Disney+ sceglie l’horror per questa primavera, mettendo la firma sull’esordio alla regia di Mimi Cave. Si intitola Fresh la commedia nera che la giovane regista statunitense ha presentato al Sundance Film Festival nel gennaio 2022. Ora, dal 15 aprile, la pellicola è disponibile in streaming, impacchettata da una produzione di tutto rispetto, che vede la coppia affiatata Adam McKay e Kevin J. Messick (candidati agli Oscar per Don’t Look Up e Vice – L’uomo nell’ombra) accanto a Maeve Cullinane.
Come protagonisti due volti giovani e promettenti: Sebastian Stan, fresco del recente figlio rock di Disney+, Pam & Tommy, e Daisy Edgar-Jones, al suo secondo lungometraggio dopo aver ricevuto, nel 2021, la candidatura ai Golden Globe per migliore attrice in Normal People (disponibile su Prime Video). In Fresh i due attori vestono i panni della Bella e la Bestia in una storia romantica in salsa di black humor con un fondo imbevuto di critica sociale contro l’oggettificazione del corpo femminile.
Non un’altra storia d’amore, insomma, ma la ricetta per un manicaretto dal retrogusto amaro, pronto a saziare gli stomaci più forti con un’invitante panatura di canzoni che, dagli anni ’80 di American Psycho arrivano al chill contemporaneo di Dev Hynes (autore della colonna sonora di We Are Who We Are). Prendete quindi posto all’insolita tavola di Mimi Cave, per un pasto che non dimenticherete facilmente.
La ricetta perfetta per l’appuntamento imperfetto
Se l’amore si trovasse dietro uno dei match di un’app di incontri, Noa sicuramente non lo saprebbe. I suoi appuntamenti si incasellano in una collezione di storie imperfette destinate a un esito infelice. Tuttavia tutto sembra cambiare nel reparto frutta di un supermercato, dove Noa incontra Steve, affascinante sconosciuto che le chiede il numero. Da lì il primo appuntamento, soffuso in un imbarazzo che viene spazzato via dalla parlantina alcolica e da una notte di fuoco.
I due si trovano, lui una creatura inesistente sui social, lei talmente avvezza allo smartphone da aver bisogno di un detox. Perché quindi non lanciarsi in un weekend romantico in uno chalet immerso nella natura? Peccato che la destinazione sia un’altra per l’incantata Noa, che scopre due canini da cannibale dietro il sorriso del suo amante. Steve non rivela solo un particolare appetito per la carne umana, ma è anche un uomo d’affari che smercia pezzi di carne di giovani donne sul mercato nero, a richiesta di ricchi e loschi clienti.
Ed è proprio nel momento in cui Noa scopre la verità su Steve che inizia Fresh, con l’apparizione dei titoli di testa a poco più di mezzora dall’inizio del film, avvolti da caratteri distorti e allucinati su un tappeto di colori dal sapore vintage.
Fresh, l’amore distorto dal possesso
Noa non è l’unica vittima della perversione di Steve, detentore di un altarino di fotografie e oggetti personali di ragazze da lui sedotte e drogate. Sono loro l’oggetto di un commercio sotterraneo che preferisce le donne perché più gustose e le rende carne da macello e souvenir da collezione per un’egemonia di affamati avventori maschili. La fame carnivora e cannibale diventa quindi simbolo di possesso, di controllo, di imposizione di potere su un corpo inerme.
Un triste sipario che si riallaccia all’amara verità di Una Donna Promettente (premio Oscar per la miglior sceneggiatura a Emerald Fennell) e che enfatizza la violenza di un atto di appropriazione non consensuale. Ecco quindi che in Fresh, Mimi Cave crea un parallelismo visivo e simbolico tra il consumo di cibo, sottolineato dai primi piani sulle bocche che masticano avidamente, e la violenza che si irradia da uno sguardo folle nel suo disincanto Patrick Bateman.
Il gioco è così sadico non solo a livello corporeo, con un richiamo non scritto alla tortura esasperata dal cult Hostel, ma anche a livello psicologico, con il coltello infilato nella piaga della ricerca di un amore unico e speciale. Quello che la Disney ha inculcato nella mentalità vergine delle giovani donne con le sue storie principesche e su cui Noa e la migliore amica Mollie (Jonica T. Gibbs) ironizzano, con l’acre consapevolezza di una realtà dove le donne vivono di diffidenza e paura.
Il cannibalismo pop di Mimi Cave segue una tendenza condivisa
Non è la prima volta che vediamo il cannibalismo proiettato sul piccolo schermo (lo dimostra, in maniera allusiva, il primitivismo di Yellowjackets), tuttavia in Fresh si depriva della sua componente survival o rituale per assumere i connotati di quello definito come cannibalismo profano. Trattasi quindi di una perversione sedimentata in un disturbo emotivo che fonde il desiderio e l’eccitazione in una forma deviata di possesso.
In Fresh, però, l’inquietudine del reale si addensa nell’atmosfera pop che attraversa tutto il film, sulla linea del registro stilistico di Ryan Murphy e Brad Falchuk. La combinazione dinamitarda di commedia e horror raggiunge il giusto equilibro ironico, dettando spunti di riflessione e lasciandosi alle spalle qualche elemento di verosimiglianza. Ecco dunque che Mimi Cave sceglie di non appellarsi al canonico detective che indaga sulla scomparsa delle donne, così come è difficile pensare che la carne di ragazze rapite e spaventate sia una prelibatezza per i clienti.
Il film riesce però a catturare un’essenza estetica che funziona bene nella contemporaneità. Basti pensare a uno dei figli di Venezia 78, Ultima Notte A Soho di Edgar Wright o al locale Non Mi Uccidere di Andrea De Sica, che puntano su precise scelte cromatiche e musicali per affascinare attraverso il macabro.
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