anatomy (Katherine Heigl) e l’adorabile Elliot di Scrubs (Sarah Chalke).


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