Extrapolations è la prima Serie TV di Scott Z. Burns, acclamato sceneggiatore, noto ai più per Contagion, che ha incontrato un rinnovato successo nel periodo pandemico a causa dell’incredibile somiglianza con la realtà. Negli ultimi anni Burns si è avvicinato alla regia (vi segnaliamo il suo The Report, disponibile su Prime Video), infatti ha ideato, diretto e prodotto lui stesso questa miniserie. Da sempre intrigato da temi d’attualità piuttosto spinosi, Burns ha voluto esplorare tramite il mezzo cinema i disastrosi effetti del cambiamento climatico sul nostro pianeta, realizzando un prodotto quasi antologico, che spezzetta temporalmente e geograficamente il preoccupante futuro dell’umanità e lo osserva dal punto di vista di una manciata di personaggi.
Extrapolations non è una Serie TV distopica o un prodotto alla 2012. Sembra un’indagine – anche abbastanza accurata, verrebbe da aggiungere – su come potrebbero andare le cose se non ci impegniamo a rallentare il cambiamento climatico, accelerato a dismisura dalle azioni umane. D’altronde, Burns non ha alcun bisogno di ricorrere a esagerazioni per mettere in piedi il suo spettacolo del terrore: gli basta dire la verità.
Extrapolations è limitata a una sola stagione, composta da otto episodi collegati tra loro; i primi tre sono in arrivo dal 17 Marzo 2023 su AppleTV+, i restanti usciranno uno alla volta ogni venerdì fino al 21 Aprile. La Serie TV vede la partecipazione eccezionale di attori e attrici di spicco quali Kit Harrington, Sienna Miller, Tobey Maguire, Marion Cotillard, Forest Whitaker, Edward Norton, Indira Warma, Diane Lane.
Extrapolations, frammenti del nostro futuro apocalittico
Capita, a volte, che il cinema preveda il futuro. Il cinema di fantascienza ha spesso anticipato tendenze, scoperte e invenzioni che oggi fanno parte della nostra quotidianità. Un tempo i telefonini a conchiglia e le porte automatiche erano appannaggio della flotta della USS Enterprise. Oggi Extrapolations prevede il futuro faticando meno di quanto abbia fatto Star Trek: le è sufficiente basarsi su evidenze scientifiche, dati, analisi e un po’ di buonsenso per descrivere la vita dell’umanità tra pochi decenni, quando la temperatura della Terra avrà superato la soglia di 1,5°C, innescando catastrofi ambientali con le quali tutti dovranno fare i conti.
Nell’era delle fake news che corrono rapide sugli schermi dei nostri cellulari e screditano la lotta al cambiamento climatico, Scott Z. Burns sceglie la cruda verità. Immagini quasi documentaristiche di una Madre Natura in ribellione contro gli abusi dell’uomo si inseriscono nelle narrazioni riguardanti i singoli individui, che si barcamenano tra lavoro, famiglia, amore, fede, anelando alla semplice sopravvivenza. La quotidianità di ogni persona sulla Terra è stravolta, e lo è sempre di più, man mano che gli episodi si susseguono, perché ognuno di essi è ambientato in un anno diverso (gli otto episodi coprono un arco temporale che va dal 2037 al 2070).
Ecco perché Extrapolations ritaglia frammenti nel nostro futuro prossimo (il titolo, abbellito dell’inutile sottotitolo Oltre il limite in italiano, significa letteralmente estrapolazioni) e li scaglia addosso a noi, spettatori, con quella violenza tipica di chi urla in faccia la verità.
Un primo episodio ad alto impatto visivo
Il primo episodio, intitolato 2037 poiché ambientato nel medesimo anno, ci introduce a un mondo in lotta per la sopravvivenza: da un lato la gente comune, spesso in strada per far sentire la propria voce nella lotta al cambiamento climatico contro l’indifferenza dei grandi della Terra, e dall’altro i più ricchi, coloro che, asserviti alle logiche capitalistiche, si approfittano della situazione critica e cercano di trarne vantaggio per sé. Burns non scade nei complottismi, ma addita le grosse multinazionali, assieme ai governi – spesso costretti a fronteggiare lo strapotere dei CEO e incapaci di assumere posizioni ferme -, come colpevoli del peggioramento della situazione.
