Indubbiamente esistono molti modi di guardare un film o una serie televisiva. C’è chi preferisce stare sul divano con accanto una ciotola di gustosi pop-corn, chi non guarda niente se non è seduto sulla poltroncina della sua sala cinematografica di fiducia, chi non disdegna una visione sullo schermo del cellulare, magari quando è in viaggio in treno e il wi-fi (miracolosamente) funziona. C’è chi in 24h binge-watcha la serie Netflix del momento e chi invece ama gustarsi il suo unico episodio settimanale, assaporando ogni minuto di messa in onda. Ma vi è mai capitato di aver iniziato un film pur dovendo uscire poco dopo e accorgervi all’improvviso di aver calcolato male le tempistiche?
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Esatto, sono quei 15 minuti che fanno la differenza. Che fare? A quel punto le opzioni sono due: o si arriva in ritardo all’appuntamento o si finisce la visione appena rincasati. In questo articolo offriamo una terza soluzione (ma segnaliamo trigger warning per i cinefili più puristi).
Che cos’è il fast-watching in poche parole
Meno conosciuta rispetto all’abusato termine binge-watching, l’espressione inglese fast-watching (o speed-watching) significa “guardare velocemente” e indica proprio l’atto di guardare un film, una serie, un video a velocità raddoppiata, triplicata e così via.
Quella che può sembrare una pratica barbara agli occhi dei cinefili incalliti (abituati a gustarsi Andrej Rublëv di Tarkovskij nelle sue tre orette piene) è una risorsa insostituibile per chi è immerso nella quotidianità del 2021. Nella società del consumo di oggi si respira infatti l’aria dell’universo fittizio di Momo di Michael Ende, un mondo popolato da banchieri e risparmiatori del tempo, dove è appunto il tempo che diventa moneta di scambio. La pratica del fast-watching è adatta a chi vuole fagocitare a gran velocità un sostanzioso numero di prodotti audiovisivi, pur avendo a che fare con ritmi quasi industriali e un catalogo in crescita esponenziale.
Jeff Guo e la scoperta del fast-watching
Era il 22 giugno 2016 quando, nel suo articolo I have found a new way to watch TV, and it changes everything, il giornalista Jeff Guo, allora collaboratore del Washington Post, descriveva che cos’è il fast-watching, dichiarando di non poterne più fare a meno. Va detto che Guo non è l’unico sostenitore di quest’abitudine, anzi, sono sempre di più i fruitori di prodotti audiovisivi che scelgono ridurre drasticamente i tempi di visione, aiutati dalle nuove funzionalità introdotte dalle piattaforme di streaming.
“I have a habit that horrifies most people. I watch television and films in fast forward.”
Jeff Guo
La diffusione su ampia scala di Netflix, Amazon Prime Video e simili ha permesso agli utenti di avere sempre a disposizione un comodo tasto per cambiare la velocità di riproduzione di film e serie. Come riporta Guo, ricerche hanno dimostrato che le persone spesso scelgono di utilizzare queste funzionalità, che si tratti di un video su YouTube, di un podcast o di un intero film. Esiste addirittura un’estensione di Google Chrome che accelera la velocità dei video su diverse piattaforme.
Il fast-watching come mezzo per aumentare il piacere della visione
Tra i benefici del fast-watching non c’è solo il risparmio di minuti o addirittura ore preziose, ma anche una migliorata esperienza di visione. Difficile a credersi? Beh, se guardare a ritmo normale ci aiuta a cogliere i dettagli, tante volte non agevola il riconoscimento della struttura complessiva del racconto. Inoltre, nota sempre Jeff Guo, il rapido botta e risposta necessario ad alcune battute per essere d’effetto funziona meglio se la velocità è incrementata (in sostanza, Modern Family fa più ridere se visto al 160% della velocità).
