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Esterno notte, la tragedia umana di Aldo Moro secondo Bellocchio

Un'opera che osserva la tragedia di Moro attraverso gli occhi degli altri

7 minuti di lettura

Dalla passeggiata liberatoria e sognatrice di Aldo Moro nello splendido finale di Buongiorno, notte sono trascorsi quasi vent’anni e quella camminata si è trasformata in un letto d’ospedale, dove Aldo Moro finalmente libero dalla prigionia guarda i suoi amici di partito Cossiga, Andreotti e Zaccagnini mentre piange senza più forze per quello che ha dovuto passare, senza alcuna pietà e senza più nessuna riconoscenza verso chi non è riuscito a salvarlo. Inizia così Esterno nottecon un’alterazione della storia, una via d’uscita da un’equazione a cui non si riesce più a cambiare il risultato, lo stesso tentativo di cambiare il passato che Bellocchio aveva già attuato in Buongiorno, notte dove aveva già affrontato la tematica e la vicenda di Aldo Moro. 

Esterno notte è però qualcosa di completamente diverso dal precedente. Se il film del 2003 raccontava la sfera intima dei maledetti cinquantacinque giorni di prigionia dell’allora presidente della DC e costruiva un ossimoro filmico per unire i lontani concetti di realtà e immaginazione, con questo nuovo progetto l’obiettivo è mostrare ciò che è successo fuori, appunto l’esterno di quella notte durata quasi due mesi in cui l’Italia si è fermata e ha assistito inerme a uno dei punti di non ritorno del paese.

Dal dentro al fuori. Da un film di poco meno di due ore a un film con una struttura televisiva in sei episodi dalla durata di quasi sei ore. Il primo presentato a Cannes e uscito sconfitto in una delle edizioni più controverse e chiacchierate, il secondo presentato di nuovo a Cannes 2022 alla settantacinquesima edizione e nelle sale italiane diviso in due blocchi (il 18 maggio e il 9 giugno) e dal 14 al 16 novembre in prima serata su Rai1.

Una tragedia umana osservata dall’esterno

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Esterno è qualcosa che è o appare al di fuori di qualcos’altro e infatti Aldo Moro in Esterno notte appare pochissimo. La sua figura, interpretata magistralmente da Fabrizio Gifuni, è in scena solo all’inizio e alla fine dove Bellocchio ci fa entrare nella sua sfera di marito, papà, nonno, professore, politico e infine martire. Tutto il resto del progetto si concentra sul mostrare i molti punti di vista con cui la vicenda è stata osservata, su chi ha vissuto da fuori quella tragedia del 1978 che ha cambiato per sempre l’Italia.

La storia viene guardare e ripercorsa dagli occhi della politica tramite l’immobilismo della DC, dagli occhi della famiglia tramite la lotta della moglie e dei figli di Moro, dagli occhi della religione con l’approfondimento del dolore di Paolo VI e dagli occhi delle Brigate Rosse con il racconto della storia dei due brigatisti Adriana Faranda e Valerio Morucci. 

Una fitta ragnatela di occhi che fanno emergere perfettamente il dolore di Cossiga, figlio politico e spirituale di Aldo Moro, che non riesce a darsi pace per non aver fatto abbastanza per proteggerlo e per non riuscire ad avere il coraggio di fare tutto il possibile per salvarlo.

Emerge la freddezza e l’irremovibilità di Andreotti, la tranquilla ignavia di Berlinguer, il tentativo di Paolo VI nel trattare in segreto con le BR per salvare il suo grande amico. E infine le forti ipocrisie di un’organizzazione terroristica che crede dogmaticamente in una rivoluzione irreale e irrealizzabile, che per anni ha compiuto stragi in nome di un’idea folle e senza alcun senso. 

Esterno Notte, un progetto monumentale

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Esterno notte è un’opera monumentale, che unisce serialità e cinema per costruire un progetto necessario e fondamentale per il cinema italianoBuongiorno, notte è intimo, ideologico e rinchiuso nelle pareti di una casa romana. Esterno notte invece è il suo controcampo, un’epopea collettiva, denso di sfaccettature e diverse angolazioni che ruotano attorno alla tragedia di un uomo. Esterno notte è freddo, glaciale, rigido e inesorabile. Non giudica ma mostra, non fa emergere buoni o cattivi ma racconta con lo stile di Bellocchio cosa è successo, come è successo e perché è successo. 

In Esterno notte non c’è spazio per le emozioni, per le lacrime, ma solo per una consapevolezza paralizzante e un avvilente rassegnazione. La chiave di un progetto così lungo e complesso è proprio creare un distacco per scattare la fotografia più nitida possibile perché quello che è successo in quei turbolenti mesi del 1978 è riuscito a cambiare la storia di un paese intero.

Solo in questo modo riesce a emergere il martirio di un uomo crocifisso come Cristo da un destino già scritto, le ambiguità di una politica ferrea incapace però di salvare la sua figura più autorevole e messa in ginocchio dal caos rivoluzionario, il profondo dolore di una famiglia a cui non è stato restituito l’amore e la presenza di un semplice uomo.

 Esterno notte chiude in modo eccezionale un cerchio che non era stato ancora chiuso. Un film che abbraccia la servilità televisiva, l’esterno che si unisce all’interno per completare il quadro di una storia dove l’Italia ha perso un pezzo di sé e di un avvenimento così tragico e importante che non può essere dimenticato.


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Il cinema e la letteratura sono gli unici fili su cui riesco a stare in equilibrio. I film di Malick, Wong Kar Wai, Jia Zhangke e Tarkovskij mi hanno lasciato dentro qualcosa che difficilmente riesco ad esprimere, Lost è la serie che mi ha cambiato la vita, il cinema orientale mi ha aperto gli occhi e mostrato l’esistenza di altre prospettive con cui interpretare la realtà. David Foster Wallace, Eco, Zafón, Cortázar e Dostoevskij mi hanno fatto capire come la scrittura sia il perfetto strumento per raccontare e trasmettere ciò che si ha dentro.

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