Al Festival di Venezia si passa dalla Spagna di Pedro Almodóvar e il suo Madres Paralelas all’Argentina di Gastón Duprat e Mariano Cohn. I due registi, legati da una storica collaborazione vincente, rendono spesso il loro Paese protagonista sul grande schermo, come dimostra il brillante caso de Il Cittadino Illustre (2016), disponibile su Prime Video. Tuttavia, per Venezia 78 scelgono una Madrid senza spazio e tempo. Perché Finale a sorpresa, pellicola in concorso per il Leone D’Oro, abbraccia una satirica riflessione meta cinematografica all’interno di spazi chiusi, teatrali, dove l’appagamento estatico evolve in un omaggio all’arte.
Proprio questa è la protagonista indiscussa delle loro pellicole, sempre incanalata in una dimensione di ipocrisia dove il successo si scontra con l’espressione indipendente. Ecco dunque che la loro ultima opera radicalizza tale scontro in due personalità attoriali sorprendenti. Da un lato Antonio Banderas, che riceve un caloroso applauso in sala già a metà proiezione e dall’altro Oscar Martinez, attore feticcio della coppia registica che, con il suo naturale disincanto ironico, conquista lo schermo. In mezzo la raggiante Penelope Cruz, nei panni di una regista non convenzionale, scrigno di tutti i vizi e le virtù dell’arte contemporanea.
Non credo nell’arte come spettacolo
Nel mondo dell’arte, così come in una qualunque forma ordinaria di vita quotidiana, il presente è in continua trasformazione. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Perfetta ricetta di Lavoisier per raccontare l’arte e la vita come vittime e carnefici delle loro più contradditorie sfumature. Così, in questo teatro espressivo, Finale a sorpresa sceglie di raccontare una storia generale partendo da quella particolare di Humberto (José Luis Gómez García). Un anziano multimilionario che, in occasione del suo 80esimo compleanno, decide di produrre un film, trasposizione di un romanzo premiato con il Nobel.
Lo affida alla sapiente regia di Lola (Penelope Cruz), che accoglie in squadra due attori ideologicamente opposti. Da un lato Félix Rivero, il Banderas che non ci stanchiamo mai di guardare, belloccio, donnaiolo e schiavo del successo. Rappresenta l’attore popolare, che il pubblico idolatra come un dio, al contrario del suo collega Iván Torres, interpretato da Martinez, saggio attore indipendente che si crogiola nel suo anticonformismo e rifiuta l’arte come spettacolo. Tuttavia, come gli ricorda Felix in una frase del film: “Anche tu sei schiavo dei soldi, solo di una quantità inferiore”. Tra i due esplode così una pirotecnica battaglia attoriale, lungo i retroscena della creazione di un film che sposerà l’epilogo più inaspettato.
Tutta l’arte è stata contemporanea
All Art Has Been Contemporary si intitola un’opera di Maurizio Nannucci. Ogni artista, dunque, è figlio di un’epoca storica e deve confrontarsi con gli artisti del suo presente e le evoluzioni plurime che li caratterizzano. E in una contemporaneità così fertile di suggestioni, sembra che tutto possa essere in potenza un’opera d’arte. Anche la satira sull’arte, redatta brillantemente dalle menti di Duprat e Cohn che, non solo scrivono una sceneggiatura accattivante, comica e riflessiva, ma abbracciano anche uno stile registico di profonda immersione estetica. Le loro inquadrature fisse catturano la scena, lasciandovi liberi gli attori in una performance giocosa e ammaliante.
Oltre a un divertimento interpretativo che coinvolge lo spettatore, l’occhio cade anche su peculiari dediche all’arte contemporanea. Ecco dunque che affiora un rimando alla celebre performance di Marina Abramović e Ulay al MoMA di New York, in cui i due artisti si sedettero l’uno di fronte all’altro intramezzati da un tavolo, costruendo un dialogo silenzioso. Questo viene reinterpretato in Finale a sorpresa in un’esilarante confronto tra Banderas e Martinez. Per non parlare poi dell’opera Il Castello dei Pirenei di Magritte, che ritorna in un’evocazione con protagonista il celebre sasso sospeso nel cielo.
Finale a sorpresa: il carisma di un film vincente
Il pubblico rimane quindi costantemente appagato dal modo in cui Duprat e Cohn raccontano l’arte, in maniera giocosa, intrigante e senza mai prendersi sul serio. La loro satira tocca gli attori, i registi, il successo e il compromesso, con un’acuta sottigliezza che dimostra, ad oggi, come siano i migliori narratori filmici in questo campo. Con i tre attori protagonisti nel ruolo di produttori esecutivi, Finale a sorpresa testimonia un progetto fortemente sentito dal suo team e in cui tutti si sono divertiti, trasmettendo spontaneità e immediatezza lungo il filo rosso della competizione e delle sue più imprevedibili conseguenze. Guardare per credere.
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