Guo afferma di vedere un film o un episodio di una serie allo stesso modo in cui legge un libro: fa salti in avanti durante le scene noiose (violenza gratuita, trame secondarie che fanno da “riempimento” e via dicendo), torna indietro per guardare di nuovo una sequenza interessante o qualcosa che gli è sfuggito, accelera o diminuisce la velocità. Dopottutto, riflette Guo, siamo passati da un consumo collettivo (in sala) ad un consumo sempre più individuale (ancora di più con la pandemia degli ultimi anni, aggiungiamo) e diversificato, poiché ognuno sceglie dove, come e quando sedersi di fronte allo schermo. Non è strano quindi personalizzare le nostre esperienze di fruizione.
Il fast-watching distruggerà il cinema?
I puristi guardano a questa soluzione con scetticismo o con incredibile astio, da un lato perché si tende sempre a disprezzare la novità e ciò che non si conosce, dall’altro perché il fast-watching sembra tradire l’essenza del cinema. Tuttavia è ancora una volta Jeff Guo, nel succitato articolo, ad indagare a fondo l’argomento. Il cervello umano, spiega, è capace di adattarsi più o meno rapidamente ai cambiamenti, perciò, dopo qualche mese di sperimentazione con il fast-watching, quel che potremmo chiamare real-time-watching diventa insostenibile, tanto lento da innervosire lo spettatore. Come riportato da Wired, studi dimostano che un leggero aumento della velocità di riproduzione non compromette affatto la comprensione. Anzi, come sottolinea Guo, molte persone preferiscono gustarsi un film al 30, 40 o 50% in più rispetto al normale ritmo. Sembrerebbe quindi una questione d’adattamento.
Peter Markham, insegnante di regia all’American Film Institute Conservatory interpellato dallo stesso Guo, afferma che accelerare La finestra sul cortile è come tentare di accelerare una canzone di Beyoncé: è già alla velocità che dovrebbe avere e modificandola si finisce col cambiare radicalmente l’esperienza di fruizione. Tuttavia, questo succede già: con i fan video, il ri-montaggio dei prodotti audiovisivi da parte degli appassionati, le fan fiction scritte prendendo le mosse dalle sceneggiature che più hanno spopolato tra gli spettatori. Mai quanto oggi è vero che, una volta che l’arte viene creata e mostrata alle masse, diventa in una certa misura proprietà del pubblico, che ha la possibilità di manipolarla e riadattarla (grazie all’aiuto delle nuove tecnologie). Nonostante ciò, il cinema non è ancora morto, perciò si suppone che resisterà anche al fast-watching.
Essere fast-watcher non è un crimine (ma non esserlo è un atto rivoluzionario)
Se ricorriamo a stratagemmi come il fast-watching per restare in pari con le nuove uscite, è ancora un piacere guardare le serie? È la domanda che si pone Nico Morabito in Troppe serie? Speed watching e altri rimedi, schiettissimo articolo in cui elenca le esperienze di amici e conoscenti, che ammettono di provare una fatica immane a rimanere al passo col mondo: podcast, dischi su Spotify, serie TV, film candidati all’Oscar, libri selezionati per il Premio Strega… Come fare? Tra gli intervistati c’è chi nega (spesso mentendo) e chi conferma, con un candore quasi disperato che mette tristezza, di skippare le scene prive di dialoghi, di usare il fast-watching per riuscire a vedere il più possibile, e così via.
Non è un mistero che la società odierna ci voglia performanti, multi-tasking, pronti, con un’opinione su tutto. L’industria cinematografica, specialmente quella che trova la sua fortuna nello streaming, ci vuole bulimici, divoratori di show, disposti a ingurgitare qualunque cosa solo perché di moda. In un contesto simile, il fast-watching può essere un’utile risorsa se non addirittura una scelta obbligata (pensiamo a chi si occupa di cinema per lavoro!).
Stando così le cose, essere fast-watcher non è una colpa né tantomeno un crimine. Tuttavia, nella società dell’efficienza nulla è più rivoluzionario di essere inefficienti, e perdere tempo diventa un atto di ribellione ad un sistema imposto dall’alto. In fondo, non c’è niente di più romantico di essere una piccola Momo nell’era degli uomini grigi.
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