Mi chiamo Francesco Totti è un documentario realizzato da Alex Infascelli, che racconta la vita dentro e fuori dal campo del calciatore giallorosso. Disponibile in streaming su Amazon Prime Video, la pellicola cerca di raccontare tutta la genuinità di un uomo che del calcio ha fatto la sua vita, e che grazie a questo si è preso Roma per venticinque anni.
«Forse dispiace che un giocatore importante stia a Roma e non altrove. Il potere del calcio non è un’esclusiva del Nord, ma la musica è sempre la stessa: noi romani siamo viziati, pigri, prepotenti. La pensino come vogliono, io sono nato romano e romanista. E così morirò»
Francesco Totti
«Mi chiamo Francesco Totti», la vita come trama
La storia inizia con Francesco Totti in uno stadio Olimpico deserto e avvolto dalla notte, pronto a raccontare le magie di un ragazzo che ora è diventato uomo, ma che ha bisogno di un confronto con il passato per poter affrontare la sua ultima partita.
A raccontare è lo stesso Totti, voce narrante per tutta la durata del documentario, mentre la maggior parte delle riprese, soprattutto quelle della gioventù, sono del fratello Riccardo. Si ripercorre l’infanzia del ragazzo, dall’oratorio all’esordio con la Roma, dall’incontro con Ilary Blasi al mondiale del 2006, mantenendo caldo il tema del destino. Francesco lo ripete molto durante il documentario, quasi a limitare l’auto celebrazione per salvaguardare la riservatezza che l’ha sempre contraddistinto.
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Si arriva ben presto all’ultima partita, quel Roma-Genoa del 28 maggio 2017. Le emozioni, anche per chi non ha mai avuto interesse per il calcio, dilagano. Francesco fatica ad uscire dal tunnel che lo porterà all’ultimo saluto, perché sa che lo aspetta un popolo che è stato nelle sue mani per venticinque anni, e che piangendo cercherà di andare avanti senza di lui.
Un uomo semplice
Totti è puro, lo si percepisce dalla sua narrazione, non ostenta ne cerca approvazione, parla della sua vita come se fosse un discorso da Bar Sport. È semplicemente felice di raccontare se stesso, dopo un vita passata nella timidezza.
Le sue parole vertono molto sul tema della tifoseria, molto caldo all’interno del film. Sono gli anni bui della lotta fra curve e celerini, le invasioni di campo e i feriti sono quasi all’ordine del giorno, e vengono ben raccontate durante gli anni alla Roma. La capitale è una città nella quale il tifo è sempre stato molto passionale, ma in quel periodo tocca il suo apice persino contro lo stesso Totti a volte, che è quasi tentato di lasciare per esplorare nuove piazze.
La pellicola è ben gestita e grazie alle riprese del fratello permette di cominciare il racconto con immagini inedite, sin dai primi calci di Francesco. Manca però tutto il resto.
La storia in Mi chiamo Francesco Totti è volutamente narrata dal protagonista, ma è evidente l’assenza di un copione. Questo premia sicuramente la genuinità, ma a lungo andare la struttura risulta lenta e senza un filo logico per quanto si racconti di vita vissuta.
La spontaneità di Totti è da sempre apprezzata da tutti, ma forse andava lasciata in campo senza costringerlo ad un ruolo nel quale fatica ad esprimersi al meglio. A tratti si sente l’assenza di momenti davvero significativi, per quanto in realtà siano presenti sembrano essere elencati come dei semplici fatti, c’è molto corpo ma poca anima.
Una storia senza fine
In Mi chiamo Francesco Totti non sono presenti interviste a nessun familiare, amico o esponente del mondo calcistico, questo rende impossibile la visione più ampia, perché Francesco Totti non è stato solo un eccezionale calciatore, ma è stato un esempio per milioni di persone e sarebbe stato bello dare voce anche a loro.
Che cosa rimane di questo film? Questa storia risulta ben raccontata da un certo punto di vista, non manca niente della vita di questo campione. Ma forse strizza un po’ troppo l’occhio a chi ama il calcio e non coinvolge chi era curioso di saperne di più dell’uomo, e un po’ meno del calciatore.
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