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Frozen II, uno dei sequel Disney più riusciti

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7 minuti di lettura

Entri in sala con il timore della delusione. Capita spesso nei sequel: pallide e stentate imitazioni del primo episodio campione di incassi. Invece no, Frozen II – Il segreto di Arendelle, capitolo secondo della storia delle sorelle principesse Elsa e Anna, ce la fa. Riesce a scaldarti l’animo, nonostante un inizio in punta di piedi.

In viaggio verso la conoscenza

Frozen II

La vicenda si sviluppa a partire da un flashback: i genitori di Elsa e Anna raccontano alle bimbe la storia della foresta incantata dove, diversi anni prima, succede qualcosa di irreparabile. Il padre, Agnarr, e il nonno, Re Runeard, fanno visita alla popolazione Northuldra. In men che non si dica dall’incontro amichevole si passa alle armi. Lo spargimento di sangue divide i due mondi: offese, le energie magiche della foresta si trincerano dietro a una porta di nebbia che non fa entrare o uscire anima viva.

Chiusa la finestra del ricordo si ritorna al presente, a corte e nella cittadella, tra canzoni (che un po’ si sprecano) e spensieratezza. Ma la pace è destinata a non durare. Di notte una strana eco, una voce lontana inquieta Elsa e la spinge a seguirla. Per capire il passato, e di conseguenza il presente, bisogna partire. Con Elsa si mettono in cammino Anna, Kristoff (l’amore di Anna), Olaf (il pupazzo di neve), Sven (la renna): un viaggio che fa ridere, intenerire, emozionare, riflettere anche attraverso rimandi e citazioni.

I quattro (anzi cinque) elementi

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Tra le altre cose il film fa riferimento alle tradizioni nordiche, alla mitologia e alla più recente e presunta teoria della memoria dell’acqua. Primo incontro nella foresta è con i quattro elementi (solo verso la fine si scoprirà il quinto) simboleggiati da pietre runiche, come quelle costruite al tempo dei Vichinghi, e incarnati da spiriti dispettosi: Nokk (acqua), Bruni (la salamandra oggetto nei secoli di credenze che la pensavano in grado di sopravvivere al fuoco), Zefiro (il vento) e i Giganti di pietra (terra). Oltre il banco di nebbia c’è tanta magia e i poteri di Elsa si amplificano. Nella ricerca della verità l’eroina rintraccia la memoria del ghiaccio che le mostra il suo passato, quel che realmente è accaduto, con un costo altissimo. Ma come sempre il legame tra sorelle è più forte di ogni avversità.

«Frozen II», tra mondi divisi e uniti

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Rimuovendo la coltre di incomprensione, la crepa si rimargina; Elsa trova il suo posto nel mondo e impara ad amare se stessa, e due popoli, quello del regno e quello della foresta, la natura e la civiltà, tornano a dialogare e a rispettarsi. Con coraggio e determinazione si individua e ripara il torto e, finalmente, si ricomincia, creando un vero ponte dopo lo smantellamento di quello fasullo.

Scene dai colori stupendi, che sembrano quadri

Frozen II

A incantare in Frozen II sono le scene: veri e propri quadri. Negli umidi fiordi pitturati d’autunno si vola insieme al vento, si naviga sull’acqua viva schivando giganti di pietra, e si respira la natura arancione e rossa intrisa di magia. È un crescendo di bellezza e pathos sublimato nella battaglia di Elsa tra le onde. Nel raggiungere la destinazione finale, la terra ghiacciata di Ahtohallan oltre la Foresta Incantata, l’eroina attraverso il Mare Oscuro e sprigiona tutta la sua potenza, dominando lo spirito imbizzarrito delle acque.

Queste immagini sono accompgnate dalle musiche al meglio rappresentate dal vibrante Dentro l’ignoto (Into the Unknow) e da Mostrati (Show Yourself) che provano ad eguagliare la potenza di Let It Go del primo Frozen.

Si conferma la bravura delle doppiatrici (Serena Autieri per Elsa e Serena Rossi per Anna) che, anche in questo caso, mettono a dura prova le corde vocali; un po’ meno quella degli interpreti di Olaf e Kristoff. Del resto l’innamorato imbranato che sta cercando le parole per dichiararsi e il buffo pupazzo di neve che vuole diventare erudito non possono far altro che strappare un sorriso

L’eroina emancipata

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È il bello del cinema d’animazione, soprattutto di quello Disney: la grande caratterizzazione dei personaggi capaci anche di evolvere. Elsa, motore dell’azione che però morirebbe senza Anna, in Frozen II finalmente si realizza e accetta. Dà un senso alla sua magia, considerata nel primo capitolo un handicap, perché ne comprende il senso profondo e l’origine. Il suo personaggio si autodetermina, è artefice del proprio destino, differentemente da quanto accadeva in passato. Pensiamo anche solo alla Bella Addormentata nel bosco o a Biancaneve: pur piene di doti e valori, dovevano affidarsi ad aiuti esterni come il bacio del principe per guarire.

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Dalla passività ai primi timidi accenni di ribellione – la Sirenetta ne è un esempio – che si accentuano col passare delle storie, si giunge a personalità più moderne, a principesse che decidono di amare poveracci (Aladdin) o a ragazze che non si sottomettono al volere della famiglia (Mulan che ben presto uscirà in live-action). Elsa incarna la contemporaneità evoluta, la diversità che si prende una rivincita. Già il primo Frozen si concludeva con la svolta, ma è nel secondo capitolo che tutto si enfatizza e trova un senso.

Di sicuro Frozen II è uno dei sequel Disney più riusciti. Lo capisci perché uscendo dal cinema non pensi alle differenze col primo, ma a quanti sentimenti hai provato in un centinaio di minuti.  Ad apprezzarlo, per di più, non sono solo i bambini. 


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Mi affascina la parola scritta. L’ho sfruttata tanto per alleggerire testa e cuore. Da grande avrei voluto intraprendere la carriera artistica, ma odorava di disoccupazione così ho scelto Comunicazione mediale. Risultato? Da freelance (qualcuno direbbe precaria) collaboro con un quotidiano, sempre in cerca di nuove pagine da riempire.