La verosimiglianza delle strutture sociali, degli ambienti, delle tecnologie è ciò che permette allo spettatore di immedesimarsi nei personaggi, condividere le loro paure (che poi sono le nostre). Extrapolations è la messa in scena delle nostre inquitetudini proiettate dieci, venti, trent’anni in avanti: la sceneggiatura della Serie è quella del nostro avvenire.
Impressionano, insieme all’estremo realismo, le immagini potentissime scelte da Burns. Il gioco di cromatismi riflette le diverse tipologie di catastrofi ambientali: i colori si fanno caldi, incandescenti, quando l’aria diviene bollente e irrespirabile, riusciamo a sentire noi stessi la mancanza di ossigeno provocata dagli incendi che distruggono ettari di foreste; di fronte allo scioglimento dei ghiacciai, i toni mutano verso un freddo bluastro, persino la scenografia diventa asettica e modernissima. La maestosità della Natura è una risorsa estetica fondamentale per Extrapolations, specie vista l’altissima qualità delle riprese, che si unisce a una convincente sceneggiatura.
Il finale dell’episodio è emblematico dell’intera serie: un abbiente imprenditore, interessato a mettere su un’attività redditizia nell’Artico, lancia in acqua un pezzo d’oro, credendolo un sasso privo di valore. La simbologia è piuttosto semplice: gli indicavano la Luna e lui guardava il dito, proprio come quando, di fronte all’evidenza della gravità della condizione in cui versa il pianeta, ha continuato ad anteporre a tutto il proprio guadagno. La vendetta della Terra arriva in fretta e nel momento in cui l’uomo si getta alla ricerca dell’oro, un tricheco lo attacca, uccidendolo. Una bella parabola, insomma.
“We made the world sick”
L’episodio 2046 di Extrapolations ci fa fare un ulteriore balzo nel futuro. Un tema centrale è rappresentato dall’estinzione della fauna terrestre, ridotta ormai a pochi esemplari. Alcune società hanno trovato un modo per lucrare sulla perdita del patrimonio zoologico, studiando gli ultimi esemplari ancora in vita e sfruttandoli per creare banche dati al fine di riprodurre gli animali artificialmente in laboratorio. Mentre la biodiversità diventa uno sbiadito miraggio, anche l’uomo non se la passa bene. Tantissimi bambini nascono con una patologia grave denominata Summer Hearth, che impedisce loro di trascorrere più di pochi minuti esposti alla luce solare.
Alla fine dei conti, ogni essere vivente pare essere sulla stessa barca: la fine è imminente e la colpa non è di altri che nostra.
Ad ogni episodio di Extrapolations, la temperatura aumenta e il livello dei mari con essa. In 2047, le terre emerse vengono inondate dalle acque. Un rabbino con un passato da ambientalista cerca di salvare il suo tempio a Miami, che ormai accoglie fedeli che indossano galosce. Ma non tutti gli edifici possono essere salvati: la città affonda e solo un apposito ente governativo può concedere protezione a qualche eletto. Fede e corruzione si intrecciano in un episodio che alimenta, a buon diritto, l’eco-ansia, incarnata da una bambina disperata, una piccola credente che non si spiega perché Dio sta punendo così il mondo.
La risposta arriva dalla guida spirituale, il rabbino: non chiederti perché Dio lo sta facendo o perché non lo sta bloccando, chiediti perché noi non lo stiamo fermando. E, nonostante la drammaticità di quanto narrato e mostrato (le immagini colpiscono più di mille parole), Burns si riserva di inserire uno sparuto guizzo di speranza, lasciando intendere che forse, aiutandosi l’un l’altro in un ritrovato senso di comunione fraterna, qualcosa si può ancora salvare. O almeno, è possibile andarsene con più dignità.
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