Durante la già così tanto discussa notte degli Oscar 2022 altri commenti creano polemiche, commenti come quelli di Amy Schumer e altri presentatori sul cinema d’animazione. In occidente il mezzo è considerato solo per un pubblico più piccolo ma intanto Flee, diretto da Jonas Poher Rasmussen, è il primo film della storia candidato per Miglior film d’animazione, Miglior documentario e Miglior film internazionale.
Cosa racconta Flee
Flee racconta la storia di Amin, originario dell’Afghanistan. Dopo dieci anni passati in Danimarca l’uomo decide di raccontare la sua odissea da rifugiato. Il film esce nel 2021 e diventa un caso cinematografico; la scelta intelligente dell’animazione ci porta dentro i ricordi sfocati di Amin e la storia, non meno importante, racconta l’esperienza di milioni di persone che noi non tocchiamo e non viviamo nelle nostre case centenarie.
Animazione e materiale di repertorio
Flee racconta la storia di un rifugiato, una storia universale e particolare che si lega al risveglio sessuale di Amin e alla sua vita contemporanea con il suo compagno Kasper. Ci riportano alla realtà le immagini di repertorio di una Kabul diversa da quella del nostro immaginario, vicina ad una città occidentale in un Afghanistan che non esiste più.
L’animazione permette ad Amin di non esporsi troppo, di raccontare piano la sua traumatica storia che lo ha reso senza famiglia, una famiglia sparpagliata per l’Europa perché tutti rifugiati. Dalle vicissitudini familiari si passa continuamente alla ricerca d’identità del giovane rifugiato. Nella sua gioventù il protagonista vive con vergogna la sua omosessualità sentendo la pressione di venire da un paese in cui esserlo non era accettabile. Preso atto della propria sessualità l’uomo rimane ancora segnato dal suo passato mai raccontato.
Senza radici
Cosa significa la parola casa per te?
Un luogo sicuro, che si trova da qualche parte dove puoi rimanere e non devi lasciarlo. Non è un luogo temporaneo
Flee, Anno 2021
Flee si apre così; il voice-over di Amin è accompagnato da immagini stilizzate di corpi che corrono e scappano dalle loro case. Diverse volte nel film si fa riferimento alla casa, quella perduta quando si è senza radici e quella ritrovata quando si è ormai inadatti a metterne. Il concetto di “Casa” si trascina un immaginario legato alla famiglia, al calore e all’appartenenza che viene tolto ai fratelli Nawabi in tenera età e che per Amin è difficile ritrovare, anche quando ha una carriera solida e un compagno che lo ama.
La casa per Amin non è mai esistita, la sua famiglia si ritrova in Russia vessata dalla polizia e obbligata a nascondersi. Dopo aver lasciato Kabul tutti si appigliano ad un concetto di “Casa” che non esiste più, siccome la famiglia non si riunirà mai sotto lo stesso tetto e infine il protagonista si ritrova in Danimarca come rifugiato e dopo anni combatte ancora col suo passato. Ci si chiede se Amin riuscirà ad andare a vivere con Kasper per mettere delle radici effettive, ma questa diventa una cosa difficile quando la propria casa non è mai esistita e le proprie origini sono state spazzate via.
Flee non si dimentica
Flee è un altro esempio, similmente a film come Waltz with Bashir o il meno conosciuto Chriss the Swiss, di come documentario e animazione siano un connubio vincente per trovare la realtà e per entrare nel mondo e nelle emozioni dei testimoni. Ancora oggi l’animazione è considerata un mezzo limitato, ma casi come questi fanno notare quanto essa possa rendere reale e allo stesso tempo privata un’esperienza come quella di Amin e della sua famiglia.
Un’esperienza taciuta, ma che così trova il modo giusto di essere raccontata. Ciò che è raccontato in Flee segna e non si dimentica, ci si chiede quante ferite siano state tralasciate e ci insegna a guardare fuori e a immaginare come sarebbe non avere più un luogo di appartenenza, la propria famiglia vicino e una casa dove tornare.
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