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Luisa Ranieri nei panni di Alda Merini per Folle d'amore

TFF 23, Folle d’amore è il ritratto di Alda Merini

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4 minuti di lettura

Folle d’amore di Roberto Faenza è un ritratto di Alda Merini, una delle più grandi poetesse della letteratura italiana. Presentato fuori concorso alla 41esima edizione del Torino Film Festival, Folle d’amore contiene una preziosa interpretazione di Luisa Ranieri (vincitrice del premio Fondazione CTR) nei panni della poetessa milanese. Ma nonostante l’eccellente prova attoriale dell’attrice di È stata la mano di Dio, c’è qualcosa che manca.

Folle d’amore, racconto di una vita votata alla poesia

Alda Merini e Michele Pierri in una scena di Folle d'amore

Folle d’amore parte da una Merini, ormai anziana, che cerca di vendere le sue poesie. Ad acquistarle c’è un giovane Arnoldo Mosca Mondadori, interpretato da Federico Cesari. Attraverso l’amicizia tra Merini e Mondadori, viene ricostruita la vita della grande poetessa, con tutti i suoi versi e le sue vicissitudini. Vediamo la giovane Merini (interpretata da Rosa Diletta Rossi), già animata da un intenso fuoco interiore, scontrarsi con la famiglia e la società per seguire la sua vocazione di poeta, per vivere dei suoi versi. E ci riesce, arrivando a far parte dei più importanti circoli intellettuali dell’epoca. Vediamo i suoi amori accendersi ed esaurirsi come piccole fiamme: da Giorgio Manganelli fino a Ettore Carniti, che diventerà suo marito.

La vediamo in conflitto con il ruolo di casalinga e di madre, sempre intenta a comporre le sue opere d’arte in versi: assistiamo anche al suo internamento per mano del marito e il lungo periodo in manicomio, da cui entra ed esce per diversi anni. Veniamo portati dentro la struttura dove trascorre una parte della sua vita fino al 1972: “si va in manicomio per non imparare a morire”, dice Merini.

Ma anche dopo quel periodo drammatico, dove Merini è costretta a subire le torture peggiori, la vediamo rinascere attraverso la poesia: uscita dal manicomio riprende a scrivere poesie, si risposa con il poeta Michele Pierri e si trasferisce a Taranto. Ma la felicità non è destinata a durare a lungo: in seguito alla malattia di Pierri, Merini ritorna a Milano, nella sua città. L’unica costante rimane la sua passione, il suo ostinato vivere con pienezza e amare “fino alla follia”. E il suo desiderio di comunicare il suo dolore, ma anche l’inestinguibilità della sua allegria, attraverso il linguaggio che più le viene naturale: la poesia.

Folle d’amore, ritratto (troppo) semplice di una vita complessa

Folle d'amore

Folle d’amore ci mostra la vita della poetessa, ma non riesce a comunicarci fino a fondo la sua essenza: cade nel tranello tipico del genere biografico di risultare eccessivamente didattico e spesso finisce per assumere le sembianze di un capitolo di un’antologia letteraria classica, fitto di date, nozioni, citazioni importanti e fatti conosciuti. Quel che sembra mancare è una rielaborazione del personaggio di Merini in chiave cinematografica, una resa più dinamica del suo spirito indomito, una restituzione viva e carnale delle sue parole.

Il misticismo, la sensualità e l’impetuosità vitalistica e sofferta delle poesie di Merini sono filtrate da un’impostazione fin troppo tradizionale e lineare, che mira a spiegare e a mostrare in modo troppo esplicito: non viene lasciato nessuno spazio vuoto, nessuna zona d’ombra dove poter coltivare quel sacro mistero che informa la materia poetica.

Folle d’amore ha sicuramente dei momenti di forte impatto emotivo, ma non sembra mai disposto a scavare più in profondità, a rievocare il perturbante: rimane sempre in superficie, peccando a tratti di una narrazione che tende a una semplificazione eccessiva.


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