Entri in sala con il timore della delusione. Capita spesso nei sequel: pallide e stentate imitazioni del primo episodio campione di incassi. Invece no, Frozen II – Il segreto di Arendelle, capitolo secondo della storia delle sorelle principesse Elsa e Anna, ce la fa. Riesce a scaldarti l’animo, nonostante un inizio in punta di piedi.
In viaggio verso la conoscenza
La vicenda si sviluppa a partire da un flashback: i genitori di Elsa e Anna raccontano alle bimbe la storia della foresta incantata dove, diversi anni prima, succede qualcosa di irreparabile. Il padre, Agnarr, e il nonno, Re Runeard, fanno visita alla popolazione Northuldra. In men che non si dica dall’incontro amichevole si passa alle armi. Lo spargimento di sangue divide i due mondi: offese, le energie magiche della foresta si trincerano dietro a una porta di nebbia che non fa entrare o uscire anima viva.
Chiusa la finestra del ricordo si ritorna al presente, a corte e nella cittadella, tra canzoni (che un po’ si sprecano) e spensieratezza. Ma la pace è destinata a non durare. Di notte una strana eco, una voce lontana inquieta Elsa e la spinge a seguirla. Per capire il passato, e di conseguenza il presente, bisogna partire. Con Elsa si mettono in cammino Anna, Kristoff (l’amore di Anna), Olaf (il pupazzo di neve), Sven (la renna): un viaggio che fa ridere, intenerire, emozionare, riflettere anche attraverso rimandi e citazioni.
I quattro (anzi cinque) elementi
Tra le altre cose il film fa riferimento alle tradizioni nordiche, alla mitologia e alla più recente e presunta teoria della memoria dell’acqua. Primo incontro nella foresta è con i quattro elementi (solo verso la fine si scoprirà il quinto) simboleggiati da pietre runiche, come quelle costruite al tempo dei Vichinghi, e incarnati da spiriti dispettosi: Nokk (acqua), Bruni (la salamandra oggetto nei secoli di credenze che la pensavano in grado di sopravvivere al fuoco), Zefiro (il vento) e i Giganti di pietra (terra). Oltre il banco di nebbia c’è tanta magia e i poteri di Elsa si amplificano. Nella ricerca della verità l’eroina rintraccia la memoria del ghiaccio che le mostra il suo passato, quel che realmente è accaduto, con un costo altissimo. Ma come sempre il legame tra sorelle è più forte di ogni avversità.
«Frozen II», tra mondi divisi e uniti
Rimuovendo la coltre di incomprensione, la crepa si rimargina; Elsa trova il suo posto nel mondo e impara ad amare se stessa, e due popoli, quello del regno e quello della foresta, la natura e la civiltà, tornano a dialogare e a rispettarsi. Con coraggio e determinazione si individua e ripara il torto e, finalmente, si ricomincia, creando un vero ponte dopo lo smantellamento di quello fasullo.
Scene dai colori stupendi, che sembrano quadri
A incantare in Frozen II sono le scene: veri e propri quadri. Negli umidi fiordi pitturati d’autunno si vola insieme al vento, si naviga sull’acqua viva schivando giganti di pietra, e si respira la natura arancione e rossa intrisa di magia. È un crescendo di bellezza e pathos sublimato nella battaglia di Elsa tra le onde. Nel raggiungere la destinazione finale, la terra ghiacciata di Ahtohallan oltre la Foresta Incantata, l’eroina attraverso il Mare Oscuro e sprigiona tutta la sua potenza, dominando lo spirito imbizzarrito delle acque.
Queste immagini sono accompgnate dalle musiche al meglio rappresentate dal vibrante Dentro l’ignoto (Into the Unknow) e da Mostrati (Show Yourself) che provano ad eguagliare la potenza di Let It Go del primo Frozen.
Si conferma la bravura delle doppiatrici (Serena Autieri per Elsa e Serena Rossi per Anna) che, anche in questo caso, mettono a dura prova le corde vocali; un po’ meno quella degli interpreti di Olaf e Kristoff. Del resto l’innamorato imbranato che sta cercando le parole per dichiararsi e il buffo pupazzo di neve che vuole diventare erudito non possono far altro che strappare un sorriso
L’eroina emancipata
È il bello del cinema d’animazione, soprattutto di quello Disney: la grande caratterizzazione dei personaggi capaci anche di evolvere. Elsa, motore dell’azione che però morirebbe senza Anna, in Frozen II finalmente si realizza e accetta. Dà un senso alla sua magia, considerata nel primo capitolo un handicap, perché ne comprende il senso profondo e l’origine. Il suo personaggio si autodetermina, è artefice del proprio destino, differentemente da quanto accadeva in passato. Pensiamo anche solo alla Bella Addormentata nel bosco o a Biancaneve: pur piene di doti e valori, dovevano affidarsi ad aiuti esterni come il bacio del principe per guarire.
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Dalla passività ai primi timidi accenni di ribellione – la Sirenetta ne è un esempio – che si accentuano col passare delle storie, si giunge a personalità più moderne, a principesse che decidono di amare poveracci (Aladdin) o a ragazze che non si sottomettono al volere della famiglia (Mulan che ben presto uscirà in live-action). Elsa incarna la contemporaneità evoluta, la diversità che si prende una rivincita. Già il primo Frozen si concludeva con la svolta, ma è nel secondo capitolo che tutto si enfatizza e trova un senso.
Di sicuro Frozen II è uno dei sequel Disney più riusciti. Lo capisci perché uscendo dal cinema non pensi alle differenze col primo, ma a quanti sentimenti hai provato in un centinaio di minuti. Ad apprezzarlo, per di più, non sono solo i bambini.
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